I Paesi europei farebbero bene a tenere d’occhio quanto sta accadendo in Belgio, dove non si fermano le polemiche per la decisione del governo belga di escludere temporaneamente i richiedenti asilo maschi soli dal sistema di accoglienza, da tempo sotto pressione come da mesi si susseguono gli appelli del Paese per una diversa distribuzione tra Stati Ue. La decisione è il segretario di Stato per l’Asilo e la Migrazione, Nicole de Moor. “Non voglio restare indietro rispetto ai fatti e quindi ho deciso di riservare tutti i posti disponibili alle famiglie con bambini”, ha detto spiegando che l’aumento dei richiedenti pesa sulla rete nazionale di accoglienza che è stata già ampliata di 9.000 posti l’anno scorso e non verrà ulteriormente allargata, almeno per ora. Gli uomini soli in lista d’attesa sarebbero più di 2.000 e Alain Maron, ministro del governo della regione di Bruxelles-Capitale, ha attaccato la decisione che “porterà a un aumento dei senzatetto”. Quasi paradossalmente, invece, un’altra parte della politica raccoglie l’appello del sistema produttivo che chiede di facilitare il rilascio di permessi di lavoro anche agli irregolari, a chi non ha titolo per rimanere né documenti.

Nel 2022 il Belgio ha ricevuto circa 32mila domande d’asilo di prima istanza, mentre nel 2021 erano state 19mila. Ma le domande sono in aumento in tutta Europa, con un +26% nei primi sei mesi rispetto allo stesso periodo del 2022. L’anno scorso la sola Germania ne ha ricevute 217mila e in Italia sono state 77mila. Ma ciò che conta, e che dovrebbe contare anche a Bruxelles, è il numero di richieste rispetto alla popolazione. Nel 2022 il tasso medio nell’Unione è stato di 1.923 domande d’asilo per milione di abitanti. L’Italia, ad esempio, è costantemente sotto la media, con 1.308 domande per milione di abitanti. Al contrario, con i suoi 11 milioni e mezzo di abitanti il Belgio ha un tasso di 2.791 domande per milione. Numeri che fanno dire al Segretario de Moor che trova “difficile sentir dire che il nostro Paese non rispetta i suoi obblighi. Se tutti i Paesi europei facessero la loro parte, non ci troveremmo in questa situazione”. In altre parole, chiede che i Paesi sotto media Ue, come l’Italia, accolgano un numero maggiore di richiedenti e rifugiati.

Ma l’argomento non ha placato le polemiche sulla sua recente decisione. Secondo Kati Verstrepen, presidente della Lega per i diritti umani, il fatto che la crisi dell’accoglienza esiste da molto tempo “non la rende meno grave”. Il Commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa, Dunja Mijatović, ha infatti parlato di “carenze strutturali dell’accoglienza in Belgio” e ha invitato le autorità belghe a “mettere in atto misure rapide e soluzioni durature e garantire la disponibilità di alloggi per tutti coloro che chiedono protezione internazionale, compresi gli uomini soli”. Dal punto di vista legale, infatti, il Belgio è tenuto a fornire accoglienza ai richiedenti asilo e ai rifugiati in base al diritto nazionale, comunitario e internazionale. In un recente articolo Celia Groothedde dei Verdi e il politologo Dirk Verhofstadt hanno definito il provvedimento “una violazione dell’articolo 14 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, che vieta la discriminazione sulla base del sesso”. Né la temporaneità è un’attenuante: “Anzi, significa che le persone sono consapevoli dell’illegalità della misura, ma continuano ad accettarla e ad accettarla per un breve o lungo periodo di tempo, una flagrante compromissione dello Stato di diritto”.

Lo scorso 29 giugno la Corte di Bruxelles ha nuovamente dichiarato che il Belgio viola il Codice civile non garantendo ai richiedenti asilo il diritto di chiedere asilo e di ricevere accoglienza e non applicando le sentenze. La decisione della Corte risponde al reclamo di diverse organizzazioni che orami da due anni il sistema di accoglienza gestito dall’Agenzia federale per l’accoglienza dei richiedenti asilo (Fedasil) è stato completamente saturato impedendo la sistemazione dei richiedenti protezione internazionale. Non solo: dall’ottobre 2021 anche la sola registrazione delle domande procede a singhiozzo, impedendo di fatto l’accesso all’accoglienza e, nonostante i ricorsi in tribunale, secondo le organizzazioni la situazione non è migliorata. Le accuse sono dirette proprio al Segretario de Moor, che “di fronte a migliaia di condanne contro il sistema di asilo e accoglienza del Belgio si è sempre rifiutata di pagare le sanzioni”.

Tuttavia non c’è solo la crisi dell’accoglienza. In Belgio quella della manodopera sembra altrettanto grave e il presidente della Vallonia, Elio Di Rupo, insieme al ministro della regione per l’Occupazione, Christie Morreale, hanno scritto al primo ministro Alexander De Croo chiedendo deroghe alle leggi sui permessi di soggiorno per le persone prive di documenti con competenze che il sistema produttivo belga fatica a reperire sul mercato. La richiesta viene direttamente da sindacati e datori che vogliono una scorciatoia per permettere a rifugiati ma anche a chi non permesso né documenti di accedere al mercato del lavoro. Secondo le proiezioni demografiche, in 15 anni la Vallonia avrà 50mila lavoratori attivi in meno rispetto ad oggi. Proposta già entrata nel dibattito politico e raccolta dai progressisti del partito Ecolo. Ma il primo ministro si è limitato a prendere tempo, rinviando la questione demografica, come del resto fanno tanti altri Paesi europei alle prese con lo stesso problema. “Attiviamo prima i nostri disoccupati”, ha detto. “E poi vediamo se abbiamo bisogno di altre fonti di lavoro”.

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