Rischia di non arrivare entro fine anno la revisione della legislazione europea sul benessere animale prevista all’interno del Green Deal e promessa entro il 2023 dalla Commissione Ue. Pesa l’azione di lobbying dell’industria degli allevamenti e alimentare. Ma uno slittamento alla prossima legislazione ridurrebbe in gran parte l’impatto delle riforme. Per questo, si moltiplicano gli appelli delle associazioni impegnate in prima linea, anche in occasione del 13 ottobre, Giornata mondiale contro l’allevamento in gabbia (World Cage-Free Day) in cui è prevista una manifestazione davanti alla sede della Commissione europea. Due anni fa, infatti, Bruxelles si era impegnata a presentare una proposta legislativa di revisione che includesse l’eliminazione graduale delle gabbie dagli allevamenti europei, in cui sono costretti ogni anno 300 milioni di animali, fino ad arrivare al bando totale entro il 2027.

Una risposta all’iniziativa dei cittadini europei End the Cage Age, lanciata e coordinata da Compassion in World Farming con una campagna che ha coinvolto 170 associazioni, fra cui le 22 Ong riunite nella coalizione italiana End the Cage Age. Firmata da 1,4 milioni di persone, rappresenta il primo impegno di questo tipo da quando l’Ue ha introdotto questo strumento di democrazia partecipativa, ormai più di dieci anni fa. Ed anche il Parlamento europeo, con 8 eurodeputati su 10, ha votato a favore della fine dell’allevamento in gabbia. “La Commissione aveva fissato la revisione della legislazione europea sul benessere degli animali per il terzo trimestre del 2023. Ci auguriamo che entro la fine dell’anno venga pubblicata, come promesso” commenta Matteo Cupi, vicepresidente di Animal Equality Europa. “Se la Commissione europea non rispettasse il suo impegno, sarebbe un tradimento totale della volontà dei cittadini europei e uno schiaffo alla democrazia”, aggiunge Elena Artico, responsabile globale delle campagne di Ciwf.

Una promessa disattesa – Sebbene la bozza trapelata ad aprile contenesse diverse novità, non solo l’eliminazione graduale delle gabbie per tutte le specie, ma anche l’aumento di spazio a disposizione, il divieto dell’abbattimento sistematico dei pulcini maschi e l’introduzione di requisiti di benessere per lo stordimento dei pesci allevati, Bruxelles sembra aver messo l’iter in pausa. E i segnali non sono positivi, nonostante la lettera indirizzata a Ursula Von der Leyen da 637 stakeholder, tra accademici, ricercatori, veterinari, scienziati, imprenditori e agricoltori. Già nelle scorse settimane, ha fatto discutere il fatto che, nel suo discorso pronunciato in plenaria sullo Stato dell’Unione, la presidente della Commissione Ue, pur ribadendo il suo impegno a portare avanti il Green Deal, non abbia menzionato la revisione della legislazione sul benessere degli animali. “Pochi giorni fa – racconta Chiara Caprio, responsabile relazioni istituzionali di Essere Animali – il vicepresidente della Commissione Maroš Šefčovič ha annunciato che Bruxelles presenterà entro la fine dell’anno una proposta sulla normativa sul benessere animale durante il trasporto”. Tralasciando, quindi “completamente tutto ciò che riguarda le condizioni degli animali in allevamento e durante la macellazione”, comprese quelle dei polli broiler a rapido accrescimento, ma anche il divieto di uccisione di milioni di animali coinvolti nella produzione del foie gras e delle uova.

Le associazioni in campo. E le interrogazioni parlamentari – In prima linea ci sono tutte le realtà di Eurogroup for Animals, organizzazione con sede a Bruxelles che rappresenta 70 associazioni per la protezione degli animali in 26 Stati membri dell’Unione, Svizzera, Serbia, Norvegia, Australia e Stati Uniti. “Sono proprio le indagini condotte dai membri di Eurogroup for Animals – racconta Animal Equality – ad aver dimostrato che in Europa le leggi attuali non sono in grado di proteggere adeguatamente i milioni di animali affamati, malnutriti, fisicamente costretti e confinati in spazi limitati, privi di luce naturale o aria fresca, che negli allevamenti trascorrono le loro vite in condizioni di sofferenza del tutto inaccettabili”. In Unione europea, non solo 300 milioni di animali allevati trascorrono tutta o parte della loro vita in gabbie, recinti o stalle, ma le femmine adulte di maiale trascorrono quasi la metà dell’anno in gabbie in cui non possono nemmeno girarsi, mentre galline ovaiole e conigli sono confinati in spazi grandi come un foglio A4. “In Italia – aggiunge Animal Equality – 86 milioni di animali vivono in gabbia, senza potersi muovere liberamente né sviluppare comportamenti naturali”. Un trattamento contrario alle raccomandazioni che l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) ha già presentato alla Commissione europea. Le condizioni a cui sono sottoposti gli animali, inoltre, portano gli allevatori a un uso massiccio di antibiotici, somministrati agli animali in gabbia per contenere la diffusione di malattie. “Chiediamo alla Commissione Ue di rivedere e aggiornare tutta la legislazione”, spiega Chiara Caprio di Essere Animali. E aggiunge: “No quindi a mutilazioni come il taglio del becco o della coda, no alle gabbie, no al trasporto di animali vivi, fame, sete o malnutrizione. Sì a cibo vero, stimoli mentali e tutela di tutte le specie animali, inclusi quelli più dimenticati come i pesci”.

Nel frattempo, sono state depositate alla Camera dei Deputati due interrogazioni parlamentari, con le quali si chiede al Governo Meloni un aggiornamento sullo stato della proposta di revisione da parte di Bruxelles. A firmarle i deputati Isabella De Monte di Italia Viva, segretario della commissione Politiche dell’Unione europea e Alessandro Caramiello, capogruppo M5S in commissione Agricoltura, insieme al vicepresidente della Camera Sergio Costa.

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