Fico chiude. La Fabbrica Italiana Contadina aperta in pompa magna alla periferia di Bologna da Oscar Farinetti nel 2017 non esisterà più. “Fra le cose che non mi son venute tanto bene, Fico è una di queste”, ha spiegato alla maniera di Forrest Gump il guru di Eataly durante una trasmissione di Radio24. Dichiarazione a cui è seguita subito la doccia gelida: Fico non esisterà più e tra quattro mesi negli stessi spazi riaprirà una cosa che si chiamerà Grand Tour Italia. Se non è zuppa è pan bagnato, ma si sa è dal 2012 che a Farinetti a Bologna è stato steso un chilometrico tappeto rosso di cui si fatica a vedere la fine. La fredda cronaca riporta però un dato incontrovertibile: Fico non ha mai funzionato né commercialmente né comunicativamente. Insomma niente brand internazionale a suon di mortadelle e mozzarelle.

La telenovela magniloquente del parco agroalimentare del cibo di qualità inizia oramai undici anni fa, nel 2012, e con sembianze ben diverse. Colui che risulterà poi il sodale di Farinetti nel vendere l’affare Fico a tutti i possibili finanziatori bolognesi, il professore di Politica Agraria Andrea Segré, aveva tra le mani un progetto storico didattico di educazione alimentare. Nei dieci ettari del Caab, il Centro Agroalimentare nell’estremo nord est della città di Bologna, avrebbe dovuto sorgere qualcosa di più istruttivo, invece sulla giostra ci sale Farinetti, vicinissimo a Renzi, quando quest’ultimo stava per diventare segretario del Pd. Bastano un paio di incursioni del vate del Barolo in Pianura Padana all’inizio del 2012 e Bologna è conquistata. Farinetti dà la scossa a tutti: in un’area composta da altissimi capannoni industriali, in buona parte coperti, grande come 14 campi da calcio, i visitatori potranno vedere tutta la filiera produttiva del cibo Made in Italy: dalle (povere) mucche e maiali tenuti lì per bellezza all’impasto del panettone, passando per gli alberelli di pere e mele.

Circola subito un prospetto che se non fosse timbrato dal Comune di Bologna anche il più infaticabile dei sognatori stenterebbe a crederci: nel 2015 venivano previsti cinque milioni e mezzo di visitatori che di anno in anno nel 2019 sarebbero diventati 6 milioni e mezzo. Insomma un decimo della popolazione italiana si sarebbe dovuto avventurare in un solo anno in un vialetto di periferia largo sei metri a corsia per mangiare le tagliatelle previa visione di come si prepara il sugo. Nulla però ferma cifre che si sognerebbe anche Disneyworld di Parigi. Il Comune di Bologna offre gratuitamente a Farinetti il terreno, fa in modo che Tper fornisca bus adibiti solo a Fico, ripennella pure i cartelli autostradali – quelli dove vengono segnalate località e monumenti storici – inserendovi la dicitura Fico. A questo punto mancano però i denari: all’appello del fondo PAI – gestito da Prelios – si fa largo il mondo targato Coop Alleanza che abbraccia in toto Farinetti, poi inizia lo stillicidio di fondi privati tra casse mutue degli ordini professionali e aziende private.

La raccolta di 75 milioni di euro è faticosa e dura parecchio, tanto che la cattedrale del tortellino farinettiano apre i battenti in un grigio giovedì di novembre ben due anni dopo, nel 2017. Sarà perchè è inverno, sarà perché le stesse cose che offre le trovi in altre parti della città, ma Fico non ingrana. Si attende l’estate 2017 e si dice che andrà meglio quella del ’18, arriva quella del ’18 e andrà meglio nel ’19. Poi ci si aggiunge pure il Covid. La Fabbrica Contadina è costretta a chiudere temporaneamente e quando riapre è il vuoto. A nulla serve il rilancio pasquale del 2021 con un nuovo ad, Stefano Cigarini, che addobba l’intera area dei ristoranti (oramai metà e anche meno di quelli aperti nel 2017) e degli scaffali di prodotti (oramai di negozi non ce ne sono più) con enormi forme di parmigiano, maccheroni e prosciuttoni che penzolano dall’altissimo soffitto, oltre alla creazione in un angolo della struttura prima occupata da gelatai, pasticcieri e un campo da beach volley, di un parco giochi per bimbi, il Luna Farm.

Tra il 2022 e il 2023 ulteriore giro di vite: per entrare a Fico si pagano 15 euro a testa, 10 se si fa il biglietto online. Insomma per andare a pranzo o a fare la spesa, che da altre parti faresti gratis, devi pure pagare un biglietto di ingresso. Se Fico prima agonizzava ora va in profondo rosso. A maggio 2023, Farinetti sborsa 15 milioni di euro per acquisire il 100% della Fico Srl, società che gestisce il parco con Coop Alleanza 3.0 che, a sua volta, si sfila ulteriormente diventando solo azionista e finanziatore del fondo immobiliare destinatario dell’affitto. Qui si arriva all’estate 2023, altra estate lacrime e sangue con gli immensi parcheggi vuoti per tre quarti come d’abitudine. Farinetti prepara l’uscita nel suo solito modo un po’ guascone e un po’ serioso. “Sono io che mi sono spiegato male”.

Non sembrano dello stesso avviso Cgil, Cisl e Uil che appena lette le parole del patron di Eataly cadono dalle nuvole: “Apprendiamo con sgomento e preoccupazione ed unicamente dagli organi di stampa dell’imminente chiusura del parco Fico per ristrutturazione. Cosa ancor più grave, a riprova dell’assoluta mancanza di rispetto e di considerazione verso i lavoratori è che gli stessi abbiano appreso la notizia della chiusura del parco negli stessi tempi e con la stessa modalità del recente mese di maggio, quando Farinetti aveva annunciato un ‘robusto piano di rilancio‘ del parco Fico, con l’esclusione di ammortizzatori sociali e con il l’obiettivo di ripianare di tutti i debiti”. Insomma, anche se oramai ce ne sono rimasti pochini, i dipendenti di Fico che fine fanno? Nulla si sa del piano industriale di rilancio, anche se Fico si candida a scalzare il People Mover, altro grande progetto sotto l’amministrazione Pd dalla vita travagliatissima, nella speciale classifica delle grandi e inutili opere per la città.

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