È stata la prima grande strage del Mediterraneo, ma non di certo l’ultima. Il ricordo del naufragio di Lampedusa del 3 ottobre 2013, nel quale hanno perso la vita 368 persone di origine etiope ed eritrea, torna in una mostra al Memoriale della Shoah di Milano dal 26 settembre al 31 ottobre . Un progetto a cura di Zona e Carta di Roma ideato e curato da Paola Barretta, Imma Carpiniello, Valerio Cataldi, Adal Neguse e Giulia Tornari con le fotografie inedite di Karim El Maktafi, “La memoria degli oggetti” racconta la strage di dieci anni fa attraverso testimonianze e oggetti delle vittime, per dare dignità e valore alla vita e costruire una memoria condivisa sul tema delle migrazioni.

Prodotta da 8 per mille Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai, l’esposizione riporta alla luce il naufragio responsabile di avere cambiato la percezione della tragedia delle tratte via mare, in un periodo nel quale i continui sbarchi e la situazione allo stremo dell’hot spot dell’isola di Lampedusa rendono quanto mai attuale una riflessione sul fenomeno migratorio. “Il cuore del progetto è nato dal prezioso contributo di Valerio Cataldi, che per anni si è occupato di immigrazione e aveva in gestione questi oggetti repertati”, spiega a Ilfattoquotidiano.it Giulia Tornari, tra le curatrici della mostra e presidente dell’associazione culturale dedicata ai nuovi linguaggi della fotografia, Zona. “Con la salsedine avevano perso identità, ma tramite la tecnica dello still life vogliamo restituirgli un futuro”.

Secondo gli ultimi dati dell’Organizzazione mondiale per le migrazioni (Oim) sono oltre 25mila le persone morte nel Mediterraneo con la speranza di raggiungere l’Europa. Così, nel luogo simbolo della memoria nel milanese la mostra prova a consolidare il ricordo collettivo della prima grande strage attraverso gli oggetti, per andare oltre l’indifferenza e riportare l’emergenza umanitaria a una dimensione soggettiva. “Viviamo in un momento storico in cui siamo oberati di notizia di sbarchi, ma ci perdiamo totalmente le storie dei singoli. Quando ho visto gli oggetti per la prima volta mi sono commossa perché rappresentano la quotidianità di ciascuno”, commenta a proposito Tornari.

Una quotidianità raccontata attraverso il lavoro inedito di Karim El Maktafi, fotografo italo-marocchino classe ’92 che con i suoi scatti ha immortalato gli oggetti rimasti dal naufragio. Tra crocefissi, biglietti ripiegati con cura e giocattoli per bambini, il monile che più gli è rimasto impresso è però un cellulare, avvolto nella plastica e ricoperto dallo scotch. “Mi ha trasmesso la sensazione di pericolo a cui queste persone vanno incontro, come a dire ‘mi sto imbarcando, voglio che questo particolare oggetto resti con me perché mi servirà'”, racconta l’artista ilfattoquotidiano.it . Oltre all’archivio dei resti materiali della strage, i ritratti fotografici di El Maktafi scoprono i volti dei soccorritori di quel 3 ottobre 2013, insieme a quelli di due sopravvissuti e due familiari di alcune vittime. “Per tutti è stata un’esperienza traumatica ma conservano un gran cuore. Alcuni di loro continuano a battersi per ricordare quanto è accaduto”, spiega. Tra questi anche Adal Neguse, rifugiato eritreo fratello di una delle vittime, che in una sezione dedicata della mostra con i suoi disegni racconta le atrocità delle torture subite dai giovani che provano a scappare dal regime.

Arricchiscono l’esposizione gli audio dei primi che prestarono soccorso, il video del barcone inabissato e i servizi televisivi di Valerio Cataldi, il giornalista Rai che a dicembre 2013 rivelò al TG2 le terribili condizioni del centro di prima accoglienza di Lampedusa, in seguito chiuso. L’accesso alla mostra è incluso nel biglietto d’ingresso al Memoriale: 10 euro intero, 5 euro studenti e over 65, gratuito per portatori di handicap e giornalisti, 22 euro biglietto cumulativo famiglia.

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