Grazie ad un approccio di apprendimento automatico è possibile prevedere l’aspettativa di vita, la probabilità di morte precoce e altri aspetti della vita umana, come i tratti della personalità. Il modello, descritto in uno studio pubblicato su Nature Computational Science, potrebbe essere in grado di fornire una comprensione quantitativa del comportamento umano. La questione riguardante la previsione della vita umana, sotto vari aspetti, è stata a lungo oggetto di discussione tra gli scienziati sociali. Mentre, i fattori sociodemografici che giocano un ruolo importante nelle vite umane sono ben compresi, finora non è stato possibile prevedere con precisione gli elementi che riguardano il termine della vita umana.

Con l’impiego di dati relativi a istruzione, salute, reddito, occupazione e altro, provenienti da un registro nazionale danese che ha incluso circa sei milioni di persone, Sune Lehmann, professore associato di reti sociali presso l’ETH di Zurigo, assieme ai suoi colleghi ha progettato un approccio di apprendimento automatico in grado di delineare traiettorie di vita individuali. I ricercatori hanno adattato le tecniche di elaborazione del linguaggio umano all’interno del modello. Ciò ha permesso di generare un vocabolario capace di descrivere gli eventi della vita in modo simile a come i modelli linguistici catturano le relazioni complesse tra le parole.

Il modello proposto, chiamato ‘life2vec’, riesce a instaurare relazioni complesse tra concetti come le diagnosi relative allo stato di salute, il luogo di residenza, i livelli di reddito, e a codificare le vite individuali con una rappresentazione vettoriale compatta che costituisce la base per la previsione degli esiti della vita. Gli scienziati hanno, inoltre, dimostrato che il modello può prevedere l’aspettativa di vita umana e le rispettive possibilità di mortalità precoce. Nello specifico, il modello ha anticipato che, fra gli individui che hanno preso parte allo studio, coloro con un’età compresa tra i 35 e i 65 anni sarebbero sopravvissuti nei 4 anni successivi al 1° gennaio 2016. Il modello è anche riuscito a cogliere le sfumature della personalità in modo migliore rispetto ai modelli più avanzati, con una precisione di almeno l’11% superiore. I risultati dimostrano che, dalla complessa interazione tra dati sociali e sanitari, è possibile stilare previsioni esatte riguardo gli esiti della vita umana. Tuttavia, gli autori sottolineano che la loro ricerca è un’esplorazione di ciò che potrebbe essere probabile e che dovrebbe essere adoperata solo in condizioni reali, nel rispetto di norme che tutelino i diritti individuali.

Lucrezia Parpaglioni

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