Le sette poesie qui proposte in traduzione sono tratte dalla raccolta Ins Reine [In bella copia, 2010, inedita in italiano], del poeta, romanziere e saggista tedesco Michael Krüger, per altro ben noto ai lettori italiani per le numerose traduzioni delle sue opere, e noto nel mondo dell’editoria per il suo impegno a favore della letteratura italiana contemporanea. La raccolta si presenta come una lunga riflessione sul tempo nelle sue diverse manifestazioni tra gli umani e nella natura fino alla sua assenza, in una lingua che scorre sempre elegante e priva di ogni pretesa nei confronti del lettore.

G. C.

***

Solstizio d’estate
L’estate sta tenendo una lezione
sulla morte, e tutti lì ad ascoltare.
Alla fontana c’è un vecchio
e beve, portandosi la mano alla bocca,
in pace con se stesso. Il peso insopportabile
di trovare una lingua, che corrisponda.
Passa un bambino, le ginocchia scorticate.
Senza una parola. Non vuole disturbare il silenzio.

***

La via
Serata calma. Procedo lentamente,
la via, quella breve, me la faccio
sfilare accanto, verso la sua fine.
La tristezza grigia dei faggi.
Una volontà, che non si è fatta spezzare a lungo,
è già spezzata da tempo, e l’acciottolato
sotto i miei piedi non si ricorda
più dei duri detriti,
che una volta si sono riversati qui. Cavallette
dalle ali appena stirate
e sciami di farfalle
come fumo delicato sul prato appena falciato.
Mio nonno sapeva quando e come
andava fatto il taglio, a che nascesse
nuova vita e la conversazione non finisse
quando doveva andare via dal giardino.
Grigio nero come una talpa
se ne sta un temporale sulla china,
la via prosegue indifferente.

***

La memoria della natura
Un gregge di pietre nell’erba bagnata
su cui la rugiada brilla in chiare scintille.
Sanno più di noi. Inflessibili e fredde
sono emerse e hanno occupato il posto
della neve, di cui ancora ieri si diceva,
che ad essa dovremmo tutto.
Gnomi, con maschere di pietre.
Adesso se ne stanno distese come perdigiorno e sognatori
che non vogliono essere disturbati.
Appena superata la prima prova della pioggia,
gli uccelli lavorano con vigore
a duplicare una chiave per la natura.
Persone, restii alla luce, escono dalle case
e vogliono gridare. Somigliano
a mele invecchiate tra i rami
che dall’autunno scorso nessun colpo di vento
è riuscito a staccare. Il vento benevolo,
ci allontana la morte dagli occhi.

***

Come tutto sta insieme
Nel mio albero di noce covano uccelli,
il vento spia nei loro nidi.
L’albero di noce si è travestito?
La storia prende accordi
con i santi che ci stanno
intorno come un muro. Intorno a noi?
E che ce ne importa a noi dei santi?
Siamo ancora in vita per pura
curiosità, me compreso.
Ogni giorno aspetto l’assenso
delle nuvole, e già da anni.
Nuvole nervose e alberi spensierati,
questo troppo di contemporaneità
mi ruba la calma, non riesco più a
pensare il mondo, mancanza ed abbondanza
non stanno insieme in un nido
di rametti e niente – e perciò
quest’anno non ci sono noci,
ma in compenso uccelli quanti ne vuoi.

***

La mia casa
ha una finestra che si apre soltanto alla notte.
Ci abita un poeta che si
congeda dalla luce. Non gliene interessa
il sorgere, il chiarore, l’infinità,
tutta la sua energia la dedica al momento
in cui la notte si posa sulla terra.

La mia casa ha una porta per gli animali
dell’oscurità. Si sente, come arrivano,
si adagiano e respirano piano,
miti e docili. Le assi parlano
una lingua famigliare in cui ci
sono centinaia di perifrasi per la morte.

Presto saranno altri a vivere in questa casa.
Ne rinnoveranno le finestre
e stenderanno un tappeto sulle assi.
Anche la ragnatela in soffitta, dove il ragno
scruta la sera, non può rimanerci.
Nessun deve sapere chi ci ha vissuto.

Ma la mia casa ha buone radici.
Bisogna sradicarla per farle secca.

***

In bella copia
Abbiamo ricostruito la mia infanzia
con cose non appariscenti.
Una pigna d’abete, briciole di pane,
chiavi, una pietra venata di nero,
tutto ciò che è a portata di mano e agile.
Ma le cose hanno la tendenza
ad agire a loro piacimento,
e il trenino, che stavo montando,
tende continuamente in avanti e indietro.
Vedo quello che ormai non sono più,
ma non vedo me.
Una mela rotola tristemente giù dal tavolo
e si spezza, come si spezzano le parole
se non vengono usate per molto tempo.
Affida agli uccelli di trascrivere in bella
copia questi scarabocchi, di loro ti puoi
fidare.

***

Michael Krüger, nato nel 1943, vive a Monaco. Scrive dal 1978 e pubblica anno dopo anno volumi di: poesia, prosa, saggistica e traduzioni. Per decenni responsabile della casa editrice Carl Hanser di Monaco. Dal 2013 al 2019 presidente dell’accademia d’arte di Baviera. Insignito oltre 20 volte tra premi letterari e onorificenze pubbliche.

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