L’attacco dei miliziani di Hamas a Israele del 7 ottobre ha colto di sorpresa l’esercito di Tel Aviv e ha riacceso il conflitto nel cuore del Medio Oriente. Ma la Striscia di Gaza è da tempo oggetto di attacchi reciproci tra le forze israeliane e i gruppi palestinesi attivi sul territorio, in una polveriera alimentata dall’embargo imposto da Tel Aviv che ha reso la Striscia una prigione a cielo aperto per i cittadini palestinesi che la abitano.

Situata a nord-est della Penisola del Sinai e incastonata tra Israele ed Egitto, la Striscia di Gaza è una lingua di terra lunga 41 chilometri per 10 di larghezza che affaccia sul mar Mediterraneo. Fa parte insieme alla Cisgiordania dei territori palestinesi e ospita 2.3 milioni di abitanti, la metà dei quali ha meno di 19 anni. Dal 2006 è governata da Hamas, il partito radicale di stampo islamista guidato da Ismail Haniyeh che ha lanciato l’offensiva militare contro Israele, Stato che non riconosce e che considera occupante storico della nazione palestinese.

Dopo la creazione d’Israele nel 1948, la Striscia è stata controllata dall’Egitto per quasi vent’anni. Nel 1967 Israele ne ha preso il controllo a seguito della vittoria nella la guerra dei Sei giorni contro Egitto, Siria e Giordania, facendo costruire oltre 21 insediamenti di coloni ebrei. Solo nel 2005, su pressione della comunità internazionale, l’allora premier Ariel Sharon ha ritirato i suoi 9mila coloni e le forze militari attive sul territorio, lasciando l’enclave sotto l’amministrazione dell’Autorità nazionale palestinese (Anp), istituzione politica costituita nel 1993 a seguito degli Accordi di pace di Oslo tra l’Organizzazione per la liberazione della Palestina e Israele.

L’anno successivo è però Hamas a vincere le elezioni e da allora il partito islamista controlla la Striscia. Da quel momento Israele ha attuato un embargo via terra e via mare su Gaza, interrompendo le provvigioni di acqua, elettricità e cibo nella regione e costringendo così la popolazione di Gaza a vivere in condizioni di povertà estrema. Tel Aviv giustifica il blocco con motivazioni di sicurezza nazionale, dichiarando di dover proteggere i suoi cittadini dagli estremisti islamici di Hamas. Il partito che governa Gaza, nato nel 1987 durante la prima intifada, è originariamente una branca dell’organizzazione islamica dei Fratelli Musulmani. Per la sua origine estremista e le modalità operative che in passato hanno contato attentati kamikaze e violenze contro i civili, è considerata un’organizzazione terroristica da diversi Paesi, tra cui gli Stati uniti e l’Unione europea. Altri Stati considerano invece solo il braccio militare di Hamas, le Brigate Ezzedin al-Qassam, come un gruppo terroristico. A Gaza, Hamas si è fatta carico dell’erogazione di servizi per i civili sfruttando anche l’aiuto delle organizzazioni internazionali, come ad esempio la creazione di scuole e assistenza sanitaria negli ospedali.

Human Rights Watch, nel descrivere le condizioni di vita a Gaza ha parlato di una “prigione a cielo aperto” per le restrizioni alla mobilità imposte da Israele nella regione, mentre la Croce rossa internazionale da tempo dichiara illegale l’embargo, considerandolo una violazione della Convenzione di Ginevra. Accusa rigettata dal governo israeliano. Anche l’Egitto ha più volte serrato il confine con Gaza, lasciando di fatto il territorio isolato dal resto del mondo. Gaza è circondata da un muro di filo spinato alto sei metri con due sole uscite, a sud il valico di Rafah con sbocco in Egitto, a nord quello di Eretz, tra i primi controllati da Hamas dopo l’attacco del 7 ottobre.

Il blocco di Israele ha portato al collasso dell’economia della Striscia che oggi presenta un tasso di disoccupazione sopra il 40% secondo le stime della Banca mondiale. L’Onu indica che il 65% della popolazione che vive sotto la soglia della povertà e il rischio per la sicurezza alimentare è in costante aumento. Con il blocco israeliano le forniture di acqua, gas, provvigioni e aiuti umanitari nella Striscia sono soggette all’approvazione di Tel Aviv. L’Onu denuncia anche gravi condizioni per i minori della zona, costretti a vivere “con gli effetti psicologici a lungo termine dell’esposizione costante alla violenza”. Oltre alla povertà estrema, quello presentato dall’Onu è un quadro di depressione e problemi di salute mentale per i giovani palestinesi di Gaza, costretti dalle continue tensioni nella zona a un clima che li ha lasciati “senza speranza”.

Per quanto le modalità violente di Hamas siano oggetto di discussione tra gli stessi palestinesi, il gruppo gode di grande supporto tra i cittadini di Gaza, come dimostrato da un recente studio del Centro per la ricerca e i sondaggi palestinese che sottolinea come più della metà dei palestinesi residenti a Gaza sceglierebbero Hamas come leader politico invece dell’Anp in fase di nuove elezioni.

Community - Condividi gli articoli ed ottieni crediti
Articolo Precedente

Eviatar Moshe Kipnis e Lilach Lea Havron i due italo-israeliani dispersi. Tajani: “Probabile che siano ostaggi”

next
Articolo Successivo

Aiuti militari dagli Usa? Ecco di cos’ha bisogno (e cosa può ottenere) Israele dai suoi alleati nella guerra contro Hamas

next