di Marco Travaglio, Antonio Padellaro, Peter Gomez e Cinzia Monteverdi

Cari amici del Fatto, questa è la lettera numero 15 con gli auguri di un buon Natale e di un buon anno nuovo da trascorrere insieme. Già, perché stiamo per entrare nel 15° compleanno del nostro giornale, che per tutto il 2024 continueremo a fare alla nostra maniera: con più notizie che ci regalano più libertà.

Riassumere in poche righe l’anno che stiamo per lasciarci alle spalle sarebbe impossibile. Alla guerra fra Russia e Ucraina se ne sono aggiunte molte altre: soprattutto quella scatenata da Hamas il 7 ottobre col feroce pogrom di circa 1300 ebrei israeliani e moltiplicata dalla criminale reazione del governo Netanyahu a Gaza (ormai i palestinesi uccisi sono oltre 20mila, per il 70% donne e bambini). E in Italia, come purtroppo avevamo previsto, la presunta “nuova destra” di Giorgia Meloni ha riesumato tutto il peggio del vecchio berlusconismo proprio nell’anno della scomparsa del suo spirito-guida: impunità per i potenti, linea dura contro i deboli, guerra ai poveri, regali ai ricchi, condoni ai ladri, familismo amorale, scandali a manetta, allergia alla divisione dei poteri, alle regole e ai controlli indipendenti, attacchi alla libera stampa e alla magistratura.

Su tutti i fronti, ancora una volta, il Fatto Quotidiano ha fatto stecca nel coro del conformismo e del servilismo nazionali, dimostrando più che mai l’importanza di un’informazione libera e controcorrente: quella che possono garantire soltanto un giornale e un gruppo editoriale senza padroni, né in Italia né all’estero. La disfatta della controffensiva ucraina primavera-estate era stata ampiamente prevista dai nostri analisti (come peraltro dal Pentagono e da buona parte della stampa americana, meno embedded e meno sensibile alle veline Nato della nostra): se, anziché additarli per un anno e mezzo al pubblico ludibrio come “putiniani”, qualcuno li avesse ascoltati per tempo, oggi la pace o almeno la tregua nell’Europa dell’Est sarebbe più vicina o già siglata, centinaia di migliaia di ucraini e di russi sarebbero ancora vivi e l’Ucraina avrebbe potuto negoziare da posizioni più forti di quelle in cui si troverà a trattare dopo la sconfitta (di Kiev, ma soprattutto delle retrostanti Nato e Ue).

Anche su Israele siamo stati fra i pochi media a denunciare fin dall’inizio i crimini di guerra, oltreché di Hamas, del governo israeliano di Netanyahu, a cui incredibilmente gran parte dei media italiani perdonano tutto, anche se ha falciato molte più vittime civili in due mesi a Gaza di quante ne abbia seminate Putin in due anni in Ucraina. Ora fra qualche mese, non mi stupirei di leggere sui giornaloni ciò che noi abbiamo scritto fin dal primo giorno. Come già sta avvenendo sulla guerra in Ucraina.

Siamo solo noi”, cantava Vasco Rossi. Ecco: un tempo eravamo solo noi quelli che dicevano ciò che gli altri non dicevano. Ora siamo solo noi quelli che dicono oggi ciò che gli altri diranno un anno o due dopo, quando ormai servirà a poco o a nulla: sempre a babbo morto, anzi a funerali avvenuti.

Non siamo certo infallibili, ma il fatto di non ricevere ordini, di non avere padroni da assecondare né pregiudizi da difendere, ci avvantaggia. E, quando sbagliamo, ci consente di riconoscerlo onestamente, perché non lo facciamo mai su commissione o per conto terzi.

Sul fronte interno, tutti i peggiori scandali del centrodestra sono esplosi grazie a inchieste o anticipazioni del Fatto: i pastrocchi finanziari del gruppo Santanché, le incredibili scorribande di Sgarbi (che stiamo svelando anche in collaborazione con gli amici di Report), il ministro-cognato-capotreno Lollobrigida che fa fermare à la carte un Frecciarossa in ritardo, il ministro Crosetto che vive da mesi nell’attico&superattico di un imprenditore della cybersecurity nonché fornitore dello Stato e del suo stesso ministero senza pagare un euro di affitto.

Naturalmente abbiamo appena cominciato a scoperchiare gli altarini del “nuovo”, anzi vecchissimo sistema di potere che ammorba l’Italia. E presto sveleremo altre storie di affari e malaffari, su cui già stiamo lavorando.

