Dai No Tav a Extinction Rebellion, dai francesi di Soulevement De Terre agli ecuadoriani di Yasunidos. La prima internazionale dell’ecologismo radicale si è aperta giovedì 12 ottobre a Milano: duecento delegati da tutto il mondo si confronteranno per quattro giorni sulla lotta al cambiamento climatico tra le aule dell’università Statale e il centro sociale Leoncavallo. “Bisogna liberare la Terra dal capitalismo fossile, pena la sopravvivenza della specie. La transizione ecologica può avvenire solo dal basso”, spiega uno degli organizzatori, Alex Foti. Tra le prime ad arrivare c’è Maryam El Hajji, coordinatrice di Fridays For Future Marocco, che in un piccolo villaggio nel nord del Paese: “La nostra economia”, dice al fatto.it, “dipende esclusivamente dall’agricoltura e in particolare dagli ulivi, perciò la nostra sopravvivenza è legata all’acqua”. Che negli ultimi anni però è sempre di meno: così tanti suoi compaesani hanno dovuto trasferirsi nelle grandi città.

Cambiano le latitudini, ma non gli effetti del climate change. Accanto a Maryam c’è Alberto, della rete degli Alpinisti Proletari: “Le Alpi e gli Appennini sono la cartina di tornasole della crisi”. Sulla causa di questa crisi gli attivisti non hanno dubbi: “Il modello di sviluppo capitalista”. Per questo le attiviste e gli attivisti olandesi di Extinction Rebellion hanno bloccato un’autostrada per 27 giorni, ottenendo, al prezzo di oltre novemila arresti, che la Camera chiedesse al governo di elaborare una cancellazione progressiva dei sussidi alle aziende del fossile. In Ecuador, invece, la rete Yasunidos ha ottenuto uno storico referendum per bloccare le estrazioni di fossili nella foresta amazzonica. E poi ci sono le reti che lottano contro la gentrificazione nel quartiere Exarcheia di Atene, contro la costruzione di un oleodotto in Tanzania o contro le Olimpiadi invernali a Milano.

Generazioni e mondi diversi, uniti nella consapevolezza che “il tempo per agire è ora”. Come? “Greta ha smesso di marciare e si è messa a bloccare” spiega Alex Foti. Il riferimento è all’azione di disobbedienza che la fondatrice di Fridays For Future ha realizzato a Lützerath, in Germania, dove una miniera sta mettendo a rischio l’esistenza di un eco-villaggio. Ma la resistenza viaggia anche nel campo della “creazione di un immaginario alternativo” come racconta Emanuele Braga, dell’Institute for Radical Imagination. Un esempio concreto? La Barbie in versione “guerriera ambientalista” lanciata quest’estate dal gruppo di artisti “Barbie Liberation Organization” con tanto di spot. Un’operazione che è riuscita a ingannare anche diversi media tradizionali, portando il tema della crisi climatica in primo piano.

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