Il memorandum non sta funzionando e il presidente tunisino ci mette del suo. I 127 milioni di euro sbloccati dall’Unione europea, di cui 42 direttamente legati all’accordo di luglio sui migranti, dovevano essere la svolta operativa. “La prima tranche partirà la prossima settimana”, aveva infatti assicurato Meloni davanti ai Paesi Ue riuniti a Malta per il Med9 il 29 settembre. Tanto che le parole del presidente tunisino Kais Saied sono una doccia fredda: “Non accettiamo la carità”. Rifiuta i soldi e a quanto pare rilancia la posta in gioco, con buona pace della Commissione europea che dopo le parole di Saied si è affrettata a dichiarare che la collaborazione sul memorandum continua: “Siamo in contatto con le autorità tunisine sull’attuazione dell’accordo”, ha detto il portavoce. Successivamente, un funzionario Ue ha commentato la situazione fuor di burocratese, sottolineando che le dichiarazioni del presidente tunisino non sono chiare, per motivi tecnici. Tradotto: non hanno ricevuto le traduzioni. Testuale: “Non abbiamo capito ancora cosa volesse dire Saied – ha spiegato – Non abbiamo avuto la trascrizione e stiamo lavorando per avere più informazioni”. Sul campo restano le interpretazioni e secondo quanto ha fatto filtrare Bruxelles il presidente tunisino “avrebbe preferito più aiuti” rispetto alla prima tranche decisa dalla Commissione. Sullo stato dell’intesa l’alto funzionario non ha voluto dire troppo anche perché, ha ricordato, il Consiglio “non è stato coinvolto” nei negoziati. Ma, ha sottolineato, “non possiamo dire che il Memorandum sia un fallimento”.

Quanto all’Italia, naufraga la principale strategia del governo Meloni che col memorandum contava di bloccare i migranti che dallo scorso autunno partono soprattutto dalla Tunisia. 135mila gli arrivi da inizio anno, di cui oltre 50mila registrati dopo la firma dell’accordo con Tunisi. In Tunisia la crisi economica morde e scarseggiano anche generi alimentari di prima necessità. I due miliardi di dollari del Fondo monetario internazionale per dare ossigeno al Paese restano una pratica incagliata perché Saied rifiuta le riforme chieste in cambio. Una questione di sovranità, la stessa che ha rivendicato di fronte all’Unione europea. “La Tunisia, che accetta la cooperazione, non accetta né la carità né l’elemosina. Il nostro paese e la nostra gente non vogliono pietà ma esigono rispetto”, dice il comunicato pubblicato da palazzo Cartagine. Che assicura: “La Tunisia fa tutto il possibile per smantellare le reti criminali che trattano esseri umani e organi umani”. Una questione di soldi, dunque? Il memorandum prevede due tranche da 255 milioni di euro, oltre a un prestito per altri 900 milioni di euro che però restano vincolati ai fondi del FMI. Saied smentisce seccamente: “Tutta la ricchezza del mondo non vale un grammo della nostra sovranità. Piuttosto, la proposta contraddice dell’Ue il memorandum firmato a Tunisi nello spirito che ha prevalso alla conferenza di Roma lo scorso luglio”.

Del resto, sul lato europeo del Mediterraneo poco importano le ragioni del regime tunisino se continua a mettere in imbarazzo la Commissione Ue. Le rassicurazioni sui contatti per “l’attuazione del memorandum” arrivano dopo che Tunisi ha già rinviato a data da destinarsi la visita della delegazione Ue che avrebbe dovuto lavorare proprio all’implementazione dell’accordo. E’ accaduto la settimana scorsa e già una missione del Parlamento europeo era stata respinta a inizio settembre. Tanto che le intemperanze del presidente tunisino entrano direttamente nello scontro politico che anticipa la prossima campagna elettorale per le europee di giugno. Da un lato i socialisti europei che da subito avevano attaccato il memorandum, incurante dei diritti delle persone migranti e di quanto stava accadendo nel Paese dove centinaia di subsahariani sono stati abbandonati in mezzo al nulla ai confini con Libia e Algeria. Dall’altro il Ppe col timore dell’ultradestra che per ora preferisce non mollare: “Non c’è nessuna alternativa a collaborare con i nostri i vicini, il memorandum con la Tunisia è la via giusta e un esempio per gli accordi in futuro”, ha detto il presidente del Ppe, Manfred Weber in conferenza stampa a Strasburgo. “Parliamo di Tunisia solo quando si parla di migranti, ma dobbiamo ascoltare le loro preoccupazioni, sul loro sviluppo economico. Se ci sono problemi sull’attuazione” dell’accordo, “bisogna trovare una soluzione, io resto in supporto”.

Ma il supporto di Weber serve a poco, sopratutto a Lampedusa dove gli arrivi dalla Tunisia sono solo una questione di meteo. Peraltro la ricetta del nostro governo non cambia. “La vera soluzione strutturale all’emergenza migratoria va cercata nella prevenzione delle partenze e nella cooperazione sia a livello bilaterale che a livello europeo con i Paesi coinvolti. Bisogna proseguire il dialogo politico con la Tunisia, attuare il memorandum concluso dalla Ue”, ha dichiarato il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi a margine dell’incontro al Viminale col Presidente del Consiglio Nazionale della Repubblica Federale d’Austria Wolfgang Sobotka. Piantedosi, che pure ha espresso qualche dubbio sulla capacità della Tunisia di collaborare, era partito fiducioso: “Il blocco navale? Lo stiamo facendo con l’accordo con la Tunisia”, aveva detto dopo che Giorgia Meloni aveva accompagnato la presidente della Commissione Ue Ursula Von del Leyen a Tunisi perché firmasse il memorandum. Viste gli sbarchi che aumentavano invece di diminuire, Meloni e il suo governo si erano scagliati contro i socialisti europei che opponendosi all’intesa remavano “contro gli interessi italiani ed europei”. Ma di fronte alle ultime parole di Saied sarà difficile prendersela con gli avversari politici a Bruxelles. Mentre quelli italiani già rilanciano: “La premier dovrebbe almeno avere la dignità di venire in Parlamento, spiegare cosa sta accadendo e ammettere il proprio fallimento davanti agli italiani”, ha detto il segretario di +Europa, Riccardo Magi, dopo le parole di Saied.

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