“Narco-ecologia”. Il termine è nuovo in Brasile, dove è stato coniato dal ricercatore Aiala Colares Couto, docente di Geografia all’Università statale nello Stato del Pará (Uepa) che ha coordinato “Cartografias das violencias na região Amazônica”, l’inedita e dettagliata ricerca del Fórum Brasileiro de Segurança Pública e dell’istituto Mãe Crioula, che denuncia i crimini ambientali delle organizzazioni di narcotrafficanti in Amazzonia. Si va dalla deforestazione agli incendi, dall’accaparramento di terre pubbliche all’estrazione mineraria in terre indigene, fino al disboscamento illegale.

“La parola e il suo concetto sono nati quando iniziai a interessarmi ai legami dei narcotrafficanti con i crimini ambientali. Volevo indagare, soprattutto, lo sfruttamento legato al traffico di legnami e l’estrazione illegale di oro”, dichiara Colares a ilfattoquotidiano.it. “L’idea era quella di comprendere come il crimine organizzato evolve in altri tipi di delitto e, a partire da questo, rilevare come le organizzazioni costruiscono legami territoriali in aree sotto la tutela dello stato, come riserve ambientali, aree indigene e comunità quilombola. È emerso che le connessioni territoriali hanno indebolito l’immagine dello stato e rafforzato sempre più quella del narcotraffico”. Secondo lo studio, 22 gruppi criminali nazionali e stranieri operano in 178 dei 772 comuni della regione amazzonica. Che corrisponde a un quarto delle città, di cui 80 già soggette a scontri tra le diverse fazioni criminali.

La ricerca ha rivelato che il crimine organizzato colpisce circa il 60 per cento della popolazione nella devastata foresta pluviale brasiliana che, sempre più, ricorda la remota, ma vicina violenza delle ‘narco gang’ delle favelas di Rio de Janeiro. Il Comando Vermelho, Cv, la nota fazione carioca, è appunto una delle due grandi organizzazioni criminali provenienti dal Sudest brasiliano che, oltre a quelle regionali, si sono strutturate sempre di più nel territorio amazzonico. L’altra fazione è il Pcc, il Primeiro comando da capital, la potente organizzazione paulista che si estende anche oltre le frontiere brasiliane. Pcc e Cv, secondo Colares, agiscono in maniera simile nel tessuto sociale, dove applicano anche il pizzo, oltre a trafficare droga, oro, manganese e legnami.

Il trasferimento dei prigionieri da uno Stato all’altro del Brasile ha contribuito a mettere in contatto membri delle fazioni del Sudest con quelli dei gruppi regionali. “È stato un processo sviluppatosi nei penitenziari federali – spiega Colares – dove i leader delle fazioni dell’Amazzonia hanno creato legami coi detenuti dei gruppi criminali di São Paulo e Rio de Janeiro. Assieme a loro c’erano anche cercatori d’oro e trafficanti di legnami. Non c’è stata nessuna emigrazione di narcotrafficanti, c’è stata solo una trasformazione dei gruppi dell’Amazzonia in quelli del Sudest, che ne ha fatto una cosa sola”. Così il traffico di droga ricicla il denaro e agisce come partner e finanziatore del crimine ambientale. “Dietro tutto questo c’è un forte interesse economico. Lo sappiamo già, c’è una rete clandestina nel traffico illegale d’oro che parte dal Brasile, passa per la Guyana e raggiunge Miami, la Francia e l’Inghilterra. Esiste un enorme network internazionale che sovvenziona il contrabbando d’oro. Dove viene contrabbandato? A chi va? Tutto questo deve essere studiato, rivelato, giacché c’è una domanda alimentata dalla criminalità organizzata in Europa e negli Stati Uniti”, afferma Colares.

L’Amazzonia è una rotta strategica per il narcotraffico verso i ricchi mercati europei. La droga proviene da altri paesi confinanti con il Brasile, come Perù e Bolivia e, attraverso la foresta, raggiunge Porto de Vila do Conde a Barcarena, nello stato del Pará, diventato uno dei principali punti d’esportazione della cocaina, destinata principalmente all’Europa. In diversi sequestri avvenuti nel porto la droga era nascosta assieme a legname di contrabbando, così i gruppi criminali avrebbero potuto lucrare due volte, con la cocaina e col legno. Non è facile dominare una regione vasta come l’Amazzonia. “Sono aree remote dal centro del paese, la sicurezza pubblica non funziona debitamente, poiché è di difficile accesso”, conferma il docente. E la corruzione non aiuta. “Non c’è fedeltà allo Stato. Non si può immaginare il volume di ricorsi che queste attività illegali riescono a movimentare. Queste organizzazioni riescono a costruire piste di atterraggio illegali, comprare elicotteri, buldozer e costose attrezzature. Hanno il potere di corrompere chiunque”, dichiara commentando l’arresto di un tenente colonnello coinvolto in un piano per far trapelare informazioni su operazioni contro l’estrazione mineraria vicino al confine tra Brasile e Colombia.

“Si tratta di una ricerca molto delicata, non abbiamo ancora fatto uno studio che coinvolga tutta la politica istituzionale, ma abbiamo prove evidenti che in molte prefetture dello stato del Pará, il narcotraffico finanzia la campagna politica di consiglieri comunali e sindaci”, riferisce Colares. Secondo l’Ibge, in Brasile più di 10 milioni di giovani non studiano e lavorano, sedotti dai facili guadagni offerti dai narcotrafficanti, ma anche dalle milizie. “Abbiamo trovato – afferma il ricercatore – formazioni di gruppi para miliari che controllano aree minerarie che hanno recentemente attaccato agenti dello Stato e della Polizia federale”. E conclude: “I giovani sono coinvolti nel traffico minerario, ci sono conflitti tra popolazioni indigene e cercatori d’oro, tutto questo dimostra quanto siano complesse e difficili da affrontare questioni come lo sfruttamento a danno degli indigeni o dei quilombolas, la precarietà e la disuguaglianza sociale. Problemi non certo nati ieri, ma originati da un modello economico che non ha mai favorito la popolazione che invece avrebbe dovuto beneficiarne, in particolare i popoli della foresta”.