Traffico di Captagon. È dalla produzione e vendita di questa droga che alcune milizie e regimi mediorientali si finanziano. Il più grande produttore di questa anfetamina, trasformata in pillole smerciate all’ingrosso in sacchi di plastica, è la Siria. Giovedì 4 gennaio, l’agenzia stampa Reuters, ha riportato la notizia dell’ennesimo bombardamento aereo giordano che ha colpito un presunto magazzino e la casa di un trafficante di droga in Siria. Almeno cinque le vittime accertate fra le fila dei narcotrafficanti. Dietro di loro, spiegano all’agenzia stampa fonti giordane e di intelligence, ci sarebbe l’Iran.

Obiettivo del raid aereo sono state la casa di un importante narcotrafficante nella città di Shaab, nella provincia siriana a maggioranza drusa di Suweida, e un magazzino nelle vicinanze del villaggio di Al Gharriya. “L’abitazione – spiega il giornalista siriano Ryan Marouf, editor di Suwayda 24 – era di un trafficante legato all’Iran”. Nel maggio scorso, un altro bombardamento giordano aveva colpito l’edificio dove si trovava Marai al Ramthan, noto contrabbandiere della zona. Insieme a lui, a morire furono anche la moglie e sei figli.

Ma, nonostante le operazioni di prevenzione, il traffico di stupefacenti, per la maggior parte Captagon e hashish, non sembra frenarsi. Anzi. Dietro l’aumento, spiegano ufficiali giordani e occidentali, citati dalla Reuters, ci sarebbero le milizie libanesi di Hezbollah – alleate di Damasco e sostenute da Teheran – che controllano il sud della Siria. “Questi gruppi sono passati dal contrabbando di droga ad armi e missili: così minacciano la sicurezza della Giordania”, ha tuonato Salah Al-Armouti, deputato giordano del Partito d’Azione Islamica, intervistato dal settimanale arabo Al Majalla. E ha puntato il dito contro il governo siriano: “Avrebbe dovuto prevenire le reti di contrabbando come condizione per il suo ritorno nella Lega Araba”. Così non è accaduto.

Dal governo siriano non è giunta nessuna risposta. Al contrario, insieme all’Iran, ha rispedito al mittente le accuse, rivolte da funzionari giordani e occidentali, di essere dietro al traffico di stupefacenti ed armi. Secondo gli organi di stampa dei due paesi, le illazioni farebbero parte di una campagna di propaganda occidentale. Ma per al Quds al Arabi, quotidiano panarabo con sede a Londra, “è da evidenziare l’assenza, da parte del governo di Damasco, di qualsiasi obiezione ufficiale a riguardo delle operazioni di sicurezza giordane all’interno del territorio siriano”. Questo, continua il giornale, “suggerisce che la parte siriana sia a conoscenza e d’accordo con quella giordana”.

Manovre politiche, più che lotta alla droga. È quello che credono alcuni degli abitanti di Suweida, la regione siriana presa di mira dall’aviazione di Amman e teatro, negli ultimi mesi, di ingenti manifestazioni della comunità drusa contro il governo di Damasco guidato dal 2001 da Bashar al Assad. Per Shahira al-Taroudi, sentita dal giornale Al Araby el Jadid, questi attacchi “sono più politici che per combattere i trafficanti di droga, poiché il governo giordano e quello siriano conoscono il produttore, il commerciante, il contrabbandiere e, perciò, cooperando possono estirpare questo pericolo fin dall’origine”. Invece, riflette al Taroudi, “ciò che sta accadendo è semplicemente disprezzo per la sicurezza e l’incolumità dei cittadini da parte di entrambe le parti, poiché per loro le nostre vite non hanno alcun valore: noi civili siamo sempre le vittime”.

A non trovare differenza fra il governo di Amman e quello siriano è Salwa Zeidan. “Non trovo alcuna difformità – spiega al giornale arabo -: sono tutti assassini e i paesi del mondo applaudono” per il loro operato. “Ma la Giordania – chiede la donna – non si rende conto della paura e del terrore che questi raid provocano nei nostri figli?”.

Dal 2011 ad oggi, secondo diverse stime, in Siria sono morte oltre 500mila persone. Mentre è di 10 milioni il numero delle persone sfollate interne o che hanno dovuto abbandonare il paese. Secondo esperti delle Nazioni Unite, ricorda la Reuters, solo in Siria il traffico illecito di droga foraggia una proliferazione di milizie filo-iraniane e forze paramilitari filo-governative ormai operanti da oltre un decennio.

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