Uno strumento innovativo, nel settore dell’autotrasporto, prodotto da un’azienda italiana. Un prezzo di gran lunga inferiore a quello dei concorrenti (poche multinazionali straniere) e per questo potenzialmente in grado di conquistare il mercato italiano ed europeo. Nonostante l’omologazione ottenuta dal Ministero però – tra ostacoli e cavilli normativi – da quasi 20 anni quello stesso strumento, destinato alla taratura dei tachigrafi, trova continue difficoltà a essere messo in commercio, a tutto vantaggio delle multinazionali. In mezzo, in tutti questi anni, ci sono tre decreti ministeriali, tante interrogazioni parlamentari, diversi interventi dell’Antitrust per chiedere al Ministero dello Sviluppo economico (oggi Ministero delle imprese e del made in Italy) di correggere “l’ingiustificata distorsione concorrenziale” e anche sentenze del Tar e il rinvio a giudizio di due funzionari del dicastero. Ma il calvario dell’azienda italiana continua. Una storia molto complessa, piena di aspetti tecnici e normativi, che – forse per questo – non ha trovato fino a oggi spazio nelle pagine dei giornali.

Il nuovo strumento – Tutto inizia nel 2005, mentre l’Ue sta per introdurre l’obbligo dell’installazione del tachigrafo digitale nei nuovi veicoli immatricolati. Si tratta di quel sistema elettronico per camion, pullman e autocarri che registra, tra le altre cose, i tempi di guida e riposo dei conducenti ma anche la velocità e le distanze percorse. Tachigrafi che, per legge, devono essere anche provati e tarati con una specifica attrezzatura dai Centri tecnici, cioè quelle officine autorizzate proprio al controllo di questi dispositivi. In quel momento gli unici produttori di strumenti per la taratura sono le poche multinazionali straniere che fabbricano gli stessi tachigrafi. Nel 2005, però, l’azienda italiana O.R.T. di proprietà di Mario Caprio, inizia a produrre gli strumenti GTT. Anche questi servono per la taratura dei tachigrafi digitali ma, a differenza degli strumenti di fabbricazione straniera che operavano con il cosiddetto metodo dei “banchi a rulli”, sono meno ingombranti e hanno un costo di circa dieci volte inferiore rispetto a quelli prodotti fino a quel momento (3 mila euro contro circa 30 mila). Per l’azienda O.R.T arriva anche l’omologazione ministeriale dello strumento ed è così pronta a inserirsi nel mercato ricevendo, da subito, numerose richieste.

I primi ostacoli – Ma il cammino è tutt’altro che in discesa. Il Ministero dello Sviluppo economico, nonostante l’omologazione, non concede più volte – prima per un motivo, poi per un altro – l’autorizzazione alle officine che avevano deciso di operare con il GTT. A questo si aggiungono i decreti ministeriali (del 2005 e del 2007) che hanno regolamentato la materia, fortemente sbilanciati a favore dei produttori di tachigrafi. Non solo, infatti, questi ultimi (a differenza dei produttori di sole strumentazioni tecniche come O.R.T.) possono essere autorizzati a operare come Centri tecnici ma possono anche “attestare la sussistenza dei requisiti di conoscenza tecnica del personale dei Centri Tecnici”, cioè tenere i corsi di formazione obbligatori per i tecnici delle officine al fine di ottenere, quest’ultime, l’autorizzazione a operare.