Il 2024 sarà un anno elettorale non solo per l’Europa e dunque Italia, ma anche per gli Stati Uniti, la Russia e forse l’Ucraina (se il voto non verrà rinviato) e avremo molto da raccontare. Noi ci auguriamo vivamente che le destracce che sgovernano il nostro Paese inizino, alle elezioni europee, la parabola discendente che meritano. Ma manterremo anche nei loro confronti il nostro atteggiamento imparziale: denunceremo i loro errori e orrori, ma saremo sempre pronti ad applaudire senza preconcetti eventuali meriti. Esempio: diversamente da altri, il Fatto non ha attaccato il governo Meloni quando ha agito per rafforzare il carcere duro ai mafiosi, anzi l’ha elogiato. E così abbiamo fatto quando la premier ha annunciato il prelievo sugli extra profitti bancari e il veto alle regole di austerità europea: l’abbiamo poi criticata quando ha battuto in ritirata su entrambi i fronti, genuflettendosi ai poteri finanziari italiani ed europei.

Queste sono la nostra coerenza e la nostra imparzialità. E per questo pensiamo di avere le carte più in regola di altri per avviare la campagna del No alla controriforma costituzionale meloniana del premierato in vista del referendum che dovrebbe tenersi nel 2025: perché nel 2014 avviammo quella per il No a una schiforma altrettanto verticistica e pericolosa, quella di Renzi-Boschi-Verdini, travolta dai No nel 2016. Altri invece scoprono i valori costituzionali solo quando a minacciarli è la destra, dopo avere sponsorizzato il Sì quando a conculcarli era il sedicente centrosinistra renziano. Sono gli stessi che tacevano o applaudivano alla legge-bavaglio targata Cartabia del governo Draghi e oggi riscoprono la libertà di stampa contro la legge bavaglio della destra.

A proposito: la nostra prima battaglia del 2024 sarà quella contro l’emendamento Costa – votato da FdI, Lega e FI, ma anche da Azione e da Iv che l’hanno addirittura proposta – che vieta di pubblicare le ordinanze di custodia cautelare per intero o per stralci, privando non i giornalisti (che le conoscono), ma i cittadini delle necessarie informazioni sui motivi di un arresto. Noi del Fatto faremo obiezione di coscienza, continueremo a pubblicare le ordinanze testualmente tra virgolette e, quando saremo processati, ci appelleremo ai giudici perché ricorrano alla Corte costituzionale e alla Corte europea dei diritti dell’uomo contro una legge che viola il diritto all’informazione sancito dall’articolo 21 della nostra Carta fondamentale e dalla giurisprudenza comunitaria. E che dunque speriamo venga presto disapplicata dai tribunali e ridotta a lettera morta.

Anche per questo, cari lettori, ci serve il vostro aiuto. Molti di voi, dinanzi alle cause civili e alle querele penali temerarie che ci sommergono (addirittura per le vignette, le caricature e la satira), ci chiedono di poter aderire a sottoscrizioni per pagare le spese legali, oltreché per fronteggiare i costi di produzione e della carta in continuo aumento e i cali della pubblicità (non sempre per ragioni legate al mercato…). Li ringraziamo, ma al momento contiamo di farcela da soli. Però un contributo ve lo chiediamo. Non a fondo perduto, ma in cambio del nostro lavoro quotidiano.

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Se avete consigli, idee, suggerimenti, rilievi, critiche e dissensi, scriveteci come sempre (1500 caratteri al massimo) a Il Fatto Quotidiano, via di Sant’Erasmo 2, 00184 – Roma, a segreteria@ilfattoquotidiano.it o a lettere@ilfattoquotidiano.it, indicando il nome del giornalista a cui vi rivolgete. Noi cercheremo di rispondere a tutti e di pubblicare i contributi più originali e interessanti nella pagina “Lo dico al Fatto”.

Anche nel 2024 ce la metteremo tutta per continuare a garantire a difendere un’informazione sempre più completa, libera, indipendente e battagliera e a preservare il diritto di cronaca, di critica e di satira. Voi, per quanto potrete, continuate a sostenerci.

Grazie di cuore.

E, a nome nostro e delle nostre redazioni,

Buon Natale e Buon Anno a tutti con il Fatto Quotidiano!

Marco Travaglio, Antonio Padellaro, Peter Gomez e Cinzia Monteverdi

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