Nei giorni del maxi taglio dei fondi per le persone con disabilità previsti con la Legge di Bilancio 2024, più di 90 associazioni da tutta Italia chiedono al governo “maggiore ascolto e una reale svolta delle politiche a sostegno di donne e uomini non autosufficienti”. Con spirito costruttivo ma evidenziando l’emergenza delle loro condizioni, hanno inviato il 30 ottobre alla ministra per le Disabilità Alessandra Locatelli, al viceministro delle Politiche sociali Maria Teresa Bellucci e al sottosegretario di Stato per la Salute Marcello Gemmato, un documento di analisi delle criticità e di proposte da realizzare subito intitolato La Carta delle famiglie con persone non autosufficienti. “La qualità di vita di bambini e adulti con disabilità è messa a dura prova, questi tagli sono gravissimi e ingiusti. Colpiscono persone già in condizioni di estrema fragilità. E’ il momento di aggiungere risorse alle disabilità non di toglierle”, dicono a ilfattoquotidiano.it Nessuno E’ Escluso e SCN2A Italia Famiglie in rete, le associazioni promotrici della Carta. Il testo è il frutto di un lavoro condiviso durato oltre 4 mesi e contiene “una visione di politica che vuole essere compartecipata fra persone con disabilità, caregiver-famigliari e istituzioni”. Ilfattoquotidiano.it ha intervistato Fabiana Novelli, vicepresidente di SCN2A Italia Famiglie in rete.

Cosa pensa del maxi taglio ai fondi per i disabili?
È un ulteriore segnale di negazione dei diritti per le persone con disabilità che sono ancora costrette a vivere situazioni surreali di discriminazione e si vedono dimezzati servizi essenziali. Significa anche ignorare tutte le denunce che associazioni, famiglie e caregiver hanno fatto costantemente negli anni.

Come nasce l’idea di stilare “La Carta”?
È nata sulla base di un’esperienza diretta come sorella di una ragazza con disabilità e grazie al confronto continuo con tante famiglie ed associazioni.

Quali sono le finalità?
Come famiglie ci poniamo come delle sentinelle sempre operative sul territorio. Con la Carta vogliamo sensibilizzare le istituzioni sui bisogni emergenziali che viviamo come famiglie con persone che richiedono un’assistenza h24. L’obiettivo è fare tesoro delle esperienze vissute per evidenziare quelle norme che non sono applicate oltre a quelle che necessitano di un urgente cambiamento.

Mancano le competenze professionali o è solo una questione di risorse insufficienti?
Il modello per noi più adeguato, in linea con la Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità, è quello in cui siano soddisfatti tutti i bisogni delle persone con disabilità non svincolati da quelli della famiglia o del caregiver. Tutti i percorsi e i servizi devono essere integrati, coerenti con i bisogni e le esigenze dei diretti interessati. Alla politica manca una visione strategica d’insieme delle poche risorse economiche investite, mentre le competenze delle figure professionali dedicate alle disabilità devono assolutamente migliorare.

Cosa chiedete in particolare?
I tre punti cruciali che devono essere implementati subito per dare un contributo tangibile alla qualità di vita sono la valutazione multidimensionale, ovvero quella fase cruciale di valutazione dei bisogni e di definizione di tutti i servizi, l’assistenza domiciliare che ad oggi ha un carattere solo sanitario quando c’è, e le strutture residenziali che sono spesso l’unico approdo per tante famiglie che non hanno altra scelta.

Vede uno stigma intorno alle disabilità? Cosa direbbe per “convincere” un non addetto ai lavori a condividere gli intenti della Carta?
Basterebbe contribuire alla condivisione delle difficoltà delle persone con disabilità e delle loro famiglie. In Italia non c’è uno stigma specifico sulle disabilità bensì una scarsa conoscenza dei bisogni delle persone non autosufficienti che sono esattamente gli stessi di qualsiasi altro. In termini di inclusione sociale c’è tantissimo da fare ma in questo processo culturale dovremmo essere noi famiglie a farci portavoce del cambiamento. Se la disabilità viene riconosciuta da tutti sarà più facilmente integrata nella quotidianità.

Se avesse a disposizione 1 miliardo di euro per le politiche sulle disabilità, cosa farebbe?
Renderei operativa subito la valutazione multidimensionale, investirei molto di più nell’assistenza domiciliare, riprogrammerei anche i percorsi all’interno delle strutture per persone con disabilità in modo da promuovere concretamente l’inclusione sociale. Infine, investirei risorse rilevanti in formazione ed incentivi per la realizzazione dei progetti di Vita Indipendente in tutta Italia, ad oggi ancora piccole realtà pilota locali e pochissimo finanziati.

Da anni le associazioni fanno articolate proposte ai vari governi. Quasi mai, però, i servizi dedicati poi rispettano i bisogni reali. Cosa può cambiare con la “Carta delle famiglie”?
Associazioni e Federazioni sono da sempre impegnate nei tavoli istituzionali nella tutela dei diritti delle persone con disabilità svolgendo un ruolo cruciale. Con il nostro documento riteniamo, con grande umiltà e spirito di collaborazione, di contribuire con proposte concrete su specifici ambiti della presa in carico, in una logica di ascolto reciproco e compartecipazione politica. Trasformare in “bellezza” le nostre esperienze di vita può essere un’opportunità per il futuro di tutte le persone non autosufficienti.

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