Centinaia di boschi italiani situati in aree definite come di “notevole interesse pubblico” – ovvero zone dove vi siano, tra l’altro, “bellezze naturali e panoramiche”, “memoria storica” e “singolarità geologica” – potranno essere tagliati senza più l’autorizzazione paesaggistica della sovrintendenza. L’emendamento al Decreto Asset presentato dal senatore e presidente della IX Commissione (Industria, commercio, turismo, agricoltura e produzione agroalimentare) Luca De Carlo, approvato il 27 settembre, ha modificato l’art.149 comma 1 lettera c del codice dei Beni culturali (dlgs 42/2004) con l’obiettivo di “rilanciare l’industria del legno”. È stato festeggiato come un alleggerimento del carico burocratico da diverse sigle associative legate all’economia forestale. Per Angelo Bonelli, co-portavoce nazionale di Europa Verde, invece, “distrugge i pilastri della tutela della biodiversità”. Bonelli accusa Fdi di “violare l’articolo 9 della Costituzione, che pone in capo allo Stato la tutela della biodiversità”. L’abrogazione di una norma molto utilizzata a tutela dei boschi del nostro Paese è una sconfitta per l’associazione Gufi (Gruppo Unitario per le foreste italiane): “È stata modificata la Legge Galasso che considerava i boschi come parte integrante del paesaggio – spiega Valentina Venturi, portavoce dei Gufi – mentre il paesaggio boschivo non sarà più tutelato, ne beneficerà una filiera del legno di scarso valore, quello destinato alla combustione”.

I principali beneficiari: filiera della legna da ardere e del pellet – “Si vogliono tagliare più alberi in Italia per evitare l’importazione di pellet e biomassa legnosa da altri Paesi, ma il problema è che nel nostro Paese se ne brucia troppa”, aggiunge Venturi. Come conseguenza di ingenti incentivi che sono stati dati negli anni alle stufe a legna e pellet, il nostro Paese è infatti il maggior consumatore di pellet in Europa con 3-4 milioni di tonnellate all’anno bruciate nelle case degli italiani, ma circa il 90% di questo è importato. Inoltre – sottolineano i Gufi – circa l’85% del legname estratto in Italia è destinato alla combustione, principalmente come legna da ardere. Per questo l’associazione dell’Energia dal Biomasse Legnose Aiel, insieme ad altre sigle, si è in passato opposta al vincolo paesaggistico come nel caso di tagli boschivi bloccati dalla sovrintendenza sul monte Amiata. “Proprio a causa dei frequenti tagli boschivi le nostre foreste sono giovani e per questo inadatte all’uso nella filiera di maggior valore aggiunto, come quella del mobile”, aggiunge Venturi.

Le regioni restano gli unici soggetti politici a decidere sul destino dei boschi – I Gufi sottolineano come il paesaggio sia definito come “quella parte del territorio espressiva di identità”, dallo stesso Codice dei Beni Culturali, che è stato modificato. “Pensiamo all’area del castello Monte Massi, in Toscana, contornato da monti, olivi secolari e boschi, dipinto da Simone Martini nel 1300. È stata perimetrata dal ministero della Cultura attraverso uno specifico decreto. Ogni modifica degli edifici deve passare l’esame del sovrintendente, che però non potrà più pronunciarsi sul taglio dei boschi. Da oggi gli unici soggetti politici in grado di decidere sul destino delle foreste italiane saranno le regioni”.

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