Gli omosessuali: “Normali non lo siete, fatevene una ragione”. La convivenza civile: “Le discutibili regole di inclusione e tolleranza imposte dalle minoranze”. I disoccupati: ” I dibattiti non parlano che di diritti, soprattutto delle minoranze: di chi asserisce di non trovare lavoro, e deve essere mantenuto dalla moltitudine che il lavoro si è data da fare per trovarlo”. Paola Egonu: “Italiana di cittadinanza, ma è evidente che i suoi tratti somatici non rappresentano l’italianità“. E’ la sbalorditiva sequela di opinioni (non richieste) del generale di divisione Roberto Vannacci, che – a parte gli addetti alle questioni militari – fino a oggi era sconosciuto all’opinione pubblica. Ex comandante della Task Force 45 durante la guerra in Afghanistan, ex comandante del Col Moschin, ex comandante della Folgore, ex comandante del contingente italiano in Iraq. Da ultimo è arrivato alla guida dell’Istituto geografico militare, serissimo ente cartografico di Firenze che affonda le radici nella storia d’Italia. Rischia di affondare nella bufera, invece, il generale Vannacci: spezzino, 55 anni, tre lauree (in scienze strategiche, scienze internazionali e scienze militari). Ma le lauree non sempre bastano: Vannacci, non soddisfatto della sua brillante carriera, ha deciso di autoprodursi un libro – il titolo è Il mondo al contrario, cioè contrario a quello che pensa lui – che se la prende con omosessuali, femminismo, ambientalismo, migranti (elenco interrotto per brevità). Un concentrato della sua Weltanschauung sulla società – chiamiamola così, con uno slancio di generosità – di cui ha anticipato diversi passaggi la Repubblica e che ha imbarazzato molto l’Esercito che ora “prende le distanze” da quel testo precisando che “si riserva l’adozione di ogni eventuale provvedimento utile a tutelare la propria immagine”. Il ministro della Difesa Guido Crosetto parla di “farneticazioni” che “screditano l’Esercito, la Difesa e la Costituzione” e fa partire l’esame disciplinare. A protestare in particolare era stato il sindaco di Firenze Dario Nardella che aveva parlato di “gravità inaudita”. “Firenze è città universale – continua Nardella – da sempre impegnata per i diritti delle persone contro ogni discriminazione. Per noi è inaccettabile che una Istituzione della nostra città sia guidata e rappresentata da una persona che manifesta idee così aberranti e offensive”.

Il generale non pare granché colpito dalle polemiche politiche, anzi, e resta convinto della bontà della sua iniziativa amatoriale. “Le critiche non mi disturbano affatto e al ministro Crosetto non replico, mi attengo a quelle che sono le sue disposizioni – dice – Ciò che mi procura disagio è la strumentalizzazione: sono state estratte frasi dal contesto e su queste sono state costruite storie che dal libro non emergono. Sono amareggiato dalla decontestualizzazione e dal processo a delle opinioni“. Per esempio: la frase sugli omosessuali. “Viene da uno, ovvero io, che è scappato tutta la vita dalla normalità: per questo dico che sono a fianco degli omosessuali nella caratteristica di essere al di fuori della normalità. Sono un esponente delle forze speciali e rivendico l’anormalità, nel senso che ho fatto cose che la gente normale non fa. Per questo dico che sono a fianco degli omosessuali in questo. Nel libro spiego che l’anormalità non è migliore o peggiore, non è buona o cattiva”. I blitz del Col Moschin negli scenari di guerra come le battaglie contro le discriminazioni dell’Arcigay.

