Un appello ai consiglieri del Csm contro la lottizzazione delle nomine al vertice della Scuola superiore della magistratura, l’ente responsabile della formazione e dell’aggiornamento professionale di giudici e pm italiani. A lanciarlo sono tre membri togati della stessa assemblea di palazzo dei Marescialli, gli indipendenti Roberto Fontana e Andrea Mirenda e Mimma Miele di Magistratura democratica, chiedendo che nella selezione dei membri del nuovo Comitato direttivo della Scuola – iniziata nei giorni scorsi – “l’unico parametro sia quello del merito“. Le poltrone del direttivo, infatti, sono tra le più ambite dalle correnti: lì si decide quali colleghi faranno i docenti nei corsi di formazione, guadagnando così un titolo prestigioso da aggiungere al curriculum per accedere a futuri incarichi. Dell’organo – rinnovato ogni tre anni – fanno parte sette magistrati fuori ruolo (su 12 componenti), di cui sei nominati proprio dal Csm sulla base di auto-candidature. Ma la procedura è guardata con scetticismo dalla maggioranza degli appartenenti all’ordine giudiziario, convinti, sulla base delle scelte fatte in passato, che per essere presi in considerazione sia indispensabile far parte di una corrente (preferibilmente con un ruolo di rilievo). Polemiche sfociate in alcuni casi anche in ricorsi dei candidati esclusi, accolti dal giudice amministrativo con conseguente annullamento delle delibere.

Per questo i consiglieri Fontana, Miele e Mirenda chiedono un cambio di passo dopo il Palamara-gate: “La nomina dei componenti del direttivo della scuola Superiore della magistratura costituisce un banco di prova fondamentale del permanere o meno all’interno del Consiglio, anche dopo lo scandalo del maggio 2019, di logiche di spartizione correntizia“, scrivono in un documento indirizzato ai colleghi. “Bisogna fugare ogni dubbio sul fatto che solo e soltanto la conoscenza approfondita” dei vari settori giurisdizionali, insieme alla “specifica esperienza formativa maturata” siano “i requisiti che presiederanno all’individuazione dei colleghi (…) escluso ogni altro fattore di condizionamento. Sarebbe, infatti, fortemente negativo per l’immagine del Consiglio, come pure della stessa magistratura, operare scelte di segno diverso, tali da far ritenere che le nomine in questione siano solo un ulteriore tassello del cursus honorum di ruoli apicali nell’associazionismo o nell’organo di autogoverno”, avvertono. Citando un passaggio di un discorso del capo dello Stato Sergio Mattarella, secondo cui le scelte del Csm costituiscono “un metro di valutazione della trasparenza e della credibilità anche delle decisioni assunte dalla magistratura nel rendere giustizia”.

I tre togati ricordano che “la Scuola superiore, particolarmente in questo momento, assume un ruolo decisivo per la formazione dei magistrati”, in quanto “l’ordinamento giuridico ha raggiunto una straordinaria complessità, sconosciuta in passato. (…) È necessaria, quindi, una specializzazione forte, pena lo svilimento della funzione giurisdizionale”. E perciò, scrivono, l’offerta formativa dev’essere “all’altezza della sfida” e valorizzare “alcune aree tematiche centrali in questo momento storico“: in questo senso è “indispensabile garantire che nel Comitato direttivo della Scuola superiore della magistratura siano rappresentate competenze in settori che investono sia la materia civile che quella penale e, più in particolare, la materia dei diritti delle persone, della tutela dei soggetti deboli, del diritto dell’economia e della crisi d’impresa, infine del diritto dell’Unione europea”. Il merito dei singoli aspiranti andrà quindi, nell’auspicio dei consiglieri, “verificato attraverso analitica valutazione comparativa, con particolare attenzione alle candidature aventi professionalità specifica nei settori menzionati, tenendo conto, oltre che dell’attività giudiziaria, della produzione scientifica e delle esperienze di attività formativa”.

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