Un fiume in piena, senza filtri: è la sua verità, certamente è un attacco frontale all’attuale dirigenza del Milan. Dopo sei mesi di silenzio, Paolo Maldini parla per la prima volta da quando è stato cacciato dal club rossonero, per mano del patron Gerry Cardinale e dell’amministratore delegato Giorgio Furlani. In una lunga intervista a Repubblica svela dettagli e retroscena che possono far male, in particolare su alcuni giocatori che ancora vestono la maglia del Milan, come Rafa Leao e Theo Hernandez. Ma anche sulla gestione del tecnico Stefano Pioli e sui reali obiettivi della società che – stando al racconto di Maldini – gli aveva chiesto di arrivare a vincere la Champions League.

“Ci sono persone di passaggio, senza un reale rispetto di identità e storia del Milan. E ce ne sono altre legate ai suoi ideali. Converrebbe tenersele strette”, dice Maldini. “Credo che la decisione di licenziarci”, prosegue riferendosi anche al ds Frederic Massara, “fosse stata presa mesi prima e c’era chi lo sapeva. Il contratto, due anni con opzione di rinnovo, mi era stato fatto il 30 giugno 2022 alle 22: troppo impopolare mandarci via dopo lo scudetto“. Sulla separazione dai rossoneri osserva che “se il club è stato venduto a 1.2 miliardi e la nuova proprietà vuole cambiare, ne ha il diritto. Ma vanno rispettati persone e ruoli. Ho dovuto trovare un accordo per i miei diritti. L’amore per il Milan rimane incondizionato“. Poi subito un’altra frecciatina: “L’informazione non viene indirizzata verso la verità: chi dice il contrario sa di mentire a se stesso. Per fortuna mi pare che il pubblico non si faccia condizionare”.

“Niente di più lontano dal vero che io e il ds Massara non condividessimo obiettivi e strategie. Mai avuto, né voluto, potere di firma: nemmeno per i prestiti. Ogni acquisto era avallato da Ceo e proprietà. I giocatori li abbiamo scelti noi, a volte spariva il budget. È normale a volte l’interferenza nelle scelte sportive, che spostano equilibri finanziari. È ingiusta l’accusa di non averle condivise”, prosegue Maldini. “Il Milan merita un presidente che ne faccia solo gli interessi e dirigenti che non lascino la squadra sola“, aggiunge ancora l’ex capitano del Milan. E qui arriva anche l’attacco al presidente Paolo Scaroni: “Lui non ha mai chiesto se serviva incoraggiamento a giocatori e gruppo di lavoro”. E ancora: “L’ho visto spesso andare via quando gli avversari pareggiavano o passavano in vantaggio, magari solo per non trovare traffico, ma puntualissimo in prima fila per lo scudetto. Ho un concetto diverso di condivisione e di gruppo. Posso dire lo stesso anche rispetto ai due Ceo, Gazidis e Furlani“.

Maldini ne ha per tutti, ovviamente non risparmia nemmeno Gerry Cardinale, che chiedeva “di vincere la Champions”. “Spiegai che serviva un piano triennale. Da ottobre a febbraio l’ho preparato con Massara e con un mio amico consulente: 35 pagine di strategia sostenibile e necessità del salto di qualità, mandate a Gerry, a due suoi collaboratori molto stretti e all’ad Furlani”. Risposte? “Nessuna“. “A prescindere da come è finita, io sono contento per il Milan e i suoi tifosi per almeno due cose: il budget di spesa sul mercato, dopo la nostra partenza, è finalmente raddoppiato, al netto cioè della cessione di Tonali, e il monte ingaggi è finalmente cresciuto, in linea con il piano che avevamo inviato. Il nostro documento strategico deve essere diventato improvvisamente fonte di ispirazione”, il pensiero di Maldini.

Che entra anche nel vivo delle scelte di mercato: “Su 35 acquisti ci contestano De Ketelaere, che aveva 21 anni. Se si scelgono ragazzi di quell’età, la percentuale d’insuccesso è più alta. Vanno aspettati, aiutati, coccolati, ripresi. D’altronde, dopo tre mesi di lavoro, Boban e Massara ed io fummo chiamati a Londra da proprietà e Ceo e praticamente delegittimati: i vari Leao, Bennacer e Theo non piacevano“. Anche su Sandro Tonali, Maldini ricorda: “Dovemmo discutere animatamente con Ceo e proprietà: nessuno di loro voleva comprarlo, neanche l’area scouting”. Maldini rivendica anche i risultati ottenuti sotto la sua gestione: ““Nel 2018-19 avevamo una squadra avanti con gli anni e poco performante. Alla fine della stagione scorsa contavamo tre partecipazioni di fila alla Champions, uno scudetto vinto dopo 11 anni, una semifinale di Champions dopo 16 e un bilancio in positivo dopo 17″.

Guardando invece alla situazione attuale e alle difficoltà di Stefano Pioli, Maldini non nega di aver avuto incontri con altri allenatori nella passata stagione: “Il ruolo di responsabile dell’area tecnica nel settore sportivo impone di avere incontri e confronti frequenti”. Ma allo stesso tempo difende il tecnico: “Andrebbe ringraziato sempre dai tifosi milanisti, il suo lavoro è stato fondamentale per la crescita dei giovani calciatori. Vorrei ricordare però che l’allenatore è una tra le persone più sole del mondo del calcio. Dargli compiti che esulano dai suoi lo renderà sempre più solo, se non verrà supportato”. Di fatto, un’altra frecciatina alla società. Il ragionamento generale di Maldini è più ampio, come esplicita in un altro passaggio della sua intervista: “Chi pensa che il lavoro dell’area sportiva sia solamente quello di fare mercato sbaglia tutto: allenatori, calciatori e staff hanno bisogno di supporto continuo. Spesso si scommette solo sul talento senza sapere come svilupparlo, gli esempi più lampanti sono Chelsea e Manchester United: grandissimi investimenti sul mercato e gestione insufficiente portano a risultati molto scadenti“.

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