Sono 17mila e 531 le denunce per infortuni di minorenni sul posto di lavoro che sono state raccolte solo nel 2022: di queste, 14.867 hanno riguardato studenti (641 dei quali impegnati in alternanza scuola-lavoro) e 2.664 lavoratori (tra cui 285 allievi di corsi di formazione professionale). In tre casi gli infortuni hanno avuto un esito mortale. Sono alcuni dei dati riportati nell’indagine nazionale ‘Il lavoro regolare minorile tra formazione e sicurezza’, realizzata dall’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza nell’ambito del progetto Formazione sicura in età adolescenziale (Fase), promosso in collaborazione con l’Istituto psicoanalitico per le ricerche sociali (Iprs) e la Fondazione Censis.

Lo studio contiene una ricognizione dei dati esistenti sui minorenni lavoratori e il risultato dell’ascolto dei principali interlocutori in materia attivi in 11 regioni: Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna, Marche, Toscana, Lazio, Campania, Calabria, Puglia e Sicilia. I minorenni che lavorano possono essere divisi in quattro gruppi: gli occupati a tempo indeterminato, che hanno assolto l’obbligo scolastico e che nel 2022 erano 4.253; i lavoratori a termine, 42mila: nella gran parte dei casi studenti che hanno occupazioni saltuarie per assicurarsi un reddito minimo; gli apprendisti, 7.800; gli studenti in alternanza scuola lavoro (circa un milione).

“La ricerca – spiega l’Autorità garante Carla Garlatti – affronta due aspetti. Da un lato il rispetto delle misure di prevenzione e protezione che assicurano la sicurezza del minorenne, dall’altro la verifica che l’attività lavorativa mantenga una dimensione prevalentemente formativa per scongiurare il rischio che venga considerato formazione il solo fatto di lavorare. Rispetto ai risultati emersi possiamo essere cautamente ottimisti, sebbene esistano delle criticità che vanno tenute presenti”. Sul piano della sicurezza, dall’indagine risulta una maggiore attenzione rispetto alla formazione sui rischi e all’uso dei dispositivi di protezione. Allo stesso modo si segnala anche il tentativo di ridurre le ore di presenza in azienda dei lavoratori minorenni in formazione professionale.

Rispetto alla tutela del diritto-dovere alla formazione dei minorenni, poi, la ricerca segnala come, pur se in termini generali si sia maturata una certa consapevolezza rispetto al fatto che la formazione deve essere intesa in senso ampio e non solo come acquisizione di un saper fare utile per l’inserimento nel mondo del lavoro, permangono rilevanti differenze territoriali rispetto agli standard formativi offerti. “A fronte di regioni, soprattutto del Nord, che organizzano un numero di corsi di istruzione e formazione professionale più che adeguato alla richiesta, ci sono territori nei quali la formazione è gravemente insufficiente”, commenta Garlatti. Oltre il 60% dell’offerta formativa, infatti, si concentra al Nord, con la conseguente difficoltà per i minori che vivono al Sud di accedere ai percorsi di istruzione e formazione professionale: nel Nord-Ovest il 17,2% dei 15-17enni è iscritto alla Iefp, nel Nord-Est lo è il 15,9%, al Centro l’8,9% e al Sud e Isole il 4,9%.

“Rispetto a questi numeri – dice Garlatti – occorre mettere in atto correttivi che assicurino in tutto il territorio nazionale standard minimi uniformi dell’offerta formativa gestita dalle regioni, oltre a una formazione completa al pari di quella offerta dallo Stato con licei e istituti tecnici e professionali”. La questione dell’offerta formativa ha che fare anche con il fenomeno dei Neet, circa 140 mila minorenni tra i 15 e i 17 anni che non studiando né lavorando rischiano di rimanere esclusi da qualsiasi opportunità di socializzazione, formazione e lavoro e di precipitare in una condizione di esclusione e povertà immateriale da cui è difficile riprendersi. Il 43,2% di essi vive al Sud e nelle isole, il 28,5% risiede nel Nord-Ovest, il 14,2% nel Nord-Est e il 14% al Centro. “Le forti differenze territoriali che si registrano anche rispetto alla quota di ragazzi che non studiano e non lavorano, rappresenta un’ulteriore spinta a investire sin da subito sul miglioramento degli standard qualitativi dell’offerta formativa e sul superamento delle disparità che ancora si registrano tra il Nord e il Sud del Paese”, chiude Garlatti.

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