Bastonate nei piedi, in modo tale che si rompesse la pianta, ma anche alla schiena con pali di ferro e di legno. Poi elettrodi attaccati al corpo per le scariche elettriche, unghie strappate via. Sono alcune delle torture subite da Musinange, uno dei minori a bordo della Open Arms nell’agosto del 2019 e riferite dalla tutrice del ragazzo Rosalba Buglio e dallo psicologo dell’Asp Sebastiano Vinci, entrambi sentiti come testi al processo in corso a Palermo contro Matteo Salvini. Il ministro è imputato di sequestro di persona e rifiuto d’atti d’ufficio per i fatti risalenti all’agosto del 2019, quando era ministro degli Interni e alla nave della Ong spagnola Open Arms che salvò 157 persone dal naufragio venne impedito per 20 giorni di entrare in acque italiane. Il leader della Lega era assente nell’aula bunker dell’Ucciardone, così come la sua legale Giulia Bongiorno.

Secondo quanto hanno riferito la tutrice e lo psicologo Musaninge è partito all’età di 13 anni assieme allo zio ed è rimasto in Libia per 3 anni, prima con lo zio, poi completamente solo. Dopo due anni in Libia, lo zio ha deciso di imbarcarsi per primo verso l’Italia ma è morto durante la traversata. Il ragazzo è rimasto ancora un anno in Libia completamente solo e rinchiuso in una piccola cella insieme ad altri ragazzi, come ha raccontato Vinci, che lo ha avuto in cura: “Stavano in una piccola stanza con nessun ricambio d’aria – ha raccontato lo psicologo in aula – Erano talmente tanti che non si poteva neanche mettersi a terra. In queste condizioni e con questa vicinanza ha visto morire altri ragazzi rinchiusi assieme a lui per le torture subite. Anche lui ha subito queste torture, bastonate ai piedi e segni degli elettrodi nei polsi: tutto confermato dal medico legale”. Traumi che avevano rallentato le capacità cognitive del ragazzo: “Aveva difficoltà nel linguaggio, sguardo assente, condizioni che mi preoccuparono”, ha raccontato anche la tutrice. “Non era facile per lui parlare di quello che aveva vissuto, non senza rischiare una riacutizzazione dei traumi subiti. Aveva gravi difficoltà a dormire ed è riuscito a raccontare di avere avuto bastonate alla schiena sia con mazze di legno che di ferro, aveva i segni delle ustioni provocate dagli elettrodi poi verificate dal medico legale”. Queste erano le condizioni di Musa a soli 16 anni (età confermata dal certificato di nascita regolare), quando si è messo in viaggio da solo su un gommone verso l’Italia. “Ha raccontato che ci sono stati problemi di navigazione e sono stati salvati dalla Ong”, ha raccontato Buglio. Poi sono rimasti bloccati per giorni in alto mare, finché il procuratore di Agrigento, Luigi Patronaggio, sbloccò la situazione disponendo il sequestro dell’imbarcazione che a quel punto potette approdare a Lampedusa. Durante l’udienza di oggi è stato sentito anche Gianfranco Zanna, responsabile di Legambiente Sicilia, all’epoca dei fatti. Altri testi di parte civile saranno sentiti l’1 dicembre e il 12 gennaio data in cui è prevista la testimonianza dell’imputato, ovvero di Matteo Salvini.

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