Un post pubblicato a poche ore dal ritrovamento del cadavere di Giulia Cecchettin. Il testo riprende gli ultimi versi della poesia di Cristina Torres Caceres, attivista peruviana, dedicata a tutte le vittime di femminicidio in America Latina, che soprattutto dopo la morte di Giulia sta rimbalzando sui social: “Se domani sono io, se domani non torno, mamma, distruggi tutto. Se domani tocca a me, voglio essere l’ultima”. A postarlo domenica scorsa è stato l’account ufficiale della Polizia di Stato per ricordare “l’importanza di essere uniti nel combattere la violenza sulle donne”, si legge nel post che viene chiuso con l’hashtag “#essercisempre”.

La reazione però è stata tutt’altro che positiva. Niente raffica di like ma una valanga di commenti molto polemici contro le forza dell’ordine. Tante raccontano le loro vicende personali e la poca empatia e l’incomprensione riscontrate nelle caserme da chi ha denunciato violenze o atti persecutori. “Da voi mi è stato detto ‘Signorina è normale litigare‘. Non era normale, ed era davanti ai vostri occhi”, scrive Valentina. “Ma se mi avete presa in giro quando ho detto che mi seguivano e molestavano sotto casa?”, commenta Emanuela. “Mentre mio padre stava picchiando mia madre siete rimasti dietro la porta di casa e non siete mai intervenuti, ‘tanto dopo ha smesso'”, scrive Donya. “Quando sono stata picchiata alle 20.30 di una sera di dicembre mi avete chiesto se mi sembrava il caso di passeggiare sola per le strade buie”, aggiunge Francesca.

I commenti sono centinaia, quasi tutti dello stesso tenore. Tanto che, secondo le denunce in rete, il post è stato temporaneamente disattivato. La Polizia di Stato però smentisce categoricamente di aver cancellato alcuni degli oltre 6.500 messaggi al momento visibili sotto il post. I messaggi, assicurano, sono tutti lì dal 19 novembre. Quantomeno quelli che non violano la policy perché contengono parole volgari. Tra le tante testimonianze e le critiche c’è chi, come Camilla chiede maggiore “formazione psicologica specifica su trauma e violenza di genere” per gli agenti. Proprio le tante voci che stanno emergendo, dimostrano la necessità di lavorare sul miglioramento della presa in carico e sulla formazione di chi deve intervenire. Denunciare abusi e violenze alle autorità è fondamentale, così come rivolgersi ai centri e alle associazioni impegnate contro la violenza sulle donne anche chiamando il 1522, il numero unico antiviolenza e stalking. Fondamentale è anche che chi accoglie la richiesta d’aiuto, sappia riconoscere le forme di violenza e possa intervenire tempestivamente.

“La morte di Giulia Cecchettin ha turbato tutti, lei era la ragazza della porta accanto e la sua tragica fine ha suscitato forti sentimenti di rabbia, dolore e sì, anche sfiducia. Bene fare rumore, ma facciamo attenzione al bersaglio”, ha dichiarato nel pomeriggio a LaPresse il prefetto Vittorio Rizzi, vice direttore generale del Dipartimento della Pubblica Sicurezza, Direttore Centrale della Polizia Criminale. “Le nostre iniziative contro la violenza di genere sono note da decenni e in alcuni casi sono state pionieristiche e hanno addirittura anticipato l’entrata in vigore delle leggi. Ed è anche merito della ‘femminilizzazione‘ della Polizia di Stato che su certi temi ha portato maggiore consapevolezza negli uomini. Abbiamo fatto tante cose in questi anni, ma Giulia è morta. Il dolore è troppo forte”, ha aggiunto Rizzi. “La rabbia talvolta si trasforma in sfiducia nei confronti delle istituzioni, ma i messaggi non sono stati cancellati”, ha assicurato il prefetto.

“Qualunque dolore, da quello fisico a quello del cuore, merita rispetto e comprensione. Ma poi va oggettivizzato e gestito. Questo fa parte della professionalità, ma non significa sottovalutarlo. Questo sarebbe l’errore più grande. Il nostro approccio è estremamente tecnico e professionale. Può succedere che talvolta non sia così, ma sono casi isolati“, ha spiegato Rizzi, definendo quanto sta accadendo “una reazione forte dinnanzi ad una morte ingiusta. Un qualcosa di addirittura nobile, perché chi si indigna non rimane indifferente. E noi siamo pronti ad ascoltare la voce dell’indignazione“, ha assicurato ancora Rizzi, sottolineando che “da anni formiamo il personale nel gestire queste situazioni e, anche qualora vi fosse stata qualche sbavatura, nel tempo non vi sarà più. L’azione sistemica che facciamo è così forte, robusta e strutturata che questi episodi non possono che essere marginali”. “Si vuole fare rumore? La trovo una cosa giusta per richiamare l’attenzione sul tema. Ma, ripeto, attenzione al bersaglio: deve essere chi commette abusi non le donne e gli uomini in divisa che lavorano ogni giorno per fermarlo”, ha evidenziato Rizzi.

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