Studiare costa caro e non basta avere i requisiti per ricevere gli aiuti. È il caso delle università del Veneto, dove sono più di 3mila gli “idonei non beneficiari” delle borse di studio, un numero confermato dai dati comunicati dalla stessa Regione. Già dall’anno scorso, per mancanza di fondi dalla Regione, centinaia di studenti sono rimasti senza il contributo a cui hanno diritto. La vicenda è scoppiata nel 2022, durante il governo Draghi: grazie ai fondi del PNRR sono infatti state aumentate le soglie di reddito per richiedere le borse (oltre agli importi), ma in Veneto la manovra ha avuto un effetto imprevisto. Nel bilancio della Regione presieduta dal leghista Luca Zaia, alla voce cultura, mancano quasi 14 milioni di euro per coprire tutti gli studenti e le studentesse che rispettano i criteri per ricevere il sussidio. Negli ultimi dieci giorni però, è arrivato l’aiuto del governo: il Consiglio dei Ministri ha stanziato più di 17 milioni di euro per le borse. Non è ancora chiaro quale percentuale andrà al Veneto, ma la notizia ridà speranza a chi, per tutto l’anno accademico passato non ha ricevuto il contributo (a cui avevano diritto) per un buco nel bilancio della regione di 13,8 milioni. Negli ultimi giorni studenti e sindacati del Veneto sono scesi in piazza: senza il sussidio, il caro studi incide ancora di più.

“C’è una grandissima responsabilità politica della Regione Veneto – attacca Marco Dario, coordinatore dell’Unione degli Universitari di Venezia – il diritto allo studio è un tema serio, le borse vanno finanziate, altrimenti gli studenti stanno a casa e rinunciano agli studi”. Tre ragazzi che frequentano gli atenei pubblici del Veneto hanno raccontato a ilfattoquotidiano.it le loro difficoltà, tra la paura di non ricevere la borsa entro novembre (dopo l’inizio del prossimo anno accademico) e la ricerca di un lavoro temporaneo per non gravare sui risparmi dei genitori. Secondo gli ultimi dati del ministero, il Veneto è una delle Regioni peggiori nella copertura delle borse di studio per gli idonei (93 per cento sul totale) ed è poco sopra di Molise, Abruzzo, Sicilia e Calabria. Ed è ben lontana dal 100 per cento di copertura di altre Regioni con alta concentrazione di università (dal Piemonte a Emilia-Romagna, Toscana e Lazio).

“Al momento dell’iscrizione mi sono basata anche su questa borsa di studio, avevo la certezza di riceverla”. Lo dice Francesca Bonomo: è una ragazza di vent’anni, è arrivata dalla Sicilia per studiare Scienze politiche all’università di Padova e si è dovuta arrangiare per proseguire gli studi. “Sono entrata in graduatoria, ma sono risultata non beneficiaria dopo due assegnazioni. Avrei avuto diritto a circa 7mila euro annui, che avrebbero coperto tutti i mesi di affitto: quella è la spesa più importante, a Padova gli affitti si sono alzati ed è difficile trovare una sistemazione a meno di 400 euro al mese. Quindi ho cominciato a lavorare per non pesare sulle spalle dei miei genitori: tre giorni a settimana in pizzeria, per arrotondare. Così ho potuto continuare a studiare, altri hanno lasciato l’università”. Bonomo non è del tutto fiduciosa. “Ho fatto una nuova richiesta, dal secondo anno contano anche i parametri di merito oltre che di reddito. Con i pochi fondi che stanziano per l’università, per una persona come me che viene dal Sud risulta difficile andare a studiare senza avere la certezza di un supporto economico”.

Anche chi è del posto fa fatica. “Mi spetterebbero 2854,01 euro all’anno, contando una maggiorazione del 15% perché ho un ISEE molto basso rispetto alla media – dice Adrian Nirca, veronese, al terzo anno di lingue per il commercio all’Università di Verona e rappresentante di UdU nel consiglio degli studenti – Sono rimasto tra gli ultimi 200 esclusi. Ho provato tanta frustrazione: io sono in sede e non ho spese d’affitto, ma sarebbero soldi utili per uno che frequenta le lezioni tutti i giorni, soprattutto ora con il caro-vita e il caro-libri”. Quindi tocca fare dei sacrifici. “Ho cominciato a lavorare in un bar, tre giorni nel fine settimana: prendo 7,50 euro all’ora per 8 ore al giorno. Questo significa sacrificare parte dello studio per avere i soldi per condurre una vita da studente. Il lavoro però incide sul rendimento scolastico e, di conseguenza, sul sostegno economico, che tiene conto dei parametri di merito”. All’orizzonte, ancora niente. “Probabilmente non verranno allocati altri fondi: sono molto pessimista. Regione e ministero condividono il colore politico, servirebbero azioni congiunte. La regione dovrebbe occuparsi del diritto allo studio universitario, secondo la Costituzione. In Veneto la situazione è peggiore di Toscana ed Emilia-Romagna: penso che manchi la volontà, più che la disponibilità economica”.

