Da una parte un coltello spezzato nel luogo in cui, presumibilmente, è stata uccisa Giulia; poi sul pc di Filippo (sequestrato) la ricerca di kit di sopravvivenza ad alta quota. Dall’altra la sua auto ferma in autostrada, impossibilitata a proseguire la marcia perché era finita la benzina e non aveva altri soldi per fare rifornimento. Sono tanti e contraddittori gli elementi che dovrà esaminare chi indaga per capire se Filippo Turetta avesse premeditato o meno l’assassinio di Giulia Cecchettin e la successiva fuga.

In tal senso, l’ultima novità è il ritrovamento di una lama spezzata tra i reperti raccolti nella zona industriale di Fossò, in provincia di Venezia, dove Filippo Turetta, sabato notte 11 novembre, ha aggredito l’ex fidanzata, come testimoniato dalle immagini di una telecamera di videosorveglianza. Il coltello, che potrebbe anche non essere quello usato dal 22enne per colpire la ragazza, era stato trovato subito dagli investigatori, nella prima fase delle indagini, ma del fatto si è appreso solo oggi. Se invece fosse confermato che si tratta dell’arma usata dal 22enne per uccidere la ragazza si tratterebbe di un indizio importante a suo carico: andare a un appuntamento armato di coltello non è esattamente sintomo di intenzioni pacifiche. In più, secondo quanto scrive il Corriere della Sera, analizzando la cronologia del computer di Turetta sequestrato dagli inquirenti, sono emerse ricerche su kit per la sopravvivenza in alta quota.

Dagli accertamenti effettuati sul pc, inoltre, è spuntata anche una ricerca su itinerari nel versante tirolese meridionale dell’Austria. Tra il materiale sequestrato a casa di Turetta c’è anche del nastro adesivo: è da capire se si tratti dello stesso materiale che figura tra i reperti trovati nel parcheggio di Fossò, teatro della lite violenta con Giulia. E ancora: secondo le ultime ricostruzioni, al momento del ritrovamento il cadavere della ragazza era seminascosto sotto alcuni sacchi neri. Impossibile pensare che Turetta li avesse trovati sul posto: logica vuole che il ragazzo li avesse in auto. Li aveva portati (quindi preparati) appositamente oppure li aveva nella sua Fiat Grande Punto già da prima del raptus omicida? Una domanda dalla cui risposta passa il concetto stesso della premeditazione.

Il coltello, i sacchi neri, le ricerche sul pc. Ma anche la dinamica dell’arresto, che sembra raccontare una storia molto diversa. Filippo Turetta è stato fermato dalla polizia stradale tedesca perché la sua auto era ferma ai bordi dell’autostrada con le luci spente. Il motivo? Era finito il carburante e il ragazzo non aveva soldi per effettuare il rifornimento. Una circostanza, quella della fuga senza le risorse necessarie per supportare una lunga latitanza, che era stata già sottolineata dal legale del giovane, il quale non ha mai creduto alla premeditazione dell’omicidio e, quindi, all’ipotesi di una fuga organizzata. Il serbatoio a secco potrebbe confermare questa teoria, al pari dell’itinerario non lineare seguito dal ragazzo nella sua settimana di fuga in auto tra Italia, Austria e Germania.

In tal senso, tutto da valutare anche un altro dettaglio di questa vicenda. Durante la sua corsa per le valli montane, Turetta di certo si è fermato a Cortina d’Ampezzo: qui ha fatto rifornimento di carburante in un distributore automatico. Dopo qualche giorno, il gestore della stazione di servizio ha recuperato i soldi dalla colonnina del self service e ha scoperto che tra le banconote ce ne era una da 20 euro con evidenti tracce di sangue. Se le analisi confermeranno che è stata usata da Turetta, si tratterebbe di una leggerezza enorme nel tentativo di far perdere le tracce.

Chi dovrà decidere sulle aggravanti – Ad ogni modo toccherà alle procure della Repubblica di Venezia e Pordenone (la cui competenza verrà chiarita dalla ricostruzione di dove sia avvenuto l’omicidio) valutare l’inserimento delle aggravanti specifiche al capo d’accusa di omicidio contestato a Turetta. L’autopsia, insieme ai rilievi scientifici sull’automobile, forniranno elementi utili alla ricostruzione della dinamica. Insieme a Turetta, dichiarato in stato di fermo dalle autorità tedesche, rientrerà anche in Italia la Fiat Grande Punto nera usata per la rocambolesca fuga all’estero. La polizia tedesca ha sequestrato anche l’autovettura sulla quale dovranno essere effettuati i rilievi di polizia scientifica dai carabinieri delegati all’indagine. Un’auto che potrà dare risposte, al pari di un’eventuale confessione.

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