Nessuna novità, almeno per il momento. Il primo nodo da sciogliere al tavolo sull’automotive – convocato dal ministro delle Imprese, Adolfo Urso, con Stellantis, sindacati, Regioni e Anfia – è rimasto lì, irrisolto. Anche se il ministro esulta perché l’azienda franco-italiana, sostiene, ha confermato l’obiettivo di produrre 1 milione di autoveicoli in Italia, i rappresentanti di Fiom e Uilm non sono ottimisti. “Siamo entrati con una domanda: Stellantis ha intenzione di fare investimenti o chiudere gli stabilimenti? Non hanno ancora risposto”, ha detto il segretario dei metalmeccanici Cgil, Michele De Palma.

“Tutti i lavoratori di tutti gli stabilimenti sono ancora in cassa integrazione – ha ricordato – Ci sono modelli che garantiscono l’occupazione? Dal 2011 abbiamo perso 11.500 lavoratori negli stabilimenti Stellantis”. Dicendosi favorevole a un accordo “anche con risorse pubbliche”, De Palma ha però puntualizzato: “Ma Stellantis deve mettere soldi e garantire occupazione, ricerca e sviluppo. E smettano di fare pubblicità ingannevole, come con la 600: negli spot c’è la bandiera italiana, ma non si produce qui”. La vettura, infatti, sarà sfornata a Tichy, in Polonia. E all’estero, si è appreso negli scorsi giorni, verrà prodotta anche la nuova Panda con motorizzazione elettrica.

Critico anche il leader della Uilm, Rocco Palombella: “Il piano di produrre 1 milione di veicoli è ambizioso ma abbiamo chiesto come si concilia con la cig e la prospettiva degli stabilimenti. Su questo nessuno ci ha risposto”. Definendo “positivo” che il tavolo si sia insediato, Palombella ha aggiunto: “Ora bisogna verificare le posizioni di Stellantis sulle auto e soprattutto sulla transizione, come incide sulla componentistica e sulle aziende terze. Questo sarà affrontato con 5 tavoli”. Ma – evidenzia – “la domanda è con quale acciaio faremo auto? Con quello italiano o straniero? Spero che tra poche ore il governo assuma una posizione radicale: Mittal non può più dirigere la siderurgia italiana”. Un chiaro riferimento alla possibilità che l’assemblea di Acciaierie Italiane, partecipata da Invitalia, finisca con un nulla di fatto spalancando le forte al commissariamento dell’ex Ilva.

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