Gli interventi dell’Antitrust – Normativa che è stata interessata, proprio per questo, da numerosi interventi dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato. L’Antitrust ha chiesto, infatti, al Ministero di modificare le norme “eliminando le distorsioni concorrenziali evidenziate”. “Un Centro Tecnico costituito da un produttore di tachigrafi, qualora quest’ultimo sia ‘verticalmente’ integrato, esprimerà una domanda di tipo captive, ossia acquisterà le relative apparecchiature di controllo e taratura al proprio interno, sottraendo così domanda al resto del mercato”, scrive l’Autorità garante. In più, prosegue l’Agcm, “l’opportunità di svolgere il ruolo di soggetto attestatore andrebbe estesa anche ai produttori di strumentazioni di intervento tecnico” perché “le officine che hanno bisogno di ottenere la prevista attestazione da un produttore di tachigrafi, difatti, risulteranno fortemente indotte ad acquistare le relative apparecchiature tecniche da tale produttore, ove quest’ultimo sia verticalmente integrato nella loro produzione”. La possibilità di svolgere il ruolo di soggetto attestatore viene data anche alle Camere di Commercio ma, come sottolinea sempre l’Agcm, rimangono gli “effetti distorsivi della concorrenza” perché “come emerso dagli approfondimenti svolti, i canali di attestazione alternativi al produttore di tachigrafi (le Camere di Commercio e gli altri eventuali Organismi all’uopo autorizzati dal Mise) sono, di fatto, inattivi”, si legge nella segnalazione del giugno del 2020. Autorità che è intervenuta anche in merito agli ostacoli burocratici riscontrati dall’azienda italiana, sollecitando il Ministero a eliminare “ogni disparità nei requisiti di prova richiesti tra i diversi strumenti di controllo” e a rilasciare le autorizzazioni “alle officine che decidono di adottare strumenti” che hanno ottenuto il “parere favorevole delle Camere di Commercio”, scrive l’Agcm già nel 2007.

I funzionari rinviati a giudizio – Ma a intervenire è stato anche il Tribunale di Roma. Nell’ottobre del 2012 il Gip ha rinviato a giudizio per abuso d’ufficio due funzionari (ispettori metrici) del Ministero dello Sviluppo economico (uno dei quali anche per falso in atto pubblico). Per la Procura, tra le altre cose, i due avrebbero “rallentato la trattazione della pratica” di Caprio con “continue e pretestuose obiezioni”, “ritardando l’adozione dei provvedimenti di autorizzazione” alle officine “favorendo di fatto le pratiche delle ditte concorrenti”. Nella richiesta di rinvio a giudizio il pm contestava anche ai funzionari la violazione del “principio di imparzialità”, “accordando una particolare familiarità ai rappresentanti delle ditte concorrenti, anche uscendo a pranzare con costoro” mentre “quando Caprio tentava di inviare fax all’ufficio” veniva “staccata la spina” del dispositivo. Reati tutti prescritti.

Nuovo decreto, vecchi difetti – Intanto passano gli anni. Per l’azienda O.R.T. la commercializzazione del suo strumento è quasi impossibile e il mercato si concentra sui concorrenti. A febbraio del 2023, però, il Ministero delle Imprese e del made in Italy approva un nuovo decreto. Questa volta anche ai fabbricanti di strumenti di controllo per i tachigrafi digitali è data la possibilità di erogare corsi di formazione e aggiornamento. Tutto risolto? Sembra proprio di no. “Nella pratica il nuovo decreto riporta solo modifiche di facciata rispetto a quello abrogato, lasciando di fatto tutto invariato”, spiega al fattoquotidiano.it Mario Caprio. Il problema riguarda adesso le carte tachigrafiche, cioè il dispositivo che consente l’utilizzo del tachigrafo nelle sue diverse funzioni e che viene rilasciato dalle Camere di Commercio. “Nelle nostre osservazioni relative alla bozza del decreto – aggiunge Caprio – abbiamo fatto presente al Ministero la necessità di prevedere il rilascio di una carta tachigrafica ai fabbricanti di strumenti per operare sui tachigrafi digitali. La carta tachigrafica è infatti indispensabile per noi per potere erogare la formazione e per poter permetterci di fare il nostro lavoro”. Senza questo dispositivo sarebbe pertanto impossibile erogare i corsi. Così proprio quando sembrava aprirsi uno spiraglio, per la società di Caprio tutto sembra rimanere ancora fermo a quasi venti anni fa.

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