Quando il deep fake incontra la pornografia, il rischio è di ritrovarsi inconsapevolmente protagonisti di video espliciti senza averli mai registrati. È quanto successo a una ventina di ragazze tra gli 11 e i 17 anni nella cittadina di Alendralejo, in Spagna, che hanno trovato in circolazione sul web video modificati con programmi di intelligenza artificiale che le ritraggono nude e coinvolte in atti sessualmente espliciti. I filmati che mostrano il video delle minori su corpi sconosciuti sono stati condivisi in chat Whatsapp “ad accesso privato” e su Telegram, una modalità simile a quanto accaduto in Italia nel caso dello stupro di Palermo. Le famiglie delle vittime temono che siano stati diffusi anche su siti pornografici o piattaforme di accesso a contenuti privati quali Only Fans.

La vicenda è diventata di dominio pubblico lo scorso 17 settembre dopo la denuncia delle madri delle vittime, che oltre a rivolgersi alle autorità spagnole si sono riversate sui social per condannare l’accaduto. Tra di loro anche la dottoressa Miriam Al Adib Mendiri, ginecologa e tik toker famosa per i suoi video di divulgazione in tema di sesso e affettività tra i giovani spagnoli. Anche sua figlia 12enne è tra le vittime coinvolte in questo reato digitale. “È così realistico che la prima cosa che ho pensato quando l’ho visto è stata ‘cosa avete fatto'”, ha dichiarato la divulgatrice in un’intervista al quotidiano spagnolo El Périodico, avvertendo che con l’avvento delle tecnologie di alterazione delle immagini a base di intelligenza artificiale il rischio di reati di questo tipo non farà che aumentare, e che è responsabilità dello stato proteggere i minori dai predatori, a prescindere dalla loro età.

I responsabili della creazione e divulgazione dei video sarebbero infatti dei compagni delle vittime, anche loro minorenni. Secondo quanto riportano i media spagnoli nelle ultime settimane le autorità hanno raccolto decine di testimonianze e identificato 10 minori per il loro presunto coinvolgimento. Secondo la legge spagnola, gli autori del montaggio rischiano fino a nove anni di carcere con l’accusa di pedopornografia e di ingiurie per attentato all’onore. “I padri e le madri che giustificano, banalizzano, fanno scenate e dicono che siamo esagerate, che si nascondono per non prendersi le loro responsabilità, che ridono, non sanno il danno che stanno facendo, in primo luogo nei confronti dei vostri figli”, ha commentato a proposito su Instagram Al Adib Mendiri.

Il revenge porn, la pratica di condividere scatti o video di nudo inviati tra partner in intimità a persone terze una volta che il rapporto intimo si è interrotto e quindi senza il consenso della persona raffigurata, si intreccia così con il deep fake, le immagini artificiali che risultano credibili. Una pratica che già denunciata da diverse celebrità, le cui immagini facilmente reperibili sul web sono state oggetto di video alterati a sfondo sessuale. La disponibilità di video e immagini di persone comune popolarizzata tramite i social ha però esteso l’urgenza di un framework normativo in questo ambito tecnologico.

In Italia non esiste il reato di deep-fake, ma può avere rilevanza penale in tema di truffa, diffamazione, furto di identità e violazione della privacy, con l’aggravante del coinvolgimento di minori a seguito della creazione o condivisione di materiale pedopornografico.

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