Una Pontida di lotta e di governo. A un anno dalla vittoria alle elezioni, il popolo leghista è tornato sul “sacro prato” della cittadina bergamasca per serrare le fila. La parola d’ordine? Per i veneti non ci sono dubbi: “Autonomia”. Ma basta camminare pochi metri e la priorità cambia.“Il Ponte sullo Stretto” dicono i militanti calabresi. Indossano la polo verde con scritta gialla “Sì Ponte” e gridano slogan perché “non c’è sviluppo dell’Italia senza sviluppo del Mezzogiorno e il pratone di Pontida unisce da Nord a Sud”. Persino un militante storico bergamasco sembra essere d’accordo, seppur a suo modo: “Sì, il ponte serve per dare del lavoro a quei terroni giù là”. Ma c’è chi non si capacita che sul prato di Pontida siano apparse magliette a favore dell’opera: “Trent’anni fa sarebbe stato impossibile, ma non ne voglio sentire parlare manco oggi. La questione settentrionale esiste ancora. E dunque vorrei la Pedemontana lombarda, le infrastrutture per il Piemonte”.

C’è un tema però che sembra mettere d’accordo tutti sul pratone di Pontida: quello della gestione dei migranti. Nei discorsi dei leader sul palco e nei cartelli della gente sono tornati gli slogan contro “l’invasione”. In tanti rimpiangono i tempi in cui Salvini era al Viminale. “Il vero strumento per avere un blocco navale serio è avere Matteo come ministro dell’Interno” spiega un sindaco leghista brianzolo. E le promesse elettorali di Meloni? “Lei ha promesso ma non ha fatto” aggiunge un altro militante. Dal palco il leader leghista nega le divisioni “Matteo a Pontida e Giorgia a Lampedusa sono la sintesi di un destino comune” dice dopo aver accolto per la prima volta a Pontida Marine Le Pen. Ma l’insofferenza della base leghista è tanta. C’è chi arriva a proporre di “cedere Lampedusa all’Africa”. E tra i sindaci uno dei più arrabbiati e Flavio Di Muro, primo cittadino di Ventimiglia: “Il tempo della diplomazia è finito, dobbiamo reagire con forza e determinazione prima che sia troppo tardi”. Un appello che sembra essere raccolto dall’intervento di chiusura di Salvini: “Faremo tutto quello che è democraticamente permesso per bloccare un invasione che rischia di essere disastrosa”.

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