Giulia Cecchettin è morta subito dopo la seconda aggressione di Filippo Turetta, avvenuta nella strada della zona industriale di Fossò. Secondo le prime indiscrezioni dell’autopsia in corso da più di cinque ore alla Uoc di Anatomia Patologia dell’università di Padova, quando la ragazza è stata trascinata dal suo omicida sulle sponde del lago di Barcis, in provincia di Pordenone, era senza vita. La prima aggressione era avvenuta Turetta avrebbe nel parcheggio di via Aldo Moro a Vigonovo, poco distante da casa della ragazza.

Nel corso dell’autopsia, sempre stando alle indiscrezioni, sono stati poi rilevati i segni di più di 20 coltellate, molte delle quali profonde diversi centimetri. Proprio una di queste, è l’ipotesi, ha provocato la rottura della vena aorta. Il decesso della ragazza, secondo quanto è emerso dall’autopsia, è stato causato quindi da un emorragia. Fondamentale sarà poi cercare di accertare, se siano presenti ferite di altra natura, da calci o pugni. E se Turetta abbia infierito su Cecchettin quando lei era ancora viva. Ciò potrebbe portare la Procura a contestare l’aggravante della crudeltà. Fondamentale stabile anche l’arco temporale, cioè se Giulia è morta verso le 23.40, quando le telecamere della zona industriale di Fossò hanno ripreso l’ultima fase della aggressione, o se era ancora viva quando è stata caricata in macchina prima della fuga di Turetta. Durante l’esame autoptico sono stati effettati, oltre agli esami ematici, anche quelli radiologici come la Tac.

Per cristallizzare le evidenze dell’esame medico, effettuato dal perito medico legale incaricato dalla procura di Venezia Guido Viel dell’equipe medica del professor Angelo Paolo Dei Tos, responsabile della UOC di Anatomia Patologica dell’Università di Padova, nella relazione medico legale, bisognerà collegare ai dati scientifici gli elementi che sono emersi dalle immagini delle telecamere, come gli orari e le date, che hanno immortalato alcune scene dell’aggressione e della fuga della Fiat Grande Punto di Filippo Turetta. La macchina utilizzata per trasportare il corpo e per la fuga, prima in Austria e poi in Germania, arriverà in Italia domani. All’esame autoptico hanno partecipato anche i consulenti di parte della famiglia Cecchettin, Stefano D’Errico e Stefano Vanin e quello della difesa di Turetta, la dottoressa Monica Cucci.

A 100 km di distanza, Filippo Turetta nel carcere di Verona ha deciso in un interrogatorio fiume durato più di 5 ore di fornire la propria versione dei fatti su quello che è successo la sera dell’11 novembre, davanti al pm di Venezia, Andrea Petroni. La procura di Venezia solo dopo i risultati definitivi dell’autopsia sul corpo della studentessa potrebbe aggiungere l’aggravante della crudeltà nel capo d’accusa contestato, così come quella della premeditazione. Per Filippo Turetta ad oggi l’accusa contestata è quella di sequestro di persona, omicidio volontario aggravato e occultamento di cadavere.

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