Il Vannacci scrittore sostiene che “per quanto esecrabile, l’odio è un sentimento, un’emozione che non può essere represso in un’aula di tribunale. Se questa è l’era dei diritti allora, come lo fece Oriana Fallaci, rivendico a gran voce anche il diritto all’odio e al disprezzo e a poterli manifestare liberamente nei toni e nelle maniere dovute”. Il Vannacci generale risponde alla parata di polemiche dicendosi dice “pronto a confrontarsi sulle opinioni” e nel campo “delle argomentazioni e del merito (nessuna traccia di emozioni). Il paragone con Giordano Bruno è naturalmente dietro il cantuccio, perché viene sempre comodo quando c’è da battere in ritirata strategica: lo ha fatto anche Marcello De Angelis quando per la strage di Bologna ha “assolto” Fioravanti e Mambro dalla sua personale camera di consiglio. “La libertà di opinione – afferma il generale eretico – è una delle radici della nostra radice libera e occidentale. Giordano Bruno lo hanno bruciato perché aveva un pensiero controcorrente, meno male abbiamo superato quei momenti e mi auguro che nessuno voglia tornare indietro, che nessuno voglia imporre un modo di vedere la realtà”. Giordano Bruno, va detto per inciso se per caso qualcuno non lo sapesse, 423 anni fa non fu condannato dalla Santa Inquisizione perché aveva scritto un libro con cui dispensare patenti di “normalità” a questo e a quello, ma perché – da filosofo e scienziato – sosteneva la presenza di un universo infinito e di “infiniti mondi”, tesi inaccettabile per la Chiesa secondo la quale tutto era stato creato da Dio e la Terra e l’uomo erano al centro di tutto. Soprattutto, a differenza del generale Vannacci che è finito solo un po’ su qualche giornale, fu bruciato vivo.

Su invito dell’autore, dunque, si può tentare a “contestualizzare” quello che è emerso al momento da un libro che consta di 357 pagine, un testo fluviale che avrà logorato non poco il tempo libero del generale. I titoli dei capitoli del libro sono 12 e sono posizionati un ordine indecifrabile: Il Buonsenso (con la b maiuscola), L’ambientalismo, L’energia. La società multiculturale e multietnica. La sicurezza e la legittima difesa. La casa. La famiglia. La Patria. Il pianeta lgbtq. Le tasse. La nuova città, L’animalismo. Scrive Vannacci che “vuole provocatoriamente rappresentare lo stato d’animo di tutti quelli che, come me, percepiscono negli accadimenti di tutti i giorni una dissonante e fastidiosa tendenza generale che si discosta ampiamente da quello che percepiamo come sentire comune, come logica e razionalità”, il che conferma la regola non scritta secondo la quale il termine “provocatorio” anticipa quasi sempre qualcosa di imbarazzante. “Questo sgradevole sentimento di inadeguatezza – si apre il generale in questa sorta di diario condiviso col mondo – non si limita al verificarsi di eventi specifici e circoscritti della nostra vita, a fatti risonanti per quanto limitati, ma pervade la nostra esistenza sino a farci sentire fuori posto, fuori luogo ed anche fuori tempo. Alieni che vagheggiano nel presente avendo l’impressione di non poterne modificare la quotidianità e che vivono in un ambiente governato da abitudini, leggi e principi ben diversi da quelli a cui eravamo abituati”. Invece di farsi delle domande, però, Vannacci ne ha fatto un libro nel quale definisce le proprie opinioni con parole come “saggezza” e “verità oggettive”. Il generale, cento medaglie al petto, sposta la tenda e dalla finestra intravede “un vero e proprio assalto alla normalità che, in nome delle minoranze che non vi si inquadrano, dev’essere distrutta, abolita, squalificata facendo in modo che il marginale prevalga sulla norma generale e sul consueto”. E tutto intorno a una “maggioranza silenziosa che non si esprime, che forse non ne ha più la voglia, che non trova il modo di far valere le proprie opinioni e che, spesso, viene sopraffatta di chi maggioranza non è”. Manca – ma non è questo il problema principale – il segmento che lega questa gigantesca Woodstock diffusa frammista al Pride di Amsterdam descritta dal generale alla travolgente vittoria elettorale del centrodestra di pochi mesi fa.

Il generale è infastidito, ancora, dal fatto che “in nome della più estesa inclusività dobbiamo rifuggire qualsiasi atteggiamento che possa creare uno ‘svantaggio percepito’ nei confronti di determinate categorie di persone, spesso in acuta minoranza all’interno della collettività, pena l’essere apostrofati quali istigatori dell’odio, razzisti, omofobi conservatori e, pertanto, pericolosi asociali“. Una vita – di un alto militare che per lavoro ha girato il mondo – descritta come quella di un recluso barricato in casa, atterrito da ciò che vede fuori dalla porta: “Basta aprire quella serratura di sicurezza a cinque mandate che una minoranza di delinquenti ci ha imposto di montare sul nostro portone di casa, per inoltrarci in una città in cui un’altra minoranza di maleducati graffitari imbratta muri e monumenti. Sperando poi di non incappare in una manifestazione di un’ulteriore minoranza che, per lottare contro una vaticinata apocalisse climatica e contro i provvedimenti già presi e stabiliti dalla maggioranza, blocca il traffico e crea disagio all’intera collettività”. Se ancora non si fosse capito, Vannacci segnala i suoi problemi con le minoranze, tra l’altro mescolando chissà come ladri d’appartamento e attivisti politici.

