Le nuove tensioni nel Mar Rosso, dopo gli attacchi ai cargo da parte degli Houthi yemeniti e la decisione di diverse compagnie di sospendere il passaggio delle proprie navi attraverso il Canale di Suez, preoccupano per le ripercussioni sui commerci mondiali e soprattutto, se la si guarda dal punto di vista italiano, per quelle sui porti del Paese. Preoccupazioni che non sono state nascoste dal ministro degli esteri, Antonio Tajani, che nella conferenza stampa per illustrare le priorità della presidenza italiana del G7 ha così giustificato le trattative a livello europeo per la creazione di una missione di protezione delle imbarcazioni in quel tratto di mare. “La riduzione del traffico marittimo ci preoccupa – ha detto – Ne va della competitività dei nostri porti”.

In particolare, si teme per le ripercussioni sugli scali nazionali che rischiano di perdere la propria centralità come tutto il Mediterraneo orientale. Si tratta, ha aggiunto il ministro, di un “problema economico non secondario perché siamo passati da 400 navi al giorno a 250. Sono aumentati e non di poco i costi assicurativi e si allungano i tempi di percorrenza perché fare il periplo dell’Africa significa perdere 15 giorni. Ne va della competitività dei nostri porti, Gioia Tauro, Brindisi, Trieste, Genova. Ne abbiamo parlato in Consiglio dei ministri, con il ministro della Difesa Crosetto abbiamo fatto lo stato dell’arte e abbiamo illustrato le nostre preoccupazioni”.

È per questo che la missione navale di pattugliamento, che, specifica, “sarà difensiva e non offensiva“, è sempre più urgente per la Farnesina. In quel tratto di mare, in realtà, già due fregate italiane, la Martinengo e la Fasan, che si coordinano con gli spedizionieri per garantire un passaggio sicuro attraverso quelle acque. Ma una missione navale europea non solo garantirebbe una capacità di risposta rapida più efficace in caso di insidie, ma rappresenterebbe un passo nella direzione di un più concreto coordinamento militare a livello europeo auspicato da numerosi governi. È anche per questo che Tajani si dice “ottimista” sulle possibilità di un accordo lunedì a Bruxelles sulla proposta presentata con Francia e Germania. In quell’occasione, dopo l’intesa di massima tra raggiunta gli sherpa, si arriverà probabilmente all’intesa in sede di Consiglio Affari Esteri, con la ‘bollinatura’ finale prevista per il prossimo 18 febbraio.

La missione si aggiungerebbe a quella già presente e denominata Atalanta che, però, aveva come obiettivo quello di impedire gli attacchi dei pirati somali ai cargo. “L’ipotesi – spiega Tajani – è di allargare quella attiva a Hormuz (la missione Agenor) per proteggere i traffici commerciali. Le navi nel Mar Rosso non hanno regole d’ingaggio per attaccare ma hanno il diritto di difendere e proteggere, anche con l’uso delle armi, le navi mercantili ove mai fossero attaccate”. E ha specificato di essere pronto “ad andare in Parlamento per illustrare le nostre azioni sul Mar Rosso”.

L’azione del governo, però, non può limitarsi all’ambito militare, dato che la nuova escalation nel Mar Rosso è legata alla crisi regionale riesplosa con il conflitto a Gaza. Per questo, conclude il ministro, è in programma una missione in Israele, Palestina e Libano: “Serve un’azione non solo militare ma anche diplomatica a tutela delle nostre esportazioni – ha concluso Tajani – Nei prossimi giorni sarò in missione in Libano, Israele e Palestina per portate un altro messaggio di pace e di dialogo”.

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