“Il fatto che Regione Veneto continui a promettere l’impegno e poi i fondi non si vedono è assurdo – aggiunge Simone Loddoni, ventenne sardo che ha terminato il primo anno di una facoltà economica a Ca’ Foscari, residente nel Veneziano – io dopo due scorrimenti sono rimasto senza borsa di studio per tre posti. Ho chiesto un’altra agevolazione per l’affitto”. Senza i fondi regionali è difficile mantenersi. “Ho chiesto una mano ai miei genitori: il fatto che sono senza borse di studio mi limita per molte cose. Per l’alloggio pago 400 euro al mese: avrei diritto a circa 4mila euro all’anno, mi avrebbero coperto completamente l’affitto”. Simone deve stare attento ai movimenti. “Avevo 200 euro per questo mese e con una spesa più corposa ne sono andati via 150. Ora, banalmente, evito di andare fuori a cena con gli amici per risparmiare. Poi se devo tornare in Sardegna vanno via altri soldi per il volo. Ho fatto dei lavoretti come consegna pizze e aiuto nel campus universitario, giusto per pagarmi qualche spesa. Spero ancora di prendere la borsa di studio”. Il problema si abbatte sui giovani, già alle prese con i rincari dei prezzi. “I costi sono proibitivi in tutte le città universitarie”, conclude Marco Dario, “c’è una speculazione che parte dai costi degli affitti e dei posti letto e che va a scapito degli studenti, i quali dovrebbero vivere la città e sentirsi a proprio agio nel contesto cittadino”. Alcune università hanno provato a tappare il buco della Regione con dei fondi di ateneo, ma se il problema non viene risolto dall’alto sarà fisiologico un calo di iscritti. “O riceviamo sussidi adeguati o la storia si scriverà da sola: chi non se lo potrà permettere rimarrà a piedi”.

In attesa che arrivino i fondi promessi dal governo, l’assessora regionale all’istruzione Elena Donazzan (Fdi) rivendica: “È grazie alle istanze presentate dalla Regione del Veneto se il Governo ha stanziato ulteriori risorse per assicurare la copertura della borsa di studio. Abbiamo ottenuto una risposta a beneficio di tanti giovani”. Le opposizioni fanno leva sul fatto che il 65% degli idonei non beneficiari italiani sia in Veneto: 3247 su 4947. “È la fotografia di una Regione che non investe nel diritto allo studio” dice Erika Baldin del M5S. “Rimane il tema strutturale di come finanziare le borse per il futuro” aggiunge Vanessa Camani, capogruppo Pd. “Responsabilità di chi guida la regione, che non ha stanziato quanto avrebbe dovuto – conclude Elena Ostanel della lista Il Veneto che Vogliamo – Pensare che un ragazzo di una famiglia povera abbia lasciato l’università è inaccettabile”.

Se i soldi del governo fossero sufficienti per coprire tutti gli idonei, l’amministrazione avrebbe un problema in meno: aveva messo da parte un canone per una società costruttrice della Pedemontana, con la speranza di recuperarlo e destinarlo ad altre voci, tra cui la cultura. Circa 23 milioni che la giunta potrebbe spendere su altri capitoli nei prossimi mesi. Resta il fatto che i soldi previsti per le borse di studio non sono più bastati da quando sono cambiati i parametri per richiederle, ancora nel 2022. “C’è stato un aumento della platea non compreso nel bilancio 2023 – dice a ilfattoquotidiano.it l’assessore al bilancio del Veneto, Francesco Calzavara – non ci aspettavamo un tale incremento degli aventi diritto, che ha fatto esplodere la spesa. In fase di bilancio non ho avuto comunicazioni”. I parametri cambieranno ancora e la platea è destinata ad aumentare: serviranno più fondi? “Probabilmente sì. Il tema delle borse di studio è importante”.

Articolo Precedente

Inutile la prova muscolare post Caivano sui giovani: manifesto per una scuola mite

next
Articolo Successivo

Caro affitti, Da Milano a Roma, da Bologna a Pisa con le tende davanti alle università: la protesta del collettivo “Cambiare rotta”

next