L’“operazione H” va avanti. Grazie anche alle risorse dirottate a livello comunitario verso l’idrogeno (45 miliardi), Toyota – uno dei pionieri delle tecnologie a celle a combustibile, tanto che qualche anno fa aveva messo gratuitamente a disposizione migliaia di brevetti dedicati – ha accelerato sul progetto del pick-up a celle a combustibile.

Si tratta dell’Hilux H2 del quale, nell’ambito di un consorzio britannico guidato dalla stessa Toyota, verranno inizialmente prodotti 10 esemplari destinati ai test: quelli già assemblati sono già stati affidati ad alcuni potenziali clienti che li impiegano per le proprie attività e forniscono dati e riscontri al costruttore.

L’autonomia massima supera i 600 chilometri grazie a tre serbatoi per un totale di 7,8 litri di combustibile. Il peso è leggermente superiore a quello di un modello ad alimentazione convenzionale, ma significativamente inferiore a quello di uno elettrico. Il pick-up a emissioni zero (il residuo del processo è vapore acqueo) monta un motore da 172 Cv con 300 Nm di coppia con una velocità massima su strada attualmente limitata a 120 orari, ma nelle prove sono stati superati anche i 150.

A meno di una settimana dalla chiusura di Solutrans, il salone francese (si tiene a Lione) riservato ai veicoli commerciali leggeri e pesanti e alla sua filiera, Toyota ha poi esibito a Bruxelles il modello che ancora non aveva in gamma. Si tratta del ProAce Max, il large van (i furgoni di taglia grande valgono il 31% del mercato) nato dalla collaborazione con Stellantis. IIn Belgio è stata presentata la declinazione elettrica, ma in gamma ci sono declinazioni a gasolio. Con l’espansione dell’offerta, nel medio termine il colosso nipponico conta di entrare nella Top 6 continentale nel segmento degli LCV puntando a una penetrazione del 7% per un totale di 180.000 immatricolazioni l’anno.

Le specifiche tecniche del ProAce Max sono sovrapponibili a quelle dei modelli Stellantis: fino a 17 mc di volume di carico (anche per l’elettrico), fino a 1.500 di capacità di carico (solo per l’elettrico), fino a 420 chilometri di autonomia e meno di 200 g/km di emissioni di CO2 per la declinazione diesel. Gli altri due commerciali leggeri, il ProAce e il ProAce City, già dispongono delle versioni a batteria e sono stati aggiornati, anche esteticamente. Come gli altri costruttori, Toyota corteggia i clienti del segmento con una gamma di servizi completi che ruoteranno attorno ai Professional Centre (un miliardo di investimenti), che in Europa entro il 2025 diventeranno 500. Per ridurre i tempi di “fermo macchina” e tenere alta la redditività dei veicoli, Toyota vuole “schierare” due tecnici per ciascun mezzo.

L’idrogeno è un’opzione che Toyota valuta seriamente per i veicoli commerciali, leggeri e pesanti: la controllata Hino fabbrica mezzi industriali e ha già esibito un prototipo Fuel Cell. In Australia è cominciata la sperimentazione di un HiAce a celle a combustibile, mentre per contribuire alla decarbonizzazione della propria logistica, la filiale europea del colosso nipponico impiega camion con la medesima tecnologia frutto della collaborazione tra la francese Hyliko e l’olandese VDL.

Toyota stima che con volumi di sistemi a idrogeno attorno alle 200.000 unità l’anno il costo potrà scendere del 50%: se, come e semmai quando questo possa venire scaricato anche sui clienti non è ancora dato sapere. In ogni caso in Europa serve una adeguata infrastruttura distributiva: lo stesso costruttore ricorda che per le stazioni di rifornimento di idrogeno l’UE ha stanziato 284 milioni di euro.

Articolo Precedente

Volvo Powerstop, inaugurato il secondo punto di ricarica fast per auto elettriche a Roma

next