L’operazione di Hamas in Israele è stata un “successo” che nemmeno l’organizzazione islamista si aspettava. Un crollo nell’impalcatura difensiva costruita da Tel Aviv considerato quasi impossibile anche da coloro che quella struttura di controllo apparentemente impenetrabile l’hanno sfidata. A rivelarlo è Ali Barakeh, membro della leadership del gruppo in esilio in Libano, spiegando che l’organizzazione si è preparata con uomini e armi a una guerra lunga: “Siamo rimasti sorpresi da questo grande crollo. Stavamo progettando di ottenere qualche risultato e di prendere prigionieri per scambiarli. Questo esercito è una tigre di carta“.

Come questo sia potuto accadere, lo si inizia a capire dalle rivelazioni d’intelligence su diversi media internazionali. Innanzitutto, sorprendenti sono state le strategie d’attacco scelte da Hamas. I miliziani sono penetrati in territorio israeliano diversificando i metodi di penetrazione. Ci sono state quelle via terra, lungo un confine lasciato più sguarnito del solito a causa delle crescenti tensioni in Cisgiordania, dove il governo sta portando avanti una massiccia campagna di repressione nei confronti della popolazione locale. Uomini in pick-up, in moto, addirittura a piedi per ore sono riusciti a sorprendere le difese israeliane. Si sono poi viste le incursioni via mare, impensabili fino a oggi dato che le acque davanti alla Striscia di Gaza sono da sempre fortemente pattugliate dalla Marina di Tel Aviv, sia per garantire il blocco degli approvvigionamenti che per, appunto, limitare le penetrazioni, mettendo in crisi ad esempio il lavoro dei pescatori gazawi, ormai costretti a operare in un fazzoletto di mare. Infine, i miliziani in bende verdi sono piombati sui villaggi anche dal cielo, a bordo di deltaplani. Metodologie ‘analogiche’ che hanno mostrato i limiti di un controllo israeliano sulla Striscia sempre più informatizzato, affidato alle intercettazioni video e audio che, in questo caso, non sono state in grado di carpire i piani dell’organizzazione palestinese.

Ma la grande sorpresa è la clamorosa débâcle dell’intelligence israeliana. Tel Aviv, oltre alle strumentazioni di primo livello per il controllo della Striscia, vanta anche diversi contatti, informatori, agenti nella Striscia che avrebbero dovuto intercettare informazioni fondamentali per interpretare le intenzioni delle Brigate Ezzedin al-Qassam, il braccio armato di Hamas. Esattamente il lavoro svolto dagli agenti egiziani che, non a caso, avevano avvertito i loro omologhi israeliani della possibilità di un attacco imminente. Avvertimento, si è poi appreso, ignorato.

Il motivo lo spiega il Wall Street Journal, citando fonti d’intelligence palestinese: anche gli israeliani avevano acquisito informazioni dalle loro fonti in loco, peccato che i doppiogiochisti fossero stati mobilitati da Hamas stessa per confondere la sicurezza israeliana. Si tratta di personaggi inseriti negli ambienti del partito armato palestinese che hanno conquistato la fiducia dei servizi dello ‘Stato ebraico’ offrendo negli anni informazioni ‘sacrificabili’. Nelle settimane prima dell’attacco, però, questi uomini hanno rassicurato Israele sul fatto che non erano in programma attacchi su larga scala da parte delle organizzazioni che operano nella Striscia. Il risultato è che quel fronte è stato lasciato sguarnito dall’esercito, a ranghi ridotti per lo Shabbat e impegnato sul fronte orientale, in Cisgiordania, dove le tensioni e le violenze vanno avanti da mesi. Così, entrati in territorio israeliano, i miliziani hanno trovato una resistenza così debole da rimanere loro stessi sorpresi. E hanno potuto dare il via all’operazione “Tempesta al-Aqsa“.

Twitter: @GianniRosini

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