Una doppia fuga di notizie avrebbe inciso sulle indagini sulla presunta Loggia Ungheria: quella provocata dalla consegna del pm Paolo Storari all’ex consigliere del Csm Piercamillo Davigo e quella della stampa. L’ex consulente legale esterno di Eni, Piero Amara, ha reso in sintesi queste dichiarazioni spontanee davanti al giudice per l’udienza preliminare di Milano, Guido Salvini, che martedì prossimo dovrà decidere se mandarlo o meno a processo con l’accusa di aver calunniato una schiera di esponenti del mondo della politica, della magistratura, delle forze dell’ordine e dell’imprenditoria insieme al suo ex collaboratore coimputato Giuseppe Calafiore.

Ma se è vero che il pubblico ministero di Milano consegnò i suoi verbali a Davigo (entrambi sono stati processati con esiti diversi, ndr), i giornalisti a cui fu recapitata la busta con le dichiarazioni, non pubblicarono nulla perché era evidente che i verbali non erano stati depositati o a disposizioni delle parti. Anzi erano stati secretati. In particolare il cronista del Fatto Quotidiano, Antonio Massari, si rivolse alla magistratura. Un’inchiesta sui verbali arrivati ai giornalisti fu aperta a Roma e l’ex segretaria di Davigo prosciolta per non aver commesso il fatto.

Nel luglio del 2022 c’è stata la chiusura con un’archiviazione a Perugia del fascicolo sulla presunta loggia proprio perché le dichiarazioni di Amara, con alle spalle già un patteggiamento per corruzione in atti giudiziari, non avevano trovato riscontri. Ma allo stesso tempo i racconti Amara su un gruppo segreto formato da politici, magistrati e personaggi pubblici ai riguardavano persone in carne e ossa. E così con l’accusa di calunnia e autocalunnia la Procura di Milano, lo scorso maggio, aveva chiuso le indagini nel confronti di Amara e del suo ex collaboratore Giuseppe Calafiore.

Le presunte rivelazioni di Amara hanno portato uno sconquasso senza precedenti nella procura di Milano, tra fughe di notizie, veleni e anche un processo a Brescia, in cui è stato assolto con il rito abbreviato anche in appello il pm ed è stato condannato in primo grado l’ex consigliere del Csm Piercamillo Davigo. Quest’ultimo aveva appunto ricevuto i verbali da Paolo Storari, il pm milanese che aveva ascoltato Amara e che lamentava una presunta inerzia da parte del suo superiore, l’allora procuratore capo Francesco Greco, nell’avviare le indagini, per cui è arrivata una archiviazione.

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