Atelier e negozi d’abbigliamento cinesi nel cuore della Capitale utilizzati come centrali di riciclaggio del denaro proveniente dal narcotraffico, da quello della malavita romana fino ai soldi della ‘ndrangheta. E un movimento costante di denaro tra l’Italia e la Cina che, hanno accertato gli investigatori, ha superato i 50 milioni di euro. L’inchiesta della Procura di Roma, coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia, ha portato questa mattina all’esecuzione di ben 33 misure di custodia cautelare (22 in carcere e 11 domiciliari) nelle province di Roma, L’Aquila, Reggio Calabria, Napoli, Perugia, Ancona e Campobasso. Le indagini sono state condotte dal gruppo Gico del Nucleo di polizia-economico finanziaria della Guardia di Finanza di Roma. Al centro vi sono un “brokercinese e due distinte organizzazioni criminali di base nella Capitale.

Tra le persone coinvolte, infatti, risultano esserci Antonio Gala, 43 anni, latitante, e Fabrizio Capogna, 39 anni, entrambi associati alla prima banda, a cui sono stati sequestrati oltre 110 kg di droga (hashish, marijuana e cocaina), a fronte dei quali sono stati ricostruiti traffici illeciti per oltre 545 kg di stupefacenti, costituente un giro di affari tra Spagna e Italia di circa 20 milioni di euro. Ritenuto tra i vertici di una seconda organizzazione è invece Federico Latini, 29 anni, arrestato anche lui e noto alle cronache romane per essere stato coinvolto in un tentato omicidio legato a un regolamento dei conti nel mondo del narcotraffico capitolino. A Latini, in particolare, i finanzieri hanno sequestrato oltre 157 kg di droga (per un valore stimato di circa 4 milioni di euro) e armi, trasportate in sicurezza grazie a sofisticati vani segreti ricavati nelle autovetture messe a disposizione dei corrieri.

Per gli inquirenti, giocava un ruolo centrale Wen Kui Zheng, il “broker cinese” che dietro le insegne dei negozi di abbigliamento avrebbe messo in piedi una vera e propria agenzia di “Fei Ch’ien”, letteralmente “denaro volante” consistente nel trasferimento virtuale del denaro all’estero. L’agenzia procedeva prima alla raccolta attraverso degli “spalloni” (i corrieri, appunto), poi all’assegnazione di codici convenzionali e poi con la compensazione tramite documenti fiscali fittizi e triangolazioni tra operatori cinesi. Durante la pandemia, rivelano gli inquirenti, gli “spalloni” venivano incaricati di trasferire materialmente il contante all’estero, attraverso viaggi in auto dotati scomparti ad hoc in grado di eludere i controlli. Il broker, in particolare, si occupava di reclutare nuovi associati e prendere accordi diretti con numerosi “clienti”, offrendo supporto “logistico” ai corrieri di valuta, per conto dei quali era in grado di pianificare e organizzare dettagliatamente i viaggi aerei con cui trasportare il denaro contante all’estero allo scopo precipuo di eludere i controlli alle frontiere.

I conferitori del denaro contante da riciclare si servivano quindi di chat criptate per sfuggire ai tentativi di intercettazione e il cui contenuto è stato acquisito anche grazie alla collaborazione tra la dda di Roma ed Eurojust. Un’agenzia del riciclaggio in piena regola insomma, con base nel centralissimo quartiere Esquilino a Roma, di cui si servivano le organizzazioni criminali e i narcotrafficanti. Presso l’aeroporto di Fiumicino, la Gdf ha sequestrato 10 milioni di euro ai “money mule” incaricati di trasferire fisicamente il denaro fuori dall’Unione Europea, mentre gli stessi investigatori hanno accertato un guadagno netto per la compagine cinese di 4 milioni di euro.

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