L’Australia ha chiesto di porre fine alla “persecuzione” nei confronti di Julian Assange. In occasione di un vertice tra i ministri di Esteri e Difesa di Washington e Canberra tenutosi a Brisbane e incentrato sulla cooperazione militare, il Paese d’origine del fondatore di Wikileaks ha chiesto agli Stati Uniti di mettere fine alla guerra giudiziaria con il giornalista attualmente detenuto in Gran Bretagna e in attesa dell’estradizione negli Usa, dove è ricercato per 18 accuse penali relative alla pubblicazione di vaste raccolte di documenti militari e diplomatici altamente riservati.

Secondo quanto riportato dal Guardian, il segretario di Stato americano Antony Blinken ha confermato che il governo australiano ha sollevato la questione Assange più volte e ha dichiarato di “comprendere le ragioni e le preoccupazioni degli australiani” ma che “è importante anche che la controparte comprenda la preoccupazione Usa sul whistleblower australiano”, insistendo su come Assange abbia provocato “gravi rischi per la sicurezza nazionale” e respingendo così la richiesta.

Al vertice di alto livello erano presenti, oltre a Blinken, il capo del Pentagono Lloyd Austin, il ministro australiano della Difesa Richard Marles e quello degli Esteri Penny Wong. Il respingimento della richiesta australiana arriva dopo un altro tentativo di contrastare l’estradizione richiesta da Washington, respinto appena lo scorso 9 giugno, quando l’Alta Corte di Londra ha sentenziato che Assange non aveva motivi legali per impugnare la decisione.

Julian Assange è detenuto da più di 4 anni nel carcere londinese di Belmarsh, attendendo il verdetto sull’estradizione negli Stati Uniti, approvata nel dicembre 2021 dall’Alta Corte britannica e firmata sei mesi dopo dall’allora ministro degli Interni Priti Patel. Negli Usa rischia fino a 175 anni di carcere da trascorrere in un penitenziario di massima sicurezza. Tra i dossier resi pubblici tramite Wikileaks, informazioni classificate relative ai bombardamenti in Yemen, agli abusi e atti di tortura commessi dall’esercito americano nel carcere iracheno di Abu Ghraib, fino agli orrori della guerra in Afghanistan.

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