Qualche mese fa ha deciso di togliersi la vita una ragazza bellissima, una di quelle il cui sorriso non può che farti sentir bene. L’ennesima vittima della mancanza di educazione al rispetto, l’ennesimo angelo che perdiamo perché la società rifiuta, maltratta e priva di diritti.

Uno studio statunitense dice che l’80% delle persone transgender pensa al suicidio e il 40% lo tenta. Il punto è però che bisognerebbe iniziare a parlare di questi suicidi in termini di omicidi di Stato.

“Nicole era una luce scintillante di dolcezza, empatia, forza e vulnerabilità”, mi racconta sua mamma Paola, che da quel giorno scrive sui social il suo amore per sua figlia nella speranza che questo amore arrivi più lontano possibile a chiunque ne abbia bisogno. “Nicole era una giovane donna straordinaria che donava sostegno agli altri, che possedeva il dono di saper ascoltare, che sapeva far ridere ed era un vulcano di energia positiva. Tuttavia, dietro il suo sorriso raggiante e la sua vitalità contagiosa, nascondeva ciò che aveva dentro. La sua morte ha squarciato il nostro cuore”.

Nicole non aveva soltanto commesso l’enorme peccato di essere una ragazza transgender, ma anche quello di essere stata adottata. Pensate! “Nicole è entrata nelle nostre vite quando aveva appena dieci giorni, e fin dall’inizio abbiamo scelto di condividere con lei la verità delle sue origini. Le abbiamo sempre detto che non era nata dalla mia pancia, ma dal nostro cuore. Nonostante le inevitabili sfide legate all’adozione, eravamo una famiglia forte. Ma Nicole sin da bambina ha dovuto affrontare insulti dolorosi. Le dicevano che non era nessuno perché non era nata dalla mia pancia. Queste parole crude e insensibili l’hanno segnata profondamente”.

Figuriamoci poi quando piano piano Nicole ha dimostrato alla società di essere una bambina e non un bambino come ci si aspettava. Quando si parla di intersezionalità si intende proprio questo: l’incrociarsi di vari aspetti che toccano proprio i punti dolenti di una società cattiva e ignorante.

“Nicole, desiderosa di integrarsi ed essere accettata, si era imposta in principio di adottare un comportamento in linea con il genere assegnato alla nascita, facendo del suo meglio per conformarsi agli stereotipi maschili. Tuttavia, questa identità mascherata le ha inflitto ulteriore sofferenza, poiché si costringeva a essere qualcosa che non era. La sua lotta silenziosa è diventata sempre più difficile, e la ricerca di un’accoglienza autentica è diventata un cammino doloroso”. In un mondo sempre più meravigliosamente variegato, si può ancora discriminare in base alla famiglia, alla provenienza, all’identità? Possiamo non prendere coscienza della necessità di chiedere a gran voce un cambiamento nel modo di fare educazione e formazione? Non è più pensabile avere persone di serie A e persone di serie B.

“Nicole avrebbe desiderato avere un compagno che l’amasse per chi era, ma spesso gli uomini la trattavano come un oggetto sessuale senza alcuna gentilezza o pudore. Questo contribuiva a una sensazione di solitudine e disperazione che si rifletteva nelle sue ultime parole struggenti, quelle che ci ha lasciato prima di compiere il suo gesto estremo non dimenticandosi di dire a noi e agli amici veri che ci ama”.

È proprio di pochi giorni fa la frase del politico Sasso che ha definito l’educazione sessuale nelle scuole una “porcheria”, senza minimamente essere a conoscenza del fatto che l’educazione sessuale è fondamentalmente educazione al rispetto e al consenso. Educazione sessuale significa anche fornire gli strumenti affinché non ci siano più uomini che usano le tante Nicole come se fossero degli oggetti senza valore. Uomini che sono loro stessi vittime dell’ignoranza sociale e del ruolo di genere dal quale non sanno come uscire.

“Ora che Nicole non c’è più noi sentiamo il dovere di risarcirla continuando a lottare per lei e per chi come lei non si sente accolto e compreso anche se oggi gli adolescenti e le loro famiglie hanno a disposizione più supporti di quanto non ne avessimo noi. Noi speriamo che la storia e la morte di Nicole possano ispirare cambiamenti positivi nell’atteggiamento della società verso le persone transgender”.

Nicole non è stata l’”ennesima” ragazza transgender che si è suicidata. Non sono dei numeri, le persone transgender che si suicidano. Sono Nicole, Davide, Carolina, Andrea, Alex, Cody, Lesley… Vittime con nome, vita, famiglia, amici, amiche, vittime di questa società incivile.

Se hai bisogno di aiuto o conosci qualcuno che potrebbe averne bisogno, ricordati che esiste Telefono amico Italia (0223272327), un servizio di ascolto attivo ogni giorno dalle 10 alle 24 da contattare in caso di solitudine, angoscia, tristezza, sconforto e rabbia. Per ricevere aiuto si può chiamare anche il 112, numero unico di emergenza. O contattare i volontari della onlus Samaritans allo 0677208977 (operativi tutti i giorni dalle ore 13 alle 22).

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