C’è voluta la caparbietà degli attivisti della campagna Stop Rwm per scoprire che la società del gruppo Rheinmetall, divenuta famosa per gli ordigni trovati in Yemen, quest’estate ha condotto dei test esplosivi nel nuovo poligono di Domusnovas-Iglesias, dichiarato abusivo dal Consiglio di Stato nel 2021. Giudizio poi confermato nel febbraio del 2022, quando lo stesso tribunale amministrativo di secondo grado ha rigettato il ricorso contro la sentenza presentato dalla multinazionale degli armamenti. Nel corso di un sopralluogo, avvenuto alla fine di agosto, gli attivisti sardi avevano notato la presenza di numerosi sacchetti di sabbia e soprattutto evidenti danneggiamenti alle pareti di cemento armato nel poligono “Campo Prove R140”.

Tecnicamente, proprio a seguito del pronunciamento del Consiglio di Stato – che nel 2021 aveva bocciato la costruzione dei nuovi reparti perché mancanti di Via (valutazione d’impatto ambientale) – i campi R200, R210 e il campo prove R140 dovrebbero rimanere inutilizzati in attesa che la Rwm riesca a ottenere una Via ex post. Un esito non scontato, visto che la società sta cercando di rimediare al fermo chiedendo la messa in regola soltanto dei nuovi reparti costruiti e non di tutto il complesso, come invece chiedono ambientalisti e antimilitaristi.

Anche il Servizio valutazione impatti e incidenze ambientali della Regione Sardegna sembrava aver accolto quest’ultima richiesta, dal momento che il 27 aprile scorso, nel Rapporto finale dell’inchiesta pubblica (la procedura in cui le parti espongono le proprie annotazioni) scriveva: “Considerato il divieto di frazionamento artificioso (…) e la necessità di una valutazione degli effetti cumulativi nell’ambito della Via (…) dovrà tenersi conto anche dell’impianto preesistente, e, in particolare, di tutti gli interventi successivi alla data di rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale (Aia), nonché del complesso delle attività produttive svolte nell’intero stabilimento”.

In un incontro pubblico gli attivisti hanno anche evidenziato che lo stabilimento della Rwm è attraversato dal Rio Figu, riconosciuto dal Comune di Iglesias come “area di pericolosità idraulica molto grave”, così come l’area golenale dello stesso fiume, definita “a rischio idrologico molto elevato” con possibilità di “perdita di vite umane e lesioni gravi alle persone, danni gravi agli edifici, alle infrastrutture e al patrimonio ambientale”. Anche in questo caso il Rapporto finale dell’inchiesta pubblica prevedeva che i vincoli segnalati avrebbero dovuto essere oggetto di ulteriori approfondimenti e in particolare di un’analisi delle aree a pericolosità idraulica.

Invece ambientalisti e antimilitaristi hanno scoperto che i nuovi test esplosivi sono stati autorizzati proprio dal Servizio valutazioni ambientali della Regione Sardegna, dopo parere positivo di altri enti regionali. La Rwm, spiega al fattoquotidiano.it il referente di Italia Nostra Graziano Bullegas, “ha chiesto l’autorizzazione in virtù di una legge che prevede, in caso di Via ex post, il proseguimento dell’attività. Su questa base il poligono, che era già in attività, ha ricevuto parere positivo, a differenza degli altri due reparti R200 e R210, che non sono mai entrati in attività. A nostro modo di vedere è stata una decisione sbagliata”, denuncia Bullegas. La norma, spiega infatti, “è prevista per opere che – in caso di fermo – procurino maggior danno all’ambiente di quanto non avvenga lasciandole in attività. Qui invece si sta ancora valutando l’impatto di un impianto di armi ed esplosivi posto a quattrocento metri da un sito naturalistico di interesse comunitario (il Sic di Monte Linas Marganai, ndr)”.

