Il bavaglio Cartabia provoca i primi effetti. L’ispettorato generale del ministero della Giustizia ha attivato il monitoraggio su 13 Procure per quanto riguarda le loro modalità di comunicazione sui procedimenti penali in corso. A renderlo noto, nell’Aula della Camera, è stato il sottosegretario alla Giustizia, Andrea Delmastro Delle Vedove, rispondendo ad un’interrogazione del deputato di Azione Enrico Costa. Tradotto vuol dire che via Arenula sta indagando su 13 uffici inquirenti per una possibile violazione del decreto sulla presunzione d’innocenza varato dal governo di Mario Draghi e dall’allora guardasigilli Marta Cartabia, proprio su input dello stesso Costa.

Le procure “sotto inchiesta” – In pratica, in attesa di mettere un bavaglio all’informazione, si è vietato a pm e investigatori di parlare coi giornalisti: lo può fare solo il procuratore capo e solo con comunicati ufficiali. Che devono seguire astrusi paletti lessicali. E non sempre il risultato è gradito a Costa, che infatti inonda ciclicamente il ministero della Giustizia d’interrogazioni per segnalare presunte violazioni da parte dei magistrati. “ll monitoraggio è già iniziato. Sono state iniziate alcune azioni disciplinari. Tre su esercizio della procura generale della Cassazione e una dell’Ispettorato e si stanno predisponendo correttivi alla legge”, aveva detto il guardasigilli Carlo Nordio nel settembre scorso, rispondendo sempre a Costa. Oggi è arrivato Delmastro ha spiegare che il monitoraggio si è allargato a 13 uffici inquirenti: si tratta delle Procure di Avellino, Brescia, Cagliari, Ferrara, Catanzaro, Frosinone, Livorno, Rimini, Rovigo, Tempio Pausania, Vercelli, Latina, Torino. Fonti del ministero hanno poi fatto sapere che si tratta di controlli ordinati in ordine cronologico e non per selezione.

L’interrogazione di Costa – Nella sua ultima interrogazione Costa denunciava “innumerevoli violazioni delle disposizioni” del bavaglio Cartabia, puntando il dito sulla procura di Milano, rea di aver ribattezzato un’indagine su una maxi truffa allo Stato con l’appellativo “Beagle Boys” cioè Banda Bassotti. Nel decreto Cartabia, però, dare nomi in codice alle indagini è vietato. “Banda Bassotti non credo rientri nel diritto di cronaca, ma scivoliamo sulla spettacolarizzazione”, ha detto Delmastro, rispondendo in aula all’interrogazione di Costa. Il sottosegretario ha confermato come il Governo intenda “garantire la presunzione d’innocenza, evitare la spettacolarizzazione mediatica, che tanto male ha fatto alla stessa percezione che i cittadini hanno della giustizia” e ha parlato della “necessità di rivedere completamente la disciplina degli atti istruttori con particolare attenzione alle intercettazioni” con l’obiettivo di rafforzare “la privacy del terzo estraneo“: il riferimento è alla norma approvata di recente che ha l’effetto di “sbianchettare” i nomi dei non indagati dai verbali degli ascolti. E infatti l’esponente di Fdi ha parlato “dell’obbligo di vigilanza del Pm anche sui brogliacci” e di stabilire “il dovere del giudice di stralciare tutto ciò che riguarda i terzi” vietando che si indichino “i loro dati”. “In sede di emendamenti – ha aggiunto il sottosegretario – si è previsto il divieto di pubblicazione integrale o per estratto del testo dell’ordinanza di custodia cautelare”. Anche se “il diritto di difesa deve essere però contemperato con il diritto ad essere informati”.

I piani del governo sulla giustizia – A proposito dell’interrogazione di Costa, Delmastro ha ricordato che il decreto Cartabia obbliga il procuratore capo a mantenere “rapporti con la stampa solo attraverso comunicati o conferenze stampa”. E’ infatti vietato per i magistrati “dare informazioni al di fuori di questi mezzi o dare denominazioni ai procedimenti lesive della presunzione d’innocenza”. Prevedendo in caso di violazione anche riflessi sul piano disciplinare. Ecco perché il governo “ha emanato direttive riguardo all’ effettuazione, da parte dell’ispettorato generale del ministero del monitoraggio degli atti motivati dei Procuratori della Repubblica in ordine alla sussistenza dell’interesse pubblico che giustifica l’autorizzazione a conferenze stampa e comunicati degli organi inquirenti”. E, sulla scorta “di siffatte direttive, l’ispettorato generale, a partire dalle ispezioni ordinarie eseguite nel turno del mese di settembre dell’anno 2023 ha attivato il monitoraggio” sui tredici uffici inquirenti. Una frase poi specificata da fonti del ministero all’agenzia Ansa, che hanno fatto sapere come i controlli sulle procure siano ordinati in ordine cronologico e non per selezione. Il monitoraggio sta dando esiti diversi, ha finora riguardato già le prime 13 procure e viene progressivamente effettuato in coincidenza con le ispezioni periodiche, secondo il calendario ordinario dell’ispettorato del ministero.

La guerra all’informazione giudiziaria – L’ennesima conferma che la norma approvata da Cartabia sia stata in realtà una prima stretta all’informazione, varata con la scusa di receperire la direttiva europea sulla presunzione d’innocenza. E questo nonostante la direttiva comunitaria non si occupasse completamente di stampa e di fonti giudiziarie, come ha raccontato al Fatto Quotidiano la professoressa Marina Castellaneta, ordinaria di Diritto Internazionale. Una linea proseguita dallo stesso Costa nelle scorse settimane: l’ex ministro di Matteo Renzi, infatti, è riuscito a fare approvare un suo emendamento che modifica l’articolo 114 del codice di procedura penale, vietando la pubblicazione dell’ordinanza di custodia cautelare.

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