La parola “infodemia” festeggia 20 anni e si fa un regalo: un mondo dove la verità sembra sempre più sfuggente. Il termine indica un’epidemia di informazioni, cioè un sovraccarico di contenuti e dati in cui ci orientiamo a fatica. E questo tsunami digitale minaccia di travolgerci ancora nei prossimi anni.

Tecnologie come intelligenza artificiale, metaverso o blockchain, e fenomeni sociali come la transizione demografica e l’aumento di povertà e disuguaglianze, sono macro-forze di cambiamento già in atto oggi che produrranno impatti domani, con conseguenze anche per il giornalismo. Facciamo un esercizio, proiettiamo il nostro pensiero avanti di 20 anni: come ci informeremo?

Scenari di opportunità: l’utopia dell’informazione personalizzata

Immaginiamo un futuro in cui il giornalismo fornisce notizie fresche e accurate, mentre dedichiamo il nostro tempo a comprenderle e riflettere, non a “bonificarle” (debunking, fact-checking ecc). Pensiamo a un’informazione personalizzata, in cui sono le notizie a venire da noi, accompagnate dall’opportunità di conversare direttamente con chi le produce.

L’intelligenza artificiale può diventare un maggiordomo digitale che ci serve le notizie di interesse. Non più richieste confuse sui motori di ricerca, ma flussi di informazioni verificate: un fiume cristallino in un paesaggio di dati inquinati. Nuove piattaforme di fact-checking decentralizzate, alimentate da blockchain, possono diventare nuovi paladini della trasparenza e combattere le fake news con il potere della comunità. La verità può emergere non da un singolo ente, ma dal confronto collettivo (una sorta di Wikipedia “sotto steroidi”).

Nel futuro ideale l’educazione mediatica non è più un optional, ma il fulcro nel curriculum di ogni studente. Nelle classi i giovani imparano a riconoscere le stelle nella notte, “studiando” le fonti in modi innovativi. In questo scenario, l’informazione non è solo un diritto ma un’esperienza immersiva che stimola mente e anima.

Scenari critici: la distopia dell’overload informativo

Il futuro ha tanti colori, può essere roseo ma con qualche area grigia. Infatti la sovrabbondanza di informazioni può trasformarsi in incubo. Deep-fake sofisticati possono incrinare persino le nostre convinzioni più radicate. Gli stessi algoritmi di personalizzazione, nati per liberarci dal rumore di fondo delle informazioni irrilevanti, possono intrappolarci in bolle informative, “echo chambers” dove l’unica eco è quella delle nostre stesse opinioni.

Le grandi piattaforme d’informazione possono plasmare l’opinione pubblica. La manipolazione ai tempi dell’intelligenza artificiale può diventare un’arte infallibile, e ridurre noi poveri utenti a consumare notizie come patatine. Notizie personalizzate non solo per i nostri gusti, ma anche per i nostri pregiudizi.

Transizioni possibili: verso un’informazione “socializzata”

Per muoverci tra questi scenari e capire che futuro vogliamo, e come realizzarlo, dobbiamo prepararci. Serve allenare la nostra immaginazione per renderla “strategica”. Come? Assumendo che il futuro non è scritto e non è uno soltanto, ma è aperto a scenari diversi. Esplorando le possibilità possiamo scegliere ciò che preferiamo e iniziare a determinarlo. Per evitare che l’informazione “su misura” diventi anche “camicia di forza” dovremo curare la nostra dieta informativa perché sia equilibrata, e non un fast food per la mente.

Ancor prima di imparare a leggere le notizie, servirà imparare a discuterne con gli altri. Il futuro dell’informazione non è solo tecnologia ma anche confronto. E dissenso e dibattito sono il sale della democrazia. Pensiamoci come futuri “sommelier” dell’informazione, capaci di distinguere le sfumature di realtà in un calice di notizie. Fin dalla scuola dovremo imparare come raccogliere, valutare, produrre e trasmettere noi stessi informazione.

Ogni giorno facciamo scelte che plasmano questo futuro: le notizie che leggiamo, le app che scarichiamo, le conversazioni che abbiamo. Ricordiamoci di ridere di fronte all’assurdo, di interrogare l’ovvio e di abbracciare l’incertezza: il futuro non esiste, ma può essere immaginato.

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