Il tutore italiano di Indi Gregory, il console a Manchester Matteo Corradini, ha presentato una richiesta urgente all’Alta Corte del Regno Unito chiedendo di cedere al nostro Paese la giurisdizione sul caso, ai sensi dell’articolo 9 comma 2 della Convenzione dell’Aia del 1996. Uno sviluppo del genere non si era mai verificato prima in un caso di fine vita che coinvolgesse un bambino nel Regno Unito.
Come effetto termine per il distacco dei supporti vitali alla piccola Indi è stato prorogato fino a domani alle 12 ora inglese (le 13 in Italia), quando inizierà la discussione sull’appello del console. Ieri il magistrato inglese ha deciso lo stop al sostegno vitale, come richiesto dai medici dell’ospedale di Nottingham. La piccola, 8 mesi, ha una malattia mitocondriale rarissima e scoperta solo nel 2013 e per lei il trattamento può consistere solo in cure palliative. La Convenzione riguarda la “competenza, la legge applicabile, il riconoscimento, l’esecuzione e la cooperazione in materia di responsabilità genitoriale e di misure di protezione dei minori”.

Il padre: “Vuole vivere” “Pensiamo che sia nel miglior interesse di Indi venire in Italia per ricevere le cure che potrebbero aiutarla a respirare, aprendo una valvola attraverso l’impianto di uno stent, per poi poterci concentrare sulla sua malattia mitocondriale che può essere trattata con queste terapie. Sappiamo che Indi è una combattente, lei vuole vivere, e non merita di morire. Grazie”, ha affermato il padre, Dean Gregory, ringraziando l’Italia per il suo impegno. “Io e Claire(la moglie, ndr) siamo devastati e affranti dalla decisione presa dal giudice. Il National Health system sta cercando di impedirci di andare in Italia, e ci ha anche impedito di portare Indi a casa per le cure palliative di fine vita. Siamo molto preoccupati per la vita di Indi. I nostri avvocati stanno lavorando duramente e hanno presentato una richiesta urgente perché faremo ricorso in appello. Ma voglio ringraziare il consolato italiano a Manchester per l’aiuto e voglio ringraziare il governo, il Presidente e il popolo italiano, l’Italia è stata incredibile, come un angelo custode per Indi, siamo davvero fortunati ad avere la vostra passione e il vostro coraggio dalla nostra parte nel tentativo di salvare la vita di Indi”.

Il trattamento al Bambino Gesù – Certo è che al Bambino Gesù di Roma possono offrire solo cure palliative alla bimba. Se fosse autorizzato il trasferimento in Italia, come ieri richiesto dal console italiano a Manchester essendo la bimba ormai cittadina italiana, per lei ci sarebbe un posto pronto a Passoscuro. Si tratta, come scrive Il Messaggero, del centro che la struttura ospedaliera – che ha un centro di eccellenza di ricerca e cura – destina ai bambini che hanno bisogno di trattamenti di sostegno non potendo essere curati. Il personale sanitario e la direzione dell’ospedale, che non hanno rilasciato dichiarazioni o comunicati, sono consapevoli della diagnosi a cui sono giunti i medici inglesi. Se la piccola dovesse essere affidata alle cure dei medici italiani verranno eseguiti tutti gli approfondimenti diagnostici, ma il quadro clinico è chiaro. La disponibilità offerta dal Bambin Gesù, riporta il quotidiano romano, ha sempre avuto un unico vero obiettivo: ristabilire una relazione di fiducia tra medici e genitori. L’ospedale non ha avuto contatti diretti con i Gregory, ma le comunicazioni sono avvenute tramite gli avvocati dei genitori e i rappresentanti del governo italiano.

La Conferenza Episcopale Italiana richiama al valore della vita e sottolinea come oggi ci siano “troppe vite negate”. “La vita dei malati e disabili gravi viene giudicata indegna di essere vissuta, lesinando i supporti medici e arrivando a presentare come gesto umanitario il suicidio assistito o la morte procurata”. Parole che sembrano richiamare il caso di Indi Gregory. La Cei, nel Messaggio per la Giornata per la Vita, che sarà celebrata il 4 febbraio, parla anche dell’aborto. “La vita dei bambini, nati e non nati, viene sempre più concepita come funzionale ai desideri degli adulti e sottoposta a pratiche come la tratta, la pedopornografia, l’utero in affitto o l’espianto di organi. In tale contesto l’aborto, indebitamente presentato come diritto, viene sempre più banalizzato, anche mediante il ricorso a farmaci abortivi o ‘del giorno dopo’ facilmente reperibili”.

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