Monfalcone adesso è una città incredibilmente, irrimediabilmente divisa tra due piazze. Ottomila persone (molti musulmani ma anche altrettanti italiani) si sono radunati per difendere pacificamente la libertà di culto e il diritto ad avere una moschea, un luogo dove pregare. La sindaca leghista Anna Cisint, che ha chiuso due centri culturali­ e interdetto l’accesso al parcheggio di una terza struttura, ha risposto con una scelta che ha il sapore, a dir poco, di provocazione. Ha invitato alla stessa ora, e in un’altra piazza, i propri cittadini per lo scambio degli auguri di Natale, nel nome del presepio, e ne ha approfittato per lanciare anatemi contro gli altri cittadini provenienti soprattutto dal Bangladesh: “Con questa manifestazione hanno voluto colpire al cuore il Natale”. Praticamente le stesse parole usate dal vicepremier Matteo Salvini che si è collegato per telefono: “Chi arriva in Italia e vuole cambiare, oltraggiare, cancellare la nostra cultura e i nostri simboli non è il benvenuto. Natale è la festa di tutti e guai a chi si permette di denigrarlo”.

C’è stato grande senso di responsabilità della comunità islamica che ha chiamato a raccolta la sua gente, praticamente un terzo della città. Ha accettato di restare ai margini del centro storico, visto l’afflusso per le compere natalizie. Ha portato nel corteo solo bandiere italiane e dell’Unione Europea. Ha evitato slogan. “Noi siamo monfalconesi” hanno scritto su uno striscione, per rivendicare il diritto di cittadinanza (italiana) e di eguaglianza nei diritti. “Noi musulmani siamo qui oggi come testimoni di pace: la preghiera è pace”: queste le parole usate dall’Imam in apertura. “Questo corteo è solo il primo passo per l’inclusione” ha ammonito Fatou Saar della Cgil, ricordando come l’apprendimento della lingua italiana sia essenziale per ottenere rispetto nella comunità di accoglienza. Presenti numerosi esponenti politici di centrosinistra, come la segretaria regionale del Pd Caterina Conti e Roberto Antonaz (ex di Rifondazione Comunista). Il consigliere regionale Enrico Bullian (Patto-Civica-Fvg): “Una piazza così non si vedeva dagli anni Settanta, nelle legittime rivendicazioni dei lavoratori”. Furio Honsell (Open Sinistra Fvg): “Voi siete, con il vostro lavoro, la ricchezza di questa regione: grazie”. Per i 5 Stelle erano presenti la consigliera regionale la consigliera regionale Rosaria Capozzila, la coordinatrice regionale Elena Danielis e quella provinciale di Gorizia, Ilaria Dal Zovo.

L’ingegnere Bou Konate, presidente onorario del centro Darus Salaam dice: “Oggi è veramente una giornata meravigliosa, anche il sole l’ha incorniciata. Tutte le comunità islamiche sono unite”. Rejaul Haq, altro rappresentante della comunità, aggiunge: “Manifestiamo il nostro diritto e la nostra dignità per far capire che anche noi siamo parte della città. Noi condanniamo tutte le forme di discriminazione. In questa città viviamo e lavoriamo, mandiamo a scuola i nostri bambini, facciamo acquisti, comperiamo le case. Come crediamo a Maometto nostro profeta, crediamo anche a Gesù come nostro profeta: per rimanere musulmano devi credere in Gesù”.

In piazza Repubblica, la sindaca Cisint ha attaccato l’altra parte della città. “Dico agli islamici: è falso dire che il sindaco non vuole che loro preghino. Non l’ho mai detto, ma ho voluto riaffermare il rispetto della legalità, perché le leggi vanno rispettate da tutti”. Il riferimento è all’inagibilità delle moschee, decretata in due casi per destinazione d’uso diversa degli edifici e in un terzo caso per questione di sicurezza.

Questa la prima accusa, riferita alle norme urbanistiche asseritamente violate. C’è poi un aspetto più ideologico e culturale: “Il valore del Natale è stato violato da questa manifestazione – dice la prima cittadina – che è stata scelta e condotta il 23 dicembre per colpire al cuore le persone che amano il Natale e ciò che rappresenta per noi occidentali e cristiani. Non è stata una grande scelta, ma un atto di prevaricazione? Una sfida? Noi non siamo quelli che raccolgono le sfide, ma che amano il proprio paese”. Cisint ha puntato sulla separazione, rafforzata dalle parole di Salvini, anche quando ha interpretato in senso negativo la scelta delle bandierine italiane. “Quelle bandiere nelle mani di bambini e di donne che oggi sono considerate inferiori, o nelle mani di quegli uomini che oggi hanno fatto una manifestazione per dire che devono avere la possibilità di violare la legge, beh, quelle bandiere non rappresentano il nostro paese. Prima delle bandiere è meglio comprendere che le leggi si rispettano”. Giudizio finale: “I cortei che non portano una parola di verità e non rispettano le norme hanno il sapore della prevaricazione, perché fatte in un momento importante per la comunità che è immersa nel Natale”. Se non è una guerra di religione, ci assomiglia parecchio.

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