Contattato da ilfattoquotidiano.it, l’amministratore delegato di Rwm Italia, Fabio Sgarzi, si è rifiutato di commentare. Il suo pensiero può essere dedotto però dagli ultimi interventi pubblici: nel corso dell’incontro pubblico per la procedura di Via ex post, ad esempio, Sgarzi ha celebrato l’attività dell’azienda, “di carattere strategico per lo Stato e le nazioni alleate”, “fondamentale per garantire la sicurezza sovrana da eventuali minacce derivate dall’esterno”. In realtà, nella Relazione sulla gestione che accompagna l’ultimo bilancio depositato, si legge che il mercato italiano copre solo il 3,6% delle vendite, per un totale di sette milioni di euro, e l’1,6% dei nuovi contratti stipulati nel corso dell’anno, per altri otto milioni di euro. Anche il mercato europeo risulta marginale, dal momento che gli Stati del vecchio continente rappresentano solo il 12% degli utilizzatori finali di prodotti e servizi messi sul mercato da Rwm Italia. A bilancio invece risultano ancora “contratti non operativi” per la fornitura di bombe d’aereo all’Arabia Saudita del valore di 298 milioni, bloccati dal governo italiano nel 2019. Per un’analoga fornitura agli Emirati Arabi Uniti, Rwm ha avviato il procedimento di richiesta indennizzo dei danni subiti.

Anche se metà dei suoi scambi sono infragruppo, nel 2022 Rwm Italia mostra un risultato in netto miglioramento, “per effetto del mutamento (…) del contesto geopolitico internazionale, segnato dalla crisi russo/ucraina”: grazie al conflitto, l’attività nello stabilimento sardo – che produce sia corpi bomba sia caricamento con esplosivo – si è gradualmente intensificata ed è arrivata a coprire sette giorni della settimana su sette. A questo scopo la società ha bisogno dei nuovi reparti R200 e R210, e il ritardo nel loro avvio viene annoverato fra i rischi legati alla produzione. In cambio della Via, ha detto Sgarzi, Rwm offre l’intenzione del gruppo di “radicarsi” e “investire sempre più in un territorio (…) in cui la percentuale di disoccupazione è (…) più del doppio di quella nazionale a livello giovanile”, mentre i redditi pro capite sono tra più bassi d’Italia. Quello dei nuovi posti di lavoro è un mantra ripetuto dall’azienda e dei suoi sostenitori, ma il bilancio mostra che il numero dei dipendenti di Rwm è rimasto sostanzialmente uguale dall’anno precedente (da 96 a 98), mentre sono raddoppiati i somministrati (da 77 a 144) per affrontare “l’andamento irregolare della produzione”.

Anche sul fronte giudiziario si registra una novità. Mentre il processo a carico di dirigenti, tecnici aziendali e funzionari comunali che hanno autorizzato gli ampliamenti della fabbrica è in fase dibattimentale, la pm Rossella Spano ha chiesto il rinvio a giudizio di un altro dipendente del comune di Iglesias, per non aver inoltrato (per due anni!) un ricorso amministrativo presentato contro la realizzazione del poligono. Si trattava di un ricorso straordinario al presidente della Repubblica avanzato da varie sigle (Legambiente, Assotziu consumadoris, Usb, Centro sperimentale autosviluppo, Comitato riconversione Rwm). La procedura prevede che il documento venga presentato al Comune di pertinenza, il quale ha il dovere di inoltrarlo al ministero competente. In questo caso, nonostante i numerosi solleciti dei proponenti, il ricorso è stato girato al ministero delle Infrastrutture soltanto dopo il pronunciamento del Consiglio di Stato, rendendolo di fatto inutile. L’udienza preliminare di questo nuovo procedimento è fissata al 24 gennaio 2024.

Articolo Precedente

Trieste, il monitoraggio degli ambientalisti sull’inquinamento delle navi da crociera: “Valori 10 volte più alti alle aree non esposte”

next
Articolo Successivo

I 60 anni dal Vajont e le dighe che tornano di moda

next