“Io insegno diritto costituzionale all’università e a lezione spiego ai miei studenti che l’antifascismo è un valore costituzionale. Quello che stavano facendo i ragazzi e le ragazze ieri a Torino era un presidio antifascista e dunque stava tutelando un valore costituzionale ma sono stati caricati a freddo dalla polizia“. Alessandra Algostino, giurista, è una delle due docenti universitarie che martedì pomeriggio è stata colpita dalle cariche delle forze dell’ordine nel corso di un presidio studentesco contro il volantinaggio del gruppo di estrema destra del Fuan. Tornata a casa dall’ospedale con sette giorni di prognosi, al telefono con ilfattoquotidiano.it si dice ancora “scossa e indignata” per quello è accaduto.

Professoressa, che cosa è successo?
Nel pomeriggio di ieri, nei pressi del campus universitario Luigi Einaudi, sono arrivate tre, quattro camionette della polizia, saranno stati una cinquantina di agenti in tenuta antisommossa che “scortavano” cinque o sei studenti del Fuan che dovevano fare un volantinaggio. Dall’altro lato si sono radunati almeno un centinaio di studenti e studentesse antifasciste, le forze dell’ordine si sono messe in mezzo e ne è nato un fronteggiamento durato almeno un’ora.

Che cosa ha fatto lei?
Quando siamo arrivate con la mia collega ci siamo subito messe tra la polizia e lo striscione degli studenti antifascisti per garantire che tutto si svolgesse senza scontri e senza violenze. E per garantire il diritto alla contestazione degli studenti antifascisti. Quello era il nostro spirito.

E poi?
Dopo più di un’ora di fronteggiamento, i militanti del Fuan si sono allontanati scortati dalla dirigente della piazza e da altri poliziotti. E a quel punto, quando tutto sembrava finito e con la mia collega stavamo commentando che potevamo tornare in università, è partita la carica che ci ha colpito.

È stata una carica a freddo?
Sì, il Fuan era andato via. I ragazzi avevano appena finito di cantare Bella Ciao. Con la mia collega eravamo tra lo striscione e gli scudi, dunque se la spinta fosse partita dai ragazzi ce ne saremmo accorte. Ma così non è stato. Abbiamo sentito gli scudi e i manganelli della polizia su di noi. Siamo dovute andare al pronto soccorso e abbiamo avuto sette giorni di prognosi, ma ad una studentessa è andata peggio, ha il braccio rotto.

È la prima volta che accade una cosa simile?
Purtroppo no. Già il 27 ottobre io e i miei colleghi avevamo visto la polizia in tenuta antisommossa che era entrata dentro al campus salendo le scale e attraversando i corridoi dove si affacciano le aule. E c’erano state cariche contro gli studenti che protestavano per un incontro del Fuan.

L’università ha rilasciato una nota dove vi esprime solidarietà.
Ci fa piacere ma negli altri episodi non è successo. Il caso di ieri ha sollevato l’indignazione perché siamo state colpite noi docenti. Ma voglio sottolineare che l’indignazione dovrebbe scattare in ogni caso. Una testa colpita a sproposito è una testa colpita a sproposito in ogni caso. Non importa se sia di uno studente o di un docente.

Che cosa chiedete adesso?
Vorremmo che il rettore chiedesse spiegazioni alla Questura per le violenze che ci sono state. Ma questo non è ancora successo.

Che cosa vi preoccupa maggiormente?
Quanto è successo si inserisce in una progressiva deriva autoritaria segnata dall’adozione di nuovi schemi di decreti in materia di sicurezza. Vedo un clima complessivo preoccupante con una crescente criminalizzazione e repressione del dissenso, l’introduzione di nuove fattispecie penali. Potremmo chiamarlo un populismo penale che colpisce non solo il dissenso ma anche l’emarginazione sociale, si pensi ai decreti Caivano. La nostra è una democrazia, pluralista e conflittuale e noi vorremmo che rimanesse tale.

Quando tornerà a lezione come spiegherà quello che è accaduto ai suoi studenti?
Farò come sempre ho fatto. Da docente di diritto costituzionale, farò una discussione insieme a loro a partire da quelli che sono principi diritti e valori costituzionali. Bisogna mantenere salda e ferma la cultura della Costituzione all’interno della quale si afferma il diritto di protesta, di contestazione e ovviamente il valore delll’antifascismo.

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