Vannacci passa in rassegna quelle che a suo avviso sono le afflizioni della società, dagli “occupanti abusivi delle abitazioni che prevalgono sui loro legittimi proprietari – si legge nella quarta di copertina -; quando si spende più per un immigrato irregolare che per una pensione minima di un connazionale; quando l’estrema difesa contro il delinquente che ti entra in casa viene messa sotto processo; quando veniamo obbligati ad adottare le più stringenti e costosissime misure antinquinamento, ma i produttori della quasi totalità dei gas climalteranti se ne fregano e prosperano”. Fino all’orgoglioso insulto lanciato – per mezzo del punto esclamativo – contro gli omosessuali: “Normali non lo siete, fatevene una ragione!“. L’alto ufficiale si danna, con la testa tra le mani, che “termini che fino a pochi anni fa erano nei nostri dizionari: pederasta, invertito, frocio, ricchione, buliccio, femminiello, bardassa, caghineri, cupio, buggerone, checca, omofilo, uranista, culattone che sono ormai termini da tribunale”: e la maggioranza silenziosa muta, il colmo! Resta il dubbio se Giordano Bruno conoscesse almeno qualcuno di questa stupefacente sfilza di 14 sinonimi.

Il dibattito sui diritti civili sono un “lavaggio del cervello di chi vorrebbe favorire l’eliminazione di ogni differenza compresa quella tra etnie, per non chiamarle razze”. Tra i vari cambi di registro Vannacci sceglie anche le tinte pulp quando sostiene la cosiddetta “legittima difesa” che si traduce nel fare violenza nel ladro sorpreso a casa: “Perché non dovrei essere autorizzato a sparargli, a trafiggerlo con un qualsiasi oggetto mi passi tra le mani”, “se pianto la matita che ho nel taschino nella giugulare del ceffo che mi aggredisce, ammazzandolo, perché dovrei rischiare di essere condannato?”.

Molto meno eroico – ed è inaspettato da un generale di tale vaglia – il passaggio in cui nell’introduzione del libro, come citato da Repubblica, “si dissocia, sin d’ora, da qualsiasi tipo di atti illeciti possano da esse (interpretazioni del testo, ndr) derivare”. Il generale Vannacci ritiene, ma senza arrossire, che nelle sue vene “scorra una goccia del sangue di Enea, Romolo, Giulio Cesare” ma anche di Mazzini e Garibaldi: le tre lauree non sono state peraltro sufficienti a illustrare al generale Vannacci che Enea e Romolo sono figure mitologiche e che, più precisamente, – sempre nel racconto mitologico – Enea arrivò a Roma partendo da Troia, cioè dalla Turchia, dopo essere nato sul Monte Ida, cioè in Grecia. Ad ogni modo c’è differenza, per dire, con la campionessa azzurra di pallavolo, Paola Egonu, che com’è noto è nata a Cittadella, ma – secondo l’opinione scientifico-filosofica del generale pronto a vestire i poveri panni di Galileo per vendicarne l’abiura – ha “tratti somatici” che “non rappresentano l’italianità“. “I cambiamenti climatici ci sono sempre stati” (ma tra le tre lauree non risulta esserci quella di climatologia) e comunque non c’è un velo di compassione, per un uomo tutto d’un pezzo come Vannacci, neppure per le lacrime di Giorgia Vasaperna, che al ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin aveva chiesto se lui non aveva paura per i suoi figli e nipoti. Il generale su questo punto sprigiona tutto il suo stile che evidentemente a casa sua è sintomo di “normalità” e “buon senso“: chiama la ragazza “volubile“, “meteoropatica“, “tenera figliuola che sembra uscita dalla saga della famiglia Adams”. A lei darebbe “uno spassionato consiglio”, un po’ quello che avrebbe dato quel gran frate di Giordano Bruno, “per utilizzare meglio le scariche di adrenalina indotte da questa sua paura per i cambiamenti climatici”. Non dice quale, ma ciascuno può dare la risposta alla domanda rimasta appesa. Anche nello Stato maggiore dell’esercito.

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