Il contrario dell’amore non è l’odio, ma la solitudine. È la solitudine di mille frantumi, che si raccolgono nel delittuoso momento dell’accoppiamento, nel vuoto dell’unione. Kostas Reousis ha una poesia dura, scabrosa, difficile. Tradurlo, è quasi un corpo a corpo contro se stessi. Mentre credi di scoprirlo, ti mette a nudo. È un uomo dalla voce giocosa, dalla conversazione intelligente e piacevole. Ma se capita di incrociarne lo sguardo, si è assaliti da un brivido: la maledizione della solitudine non cercata, innata, gli brucia dentro inesauribile. Non c’è scampo, va ripetendo quello sguardo, mentre la sua voce porta altrove.

E l’amore, eterna piaga, s’incarna nei suoi versi come necessità di morte. Eros e Thanatos qui convivono capovolgendosi. Si attraversa un roveto di parole, si rimani impigliato, se ne esce segnati: è l’eros mortifero, la sensualità esausta, la parola di carne. Il caos di carne. Nell’acqua che bolle della sua poesia non una sola parola si scotta: lingua coriacea, acuminata a tratti, madreperlacea in altri.

La raccolta Frantumi esce in seconda edizione nel 2020, con alcune modifiche e correzioni. Si divide in tre parti: “Buon governo”, “Giustizia”, “Pace”. Qui presentiamo la prima, “Buon governo”: l’eros acerbo ma già in putrefazione, l’inizio che si ritorce dentro la fine, il cuore in cerca di timoniere. Le Ore, le custodi della triade cui l’uomo soggiace, scandiscono la precisione della dannazione e della ricerca, infine, dell’amore. Dell’amare. Della capacità di rendere materiale un’idea disincarnata. E Reousis lo fa attraversando la carne: la sua, nel sacrificio ultimo della vita, e quella del lettore che non può restarvi estraneo, non può esistere fuori dal tempo dei ‘frantumi’.

Vibra con forza tutta la tradizione letteraria, la stratificazione di millenni di lingua greca. Rimandi di suoni, maestria linguistica, conoscenza profonda della materia poetica, significato: ne fanno una delle voci più potenti, evocative e interessanti della poesia greca contemporanea.

C.C.

***

Le Ore, le custodi
delle nuvole le Porte del cielo

BUON GOVERNO

Ora Prima

la notte
ove si sente
corporalmente universale
lo sciabordio
nastro
nel gaitanaki¹
carnevale della vita
si ravvolge la
morte
amasia d’una stellafilante
per turbinare
a colori
nel vuoto della caduta

(scuotendo l’afflizione
sul barroccio impaccio del circo
d’una masnada abbietta
l’amante
sgozza il passaggio
insediando
il dolore
nella moviola del montaggio
d’una cuci-e-scuci
commozione)

restava da sbranare il latrato del giorno combattendo in cucine di feroce
sfinimento la frattura d’una necessità ridicolizzata nel rum sopra apriva l’anima
addentando le lettere dallo stelo avendo fino al nocciolo tracciato
le parole più indicibili concupiscibili la lingua incidendo maga del mago magico
sul corpo di lei che percorreva l’onda nell’amarezza dell’oceano

¹ Il γαϊτανάκι (gaitanàki) è un ballo tradizionale, che ha le sue origini sulle sponde del Mar Nero. Portato in Grecia dai profughi del Ponto, dopo la strage perpetrata da parte dei Turchi verso i Greci dell’Asia Minore, permane un simbolo e un ponte con la patria da cui i Ponti sono stati strappati con la forza. I ballerini danzano intorno a un palo, tenendo ognuno un nastro colorato: nel culmine della danza i nastri attorcigliati formano un disegno bellissimo. I ballerini scioglieranno poi i nastri, sempre danzando, in una complessa e coinvolgente coreografia.

Ora Seconda

Fu
quando la paura comparve e
papavero sul cuore
sigillando
con un bacio
che dura
la lotta sul letto la solitaria solitudine dello scapolo
il terrore capovoltando
sulla frottola
il ritrovamento di una sgangherata
palma da datteri

(carezzando violentemente sessualmente
le tette dello scorpione
s’ingrossa nel veleno
la trafittura della città
una tempesta sussurra
dai postremi della vulva
la preistoria
del piacere)

si mise a ricordare gli agrumi cogliendo il profumo della
lingua idiomatica del bergamotto nei superlativi orgasmi di un
vaso da fiori con gigli legando il sussulto al cavo convulsione del clitoride
scrisse nel registro navale la vena eccitante del cazzo nel cosmo sottomarino della
donna che segnalò l’eiaculazione tracciando con i suoi
succhi l’immersione emersione la rotta nell’intrepida assuefatta olfattofilia della
mortale arrapata gardenia

Ora Terza

circolava
con la detonazione
di un’arancia strizzata
e il suono di una trombetta stonata
con silenziatore
traversando l’inspirazione espirazione
del rosmarino
l’epitaffio della palma
spargeva in tizzone il
corteo dell’era della frattura

(ti spacco le ossa
ehi
ne faccio fascine e la carico
sul dorso
schiumava gorgogliando
l’arcaica fica
scagliando lapilli
bacchici)

s’immerse a incontrare il fegato fino ai confini dell’arcipelago sfornando
umide notti in coperta a sciacquare il furore schiacciante della salsedine quando
gli uccelli marini preannunciavano le travolgenti isolette del rifornimento

Ora Quarta

di giorno
mentre gli uomini
induriscono
l’aspetto
e la pratica
si definisce
nella confusione
della rapina
estrasse la rivoltella
puntando
la tempia
del pensiero

(generando il delitto legittimo
prepara la libera
unione dell’uscita
mentre
assassini prezzolati
se la battono
all’apparire
della superba
venuta)

si riversò sbalordito quasi morto nella donnaccia in fregola di tradimento macellando
frammenti di dissoluti consolatori colpevoli bestie bipedi avevano
schiamazzato la forma del singolo della fisionomia della foggia della
polena embolizzata la figura dell’anima trina librava gli
infiniti segni della diritti non seduta sedotti planetaria orizzontali verticale
diagonali spazzata circolari linea di volo o velocità di rotta cardiaca

***

Kostas Reousis (Papathanassìou) è nato ad Atene nell’estate del 1970. Ha fatto la sua comparsa nel panorama letterario greco nel 1995 con la raccolta Camaleonte, un’auto-pubblicazione. Ha rifiutato il Premio Nazionale di Poesia di Cipro, vinto con la raccolta poetica Carena (Farfoulàs, 2012). Nel 2015 è stato invitato al Festival della Poesia di Cordova. È stato tradotto e presentato in Spagna da Mario Domìnguez Parra, in italiano da Crescenzo Sangiglio e in portoghese (Brasile) da Floriano Martins. Ha pubblicato otto raccolte poetiche ed è comparso in numerosi periodici e antologie greche e straniere. Si definisce poeta greco e non ellenico, sottolineando (in modo provocatorio rispetto alla definizione che Kavafis fece di se stesso) il suo non riconoscersi nel panorama dei poeti ciprioti di lingua greca. È un surrealista senza surrealismo. È, nota personale della traduttrice, una Cassandra della poesia che circola in carne e ossa.

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