Un cambio di passo nella ricostruzione, il centro Italia come “volano per l’economia nazionale”, ma anche la necessità di prevenzione e la consapevolezza che dopo sette anni la ricostruzione ancora zoppica. Nel giorno dell’anniversario del sisma che colpì il Centro Italia nel 2016, mentre ad Amatrice si commemorano le vittime con la consueta messa, sono diversi i politici, i tecnici e i responsabili, intervenuti per parlare del disastro che sette anni fa ha devastato l’Appennino centrale e le aree interne di Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria.

“Purtroppo, a sette anni dal terremoto la ricostruzione è ancora incompiuta – ha scritto la premier Giorgia Meloni in una nota – È una ferita che non si è chiusa e fa ancora male”. Ricordando le oltre 14mila famiglie tuttora lontane dalle loro case, le difficoltà dei territori “a tornare alla normalità” e i “diversi ritardi da colmare” e “le criticità da affrontare”, la presidente del Consiglio ha sottolineato che “il governo sta operando per imprimere un cambio di passo” alla ricostruzione, “dalle norme ai cantieri”. Nonostante girando per i comuni del Cratere le macerie e le case sventrate facciano ancora da padrone, Meloni ha voluto sottolineare quanto fatto negli ultimi mesi, cioè da quando il commissario è diventato Guido Castelli, espressione del governo a guida Fratelli d’Italia: “Dopo gli anni della pandemia e lo shock dei prezzi dovuto all’inflazione, si è dato nuovo impulso alla ricostruzione privata e sono state poste le basi per velocizzare quella pubblica – ha specificato Meloni – snellendo le procedure e sostenendo concretamente i soggetti attuatori nelle attività di progettazione e sviluppo delle opere pubbliche”. Accanto a questo, ha evidenziato, c’è anche “un impregno per l’infrastrutturazione stradale delle aree dell’Appennino centrale, per troppi anni dimenticate e trascurate, con investimenti che raggiungono il miliardo di euro, e per porre le condizioni per nuove attività economiche e sociali”. Molto però “resta da fare” per “rispondere al desiderio dei nostri connazionali di continuare a vivere dove sono nati e cresciuti”, scrive ancora Meloni, parlando della ricostruzione come di “uno straordinario volano per l’economia nazionale” e di una “sfida enorme che, tutti insieme, possiamo vincere”.

Sette anni dopo la scossa che distrusse Amatrice il dolore ancora pesa. Ora siamo qui con ancora molte cose da fare, ma sappiamo su quali percorsi incamminare il diritto alla ricostruzione di Amatrice”, ha invece sottolineato il commissario Castelli durante la commemorazione nella città reatina. Difficile però avere oggi dei tempi certi per la ricostruzione: “Potremmo dirlo nei prossimi mesi, quando si avrà chiaro il frutto degli impegni che si sono presi l’Ufficio speciale della ricostruzione del Lazio, la Struttura commissariale e il Comune di Amatrice, dandosi programmi certi e concreti”. “A ottobre ci sarà l’inizio del super cantiere sulla spianata dove una volta era il centro storico di Amatrice e dove campeggia la torre civica che finalmente vedremo liberata dai ponteggi”, ha aggiunto il commissario, sottolineando che “entro fine anno, ci sarà anche l’inizio della realizzazione della viabilità provvisoria”.

A porre l’accento sulla necessità di prevenzione, invece, è stato il ministro alla Protezione Civile, Nello Musumeci, presente alle celebrazioni ad Amatrice. Annunciando un prossimo “disegno di legge destinato esclusivamente a gestire le ricostruzioni dopo ogni calamità”, Musumeci ha sottolineato: “Assieme alla ricostruzione pensiamo anche alla prevenzione, perché un terremoto può anche replicarsi nella stessa area, la storia ce lo insegna”. Una prevenzione, aggiunge, “sia strutturale che non strutturale, a cominciare dalle scuole elementare”. “Questo è un impegno del governo, pensate che oggi l’Italia non ha ancora un piano nazionale per la mitigazione del rischio terremoti“, ha aggiunto Musumeci chiedendo un “quadro normativo chiaro che possa servire a tutti gli attori attivi sul territorio di muoversi nella certezza del contesto normativo per guadagnare tempo, razionalizzare le risorse finanziere e consentire a tutti una concreta e seria diffusione della cosiddetta cultura del rischio che è molto latitante in Italia”.

Dello stesso avviso anche Carlo Doglioni, presidente dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, che invita, con un messaggio a “studiare i terremoti” così da “difenderci al meglio ed evitarne le conseguenze”. “I terremoti torneranno, non c’è possibilità alcuna di fermarli, ma – prosegue – dobbiamo conoscerli meglio per poterci difendere tramite una prevenzione adeguata che ci permetta un giorno di poterci convivere senza temere perdite di vite e di beni”. Doglioni sottolinea infine la necessità di investire nella comprensione dei terremoti per difendere non solo vite umane e abitazioni, ma la libertà di “non essere sfollati per molti anni e perdere le proprie radici culturali e disperdere il tessuto economico”.

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