“Ho seppellito i miei tre fratelli e cinque nipoti nel mio giardino di limoni: li tornerò a prendere”. Prima di lasciare casa sua, a Beyt Hanun, in direzione del valico di Rafah, Mohamad al Mosri, 60 anni, ha scavato una fossa comune tumulandovi i propri cari. I violenti e continui bombardamenti – ha raccontato il sessantenne all’agenzia Afp – lo hanno costretto a seppellire i familiari nel frutteto, dopo che questi sono rimasti vittime di un raid israeliano sulla città. “La fossa comune e la mia casa si trovano nella zona di confine in cui sono entrati i carri armati: la situazione è molto pericolosa”. Quindi aggiunge, preoccupato, di essere stato informato “che i bulldozer israeliani hanno demolito la mia abitazione: non so se hanno lasciato integre le tombe o se siano state distrutte”.

A causa dell’alto numero dei morti, ormai oltre 11mila dallo scoppio del conflitto il 7 ottobre, gli abitanti di Gaza non trovano spazio nei cimiteri per la sepoltura dei propri congiunti. Così, spiega Shehta Nasser all’Afp, “tumuliamo i morti nei luoghi pubblici: come stadi o in appezzamenti di terreno vuoti”. I defunti, racconta, “vengono trasportati su carri trainati da animali perché il carburante è finito” e quindi i veicoli rimangono fermi. I cadaveri, una volta arrivati a destinazione, vengono calati nelle grandi buche rettangolari, divisa in due. Da una parte, i corpi delle donne; dall’altra quelli degli uomini. Poi, le buche vengono chiuse con grandi pannelli di latta su cui viene infine gettata la terra.

A svolgere questo lavoro c’è Saadi Baraka, 63 anni, che da tutta la vita fa il becchino. Ma, nonostante un’intera esistenza fra i morti, ciò a cui sta assistendo – dice all’agenzia turca Anadolu – “è incompatibile con tutto quello che è successo prima, al punto che non riesco a dormire. E a mangiare”. In un solo giorno, racconta, “ho seppellito più di 600 persone, più di quelli che ho sepolto negli ultimi cinque anni a Gaza”. E insiste: “Non ho mai visto un simile crimine: la maggior parte dei cadaveri sono di donne e bambini”.

Ogni buca, spiega nei dettagli all’agenzia turca, ha una larghezza di 6 metri e vi sono sepolte circa 45 persone. Mentre la fosse comune più grande che ha preparato ne conteneva 137. E sul motivo che spinge a scavare queste tombe collettive, Baraka ha dichiarato che “è l’unica soluzione” perché “non c’è più posto nei cimiteri, né ci sono abbastanza lapidi”. Oltre a questo, riportano alcune ong, nella Striscia mancano le materie prime e l’acqua che è essenziale durante il rito della sepoltura islamico. “Non riesco a dormire a causa dei tanti cadaveri di bambini che ho visto”, ribadisce Baraka. E domanda: “Qual è la colpa di questi bambini?”.

Intanto il bilancio delle vittime dei raid israeliani nella Striscia di Gaza ha superato quota 11.074. I dati sono stati diffusi dal ministero della Sanità, gestito da Hamas. In Israele le vittime registrate sono oltre 1.400, la maggior parte delle quali sono state provocate dall’attacco del movimento islamico del 7 ottobre. Mentre secondo l’Onu, il numero degli sfollati a Gaza ha raggiunto un milione e mezzo di persone, su una popolazione totale di 2,7 milioni. “Quello che abbiamo visto accadere in Israele e nei territori occupati – ha detto Martin Griffiths, sottosegretario generale per gli Affari umanitari dell’Onu – non è altro che quello che definirei un flagello per la nostra coscienza collettiva”.

Articolo Precedente

Centinaia di terremoti in Islanda: “Sta per eruttare un vulcano”. Evacuata un’intera città

next