Il confronto televisivo tra i candidati alla presidenza in Argentina è stato stravinto da Sergio Massa. Il giudizio è di fatto unanime, la preparazione dell’attuale ministro dell’Economia è emersa soprattutto in relazione a Javier Milei messo più volte in difficoltà. Ma la storia, soprattutto quella recente, dovrebbe insegnare che non è un dibattito sui media a determinare il risultato delle elezioni. Gli ultimi dodici sondaggi pubblicati in Argentina danno la vittoria a Milei, anche se per pochi punti. Quanto e se lo show televisivo avrà spostato gli equilibri e avrà premiato il candidato peronista si scoprirà solo nelle prossime ore e forse solo nella notte del 19 novembre.

L’ex presidente Macri e Patrizia Bullrich (arrivata terza al primo turno) pur avendo criticato Milei per la gestione del terzo, ed ultimo, confronto pubblico con Massa insistono nell’appoggio al turboliberista mentre l’altra parte di Juntos Por el Cambio, la coalizione che sostenne Macri e Bullrich, ovvero i Radicali si sono schierati con Massa: “Abbiamo sbagliato, ora dobbiamo evitare il disastro dell’autoritarismo” ha detto Roberto Costa, ex leader della coalizione. Milei divide il Paese: da una parte raccoglie e rappresenta l’ala anti-kirchnerista oltre a quella dell’antipolitica, dall’altra spaventa per le sue uscite autoritarie e di negazione in merito alla dittatura civico militare. Massa da parte sua non è alieno dalla polarizzazione pur essendo un critico del kirchnerismo e peronista anomalo, ma rappresentante della politica tradizionale e professionale.

La polarizzazione attorno a Milei e Massa non basterebbe, ad ora, a spiegare il clima in Argentina a poche ore da uno dei ballottaggi più discussi e delicati della storia post dittatura. La questione che potrebbe essere determinante è l’affluenza: al primo turno è stata la più bassa della storia democratica del paese, la sensazione è che per molti e molte Milei e Massa rappresentino indebitamento, inflazione, impoverimento e asservimento al Fondo Monetario Internazionale e non ci sia la voglia di scegliere. Milei ha una visione estrema dell’economia e propone di privatizzare anche istruzione e sanità andando oltre le ricette neoliberiste che subisce il paese; Massa, d’altro canto, è ritenuto “l’uomo di Washington” e del Fmi ed essendo anche ministro dell’Economia è considerato l’estensore delle drammatiche politiche economiche che attanagliano la società argentina.

La preoccupante situazione economica di oggi e di domani, con i dubbi che entrambi i personaggi sollevano soprattutto negli ambienti più fragili della popolazione, non è l’unico elemento ma è forse quello che più fa temere il crollo della partecipazione anche perché Massa non è riuscito a scaldare il cuore di lavoratori e lavoratrici che in passato si sono mossi al fianco del peronismo. Al netto di questo però c’è anche una forte attività politica di base in campo. C’è chi, soprattutto tra i giovani, considera il corso peronista marcato “Kirchner” assieme a quanto fatto dai partiti tradizionali come responsabili dei drammi sociopolitico-economici. L’ondata anti-politica che si è vista negli Usa con Trump o in Argentina con Bolsonaro (e che specula sulle contraddizioni del “governare”) oggi si identifica in Milei nonostante questo si accordi con Mauricio Macri – presidente per 4 anni, manager, imprenditore – una delle tante contraddizioni già viste non solo in Argentina.

Dall’altra parte ci sono i movimenti sociali, le Madri e le Nonne di Plaza de Mayo, le economie popolari ed informali assieme ai movimenti femministi spaventati terribilmente dall’ipotesi che Milei e la sua compagine di negazionisti della dittatura e turbo-liberisti possano governare il Paese. I movimenti femministi sembrerebbero quelli più attivi, e non solo a Buenos Aires e provincia. Assemblee sollecitate da tali movimenti si sono viste ovunque e attiviste e attivisti per i diritti delle donne ed Lgbtq+ sono in costante azione politica contro Milei e quindi dicono di votare per Massa. Milei ha apertamente definito “nemico” il movimento femminista e la paura è che voglia attaccare i diritti conquistati negli ultimi anni a partire dall’aborto legale, libero e gratuito. E’ proprio ai movimenti femministi che si deve l’unica manifestazione anti Milei dopo le primarie di luglio e una grande attività di controinformazione e se tale mobilitazione non ha impedito all’ex personaggio televisivo di arrivare al ballottaggio tra qualche giorno si capirà se sarà in grado di fermare la sua elezione a presidente.

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