Quasi due mesi dopo l’investitura di Pedro Sánchez, il governo spagnolo ha affrontato la prima grande prova di fuoco della legislatura, in una sessione agonica in cui ha incassato una vittoria agrodolce. Il parlamento, riunito nel Senato, era chiamato a convalidare tre decreti importanti approvati a dicembre dal Consiglio dei Ministri, e dai quali dipendevano la ricezione di una parte dei fondi europei (10 miliardi), l’aumento delle pensioni e del sussidio di disoccupazione, così come la riduzione dell’Iva sugli alimenti e sull’energia. La negoziazione tra l’esecutivo e i partiti soci di governo che minacciavano di bocciare le misure, Podemos e Junts, si è prolungata fino all’ultimo minuto, ma il dialogo è servito solo in parte. Due decreti su tre sono stati approvati per un solo voto (172 sì contro 171 no) e grazie alla decisione della formazione indipendentista catalana di non partecipare a nessuna votazione. Il terzo decreto, che includeva l’aumento del sussidio di disoccupazione, è stato bocciato con i voti contrari di Podemos e dell’opposizione.

Da giorni il governo aveva centrato la sua attenzione nella negoziazione con Junts, che minacciava di bocciare i decreti considerando che parte del loro contenuto invadesse le competenze della Generalitat catalana, aggravasse il “sottofinanziamento” della Catalogna e ostacolasse l’amnistia. Tuttavia, questa volta a dire no al governo è stato un vecchio socio, Podemos, che a inizio dicembre ha annunciato la sua uscita da Sumar per passare al gruppo misto nel Congresso dei Deputati. In quell’occasione la segretaria generale del partito, Ione Belarra, assicurò che non intendeva mettere a rischio la stabilità dell’esecutivo.

Tuttavia, un mese dopo i cinque deputati di Podemos hanno votato no al decreto del ministero del Lavoro (che ha ottenuto 176 no e 167 sì), che prevedeva l’aumento del sussidio di disoccupazione dai 480 ai 570 euro nei primi sei mesi, per stabilizzarsi nei 540 euro nei sei mesi seguenti. Podemos ha votano no al decreto, che prevedeva l’entrata in vigore di questo nuovo sistema a giugno, perché considera che la norma implica un taglio della base contributiva degli over 52 che ricevono il sussidio e che quindi ridurrebbe le loro pensioni. La disposizione approvata dal governo prevede un contributo pari al 120% della base minima nel 2024 (rispetto ai 125% precedenti), che si riduce progressivamente fino al 100%. Il ministero del lavoro nega che si tratti di un taglio e sostiene che il contributo del 125% era un modo per compensare un “salario minimo basso” che è andato progressivamente aumentando durante la legislatura.

Il decreto prevedeva anche l’estensione del sussidio ai disoccupati sotto i 45 anni senza familiari a carico, ai lavoratori temporanei del settore agricolo e a quelli transfrontalieri delle enclavi spagnole in Marocco di Ceuta e Melilla. Per il momento, quindi, non aumenterà il sussidio per le 700mila persone che ne beneficiano.

Il resto dei decreti sono stati approvati come progetti di legge per poter poi includere gli emendamenti richiesti dal resto dei partiti. Il primo include le misure per limitare le conseguenze dell’inflazione. Prevede la proroga della maggior parte delle misure in vigore negli ultimi due anni (2022 e 2023), come l’Iva allo 0% su prodotti alimentari basici e l’imposta al 5% su pasta e olio: il governo stima che le famiglie hanno potuto risparmiare circa 1,3 miliardi di euro nel 2023 grazie alla riduzione dell’imposta. Include misure energetiche come uno sconto dal 65% all’80% sulla bolletta della luce per le famiglie più vulnerabili, mentre l’Iva sull’elettricità passa al 10% (nel 2022 venne ridotta al 5%), ben al di sotto del 21% del 2021.

Il testo mantiene anche la gratuità del trasporto pubblico di media percorrenza per i viaggiatori frequenti, l’aumento del 3,8% delle pensioni contributive in base all’Indice dei Prezzi al Consumo (Ipc), e l’incremento del 6,9% dell’ingresso minimo vitale, così come la proroga degli sfratti per le famiglie vulnerabili. Viene prorogata anche la ​​tassa straordinaria alle banche e compagnie energetiche e la patrimoniale: una buona notizia per il fisco spagnolo che nel 2022 ha riscosso più di 3 miliardi di euro.

L’ultimo decreto approvato, e quello più criticato da Junts, è conosciuto come “omnibus”. Come ha spiegato il ministro Felix Bolaños, il testo include misure per l’esecuzione del Piano di ripresa, trasformazione e resilienza in materia di giustizia e funzione pubblica. In particolare, promuove il processo di digitalizzazione della giustizia e la sua efficienza. Junts si è dimostrato contrario fin da subito a questo decreto, rivendicando l’eliminazione di una misura inclusa nel testo che secondo il partito ostacola l’applicazione dell’amnistia.

La deputata della formazione indipendentista, Miriam Nogueras, ha affermato di aver negoziato fino all’ultimo con il governo. “È stato irresponsabile non negoziare con Junts il decreto prima di approvarlo al Consiglio dei Ministri”, ha affermato Nogueras, che già nei giorni scorsi aveva criticato aspramente il governo per aver abusato dello strumento del decreto legge. La decisione della formazione indipendentista di non votare arriva dopo un accordo con l’esecutivo che, tra le altre cose, delega alla Generalitat competenze in materia di immigrazione, la riduzione dell’Iva sull’olio allo 0%, e l’eliminazione di un articolo incluso nel decreto omnibus, secondo il partito, avrebbe ostacolato l’amnistia.

La parziale vittoria del governo, in dubbio fino all’ultimo minuto, dimostra però la precaria stabilità della maggioranza che dipende dalle rivendicazioni di partiti come Junts e Podemos, con l’aggiunta dell’arrivo della campagna elettorale per le Europee. Ancora prima della formazione del nuovo esecutivo, il leader di Junts Carles Puidgemont, infatti, aveva avvisato Sánchez che avrebbe dovuto guadagnarsi la stabilità del governo “giorno per giorno” e che sarebbe dipesa dal “rispetto” degli accordi.

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