Fino a un’ora dopo che il loro cuore si era fermato, alcuni pazienti “riportati in vita” grazie alla cosiddetta rianimazione cardiopolmonare (RCP) avevano ricordi chiari di esperienze relative alla loro “morte”. Non solo: avevano anche mostrato attività cerebrale – mentre erano incoscienti – legate al pensiero e alla memoria. Questo è quanto emerge da un nuovo studio pubblicato sulla rivista “Resuscitation”, e condotto da ricercatori della New York University (NYU) Grossman School of Medicine, in collaborazione con 25 ospedali per lo più statunitensi e britannici. Nell’ambito della ricerca, alcuni sopravvissuti ad un arresto cardiaco hanno descritto esperienze “pre morte” avvenute mentre erano apparentemente incoscienti. Lo studio ha anche scoperto che in un sottogruppo di questi pazienti, che hanno ricevuto il monitoraggio del cervello, quasi il 40 per cento aveva un’attività cerebrale che tornava alla normalità, o quasi, da uno stato “flatline”, fino ad anche dopo un’ora dall’inizio della RCP.

Diversi pazienti rianimati hanno riferito nel tempo di aver avuto esperienze “pre morte” come una maggiore consapevolezza, affermano gli autori dello studio. Queste esperienze includono la percezione della separazione dal corpo, l’osservazione degli eventi senza dolore o angoscia e una valutazione significativa delle proprie azioni e relazioni. Questo nuovo lavoro ha scoperto che queste esperienze di morte sono diverse dalle allucinazioni, dai deliri, dalle illusioni, dai sogni e dallo stato di coscienza indotto dalla RCP. Gli autori dello studio ipotizzano che il cervello morente rimuova i sistemi inibitori (frenanti) naturali. Questa situazione potrebbe aprire l’accesso a “nuove dimensioni della realtà”, compreso il ricordo lucido di tutti i ricordi immagazzinati dalla prima infanzia sino al momento della “morte”, che possono anche essere valutati con elevati criteri etici in quei momenti dal paziente. Sebbene nessuno conosca lo scopo evolutivo di questo fenomeno, esso “apre la porta a un’esplorazione sistematica di ciò che accade quando una persona muore” secondo gli autori.

L’autore senior dello studio Sam Parnia, MD, PhD, professore associato presso il Dipartimento di Medicina della NYU Langone Health e direttore della ricerca in terapia intensiva e rianimazione presso la NYU Langone, afferma: “Sebbene i medici abbiano a lungo pensato che il cervello subisse danni permanenti per circa 10 minuti dopo che il cuore smette di fornirgli ossigeno, il nostro lavoro ha scoperto che il cervello può mostrare segni di recupero elettrico per molto tempo durante una RCP in corso. Questo è il primo ampio studio a dimostrare che questi ricordi e cambiamenti delle onde cerebrali possono essere segni di elementi universali e condivisi delle cosiddette esperienze di pre-morte.” Il dottor Parnia aggiunge: “Queste esperienze forniscono uno sguardo su una dimensione reale, ancora poco compresa, della coscienza umana che viene scoperta con la morte. I risultati potrebbero anche guidare la progettazione di nuovi modi per riavviare il cuore o prevenire lesioni cerebrali e avere implicazioni per i trapianti.” Chiamato AWAreness during REsuscitation (AWARE)-II, lo studio ha seguito 567 uomini e donne che hanno subito un arresto cardiaco durante la degenza ospedaliera tra maggio 2017 e marzo 2020 negli Stati Uniti e nel Regno Unito.

Sono stati arruolati solo pazienti ospedalizzati per standardizzare i metodi di RCP e rianimazione utilizzati, nonché i metodi di registrazione dell’attività cerebrale. Un sottogruppo di 85 pazienti è stato sottoposto a monitoraggio cerebrale durante la RCP. Sono state inoltre esaminate ulteriori testimonianze di 126 sopravvissuti ad arresto cardiaco con ricordi auto-riferiti per fornire una maggiore comprensione dei temi legati all’esperienza di morte rievocata. Gli autori dello studio concludono che la ricerca fino ad oggi non ha né dimostrato né smentito la realtà o il significato delle esperienze e delle dichiarazioni di consapevolezza dei pazienti in relazione alla morte. Dicono che l’esperienza ricordata riguardo alla morte merita ulteriori indagini empiriche e intendono condurre studi che definiscano più precisamente i biomarcatori della coscienza clinica e che monitorino gli effetti psicologici a lungo termine della rianimazione dopo l’arresto cardiaco.

Community - Condividi gli articoli ed ottieni crediti
Articolo Precedente

Attenzione alla pressione alta da giovani: “1 under 35 su 10 rischia infarto o ictus prima della pensione”. Il nuovo studio

next