Nel percorso (affannoso) di ricerca di se stesso e di ciò che vorrà essere il Napoli, l’esordio in Champions dice che ci sono elementi positivi da raccogliere e diversi, ancora, negativi. Da rivedere nettamente una difesa che senza Kim è un thriller continuo, anche se l’azione che dopo soli 3 minuti porta il Braga vicinissimo al gol è questione di equilibri che mancano e non solo di pacchetto arretrato. Non ancora delineata poi l’identità di una squadra che pare non sapere se vuole essere dominante, come nel recente passato, o cedere qualcosa in termini di iniziativa e colpire sornione.

Perché a Braga emerge una squadra con un potenziale offensivo enorme, che anche complice un avversario molto modesto va vicina al gol per tre volte in pochi minuti con il portiere Mateus che salva i portoghesi. Non è con gli azzurri neppure la fortuna, che gli porta via Rrahmani per infortunio dopo venti minuti e gli nega il gol quando il solito Osimhen scaglia una saetta sulla traversa. Per la verità non pare essere con gli azzurri neppure Anguissa: tra i migliori e decisivo nella scorsa stagione, irriconoscibile tra svarioni e poca lena nelle gare d’apertura di questa stagione, compresa quella odierna col Braga. C’è il capitano Di Lorenzo, al solito: è lui in finale di primo tempo, quando la verve offensiva del Napoli sembra essersi esaurita e le velleità di vittoria rimandate a dopo l’intervallo, a trovare il vantaggio dopo una sponda di Osimhen con un sinistro sporco.

Nel secondo tempo il Napoli ragiona di più, lasciando di più l’iniziativa al Braga e provando a colpire di rimessa con Kvaratskhelia, Osimhen e Politano e un Anguissa più alto nello scacchiere di Garcia. Atteggiamento rischioso, che infatti porta il Braga a rendersi pericoloso prima su palla inattiva e poi con Horta e in ogni caso a prendere coraggio e iniziativa. Garcia allora cambia a partire ancora una volta da Kvaratskhelia, sostituzione oggetto della polemica nella gara contro il Genoa, per inserire Elmas e Raspadori al posto di Politano e il Napoli torna a farsi vivo nell’area del Braga, con Zielinski che si divora un gol da solo davanti a Mateus. Ma è chiaro che a lasciare completamente il pallino nelle mani degli avversari, peraltro sprecando in avanti tutto ciò che è possibile sprecare, è molto pericoloso: arriva infatti il gol del Braga, con un cross dalla trequarti colpito da Bruma pressoché indisturbato al centro dell’area.

Ci pensa il Braga a farselo da solo, sul forcing disperato del Napoli, il gol del vantaggio azzurro con Niackate. E addirittura il Napoli concede a Ricardo Horta la possibilità di trovare un nuovo e insperato pareggio qualche minuto dopo, ancora lasciato solo su calcio d’angolo. In una gestione dei cambi poco comprensibile, ancora una volta, Garcia chiude con Simeone per Osimhen e regalando l’esordio all’oggetto misterioso Natan nei cinque minuti finali della gara: l’unico saggio dell’erede di Kim è una scivolata troppo a buon mercato su Horta in area di rigore. Poi la difesa riesce a perdersi addirittura all’ultimo secondo Pizzi in area: e solo il palo salva Meret dalla beffa. La sensazione è di un Napoli cantiere e disposto a cedere qualcosa in termini di automatismi di quell’orologio perfetto o quasi che era il Napoli di Spalletti per dare spazio, almeno in parte, a giocate individuali dei singoli. Un percorso possibile per quanto molto rischioso: ci ha provato a Napoli, fallendo, chi aveva spalle molto larghe come Carletto Ancelotti. Un percorso che si costruisce con l’unico materiale possibile, la vittorie, come quella col Braga all’esordio in Champions…o auspicabilmente anche qualcosina in più.

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