Renato Brunetta è indagato dalla Procura di Roma per falso e finanziamento illecito. Lo scrive Repubblica, precisando che i fatti oggetto di contestazione risalgono agli ultimi mesi del governo Draghi, in cui l’ex politico di Forza Italia era ministro della Pubblica amministrazione. Al tempo, si scopre, l’attuale presidente del Cnel (il Consiglio nazionale dell’economia del lavoro, bistrattato organo consultivo previsto dalla Costituzione) era socio, insieme alla moglie del suo vicecapo di gabinetto, di un’azienda di prodotti sanitari. Proprio il vicecapo di gabinetto – un ufficiale dei Carabinieri, anch’egli indagato – a un certo punto acquista dall’allora ministro le sue quote della società per un valore di sessantamila euro, operazione che secondo gli inquirenti nasconde un finanziamento illecito ed è stata realizzata tramite la contraffazione di atti pubblici.

Per la verità, riporta sempre il quotidiano, l’ipotesi di reato da cui erano partiti i pubblici ministeri è quella di corruzione, poi derubricata non essendo emerso uno scambio di favori dietro alla vicenda. L’ex ministro ha ricevuto l’avviso di chiusura indagini poche settimane fa: a breve dovrebbe arrivare la richiesta di rinvio a giudizio. Trattandosi di un presunto reato commesso nell’esercizio delle funzioni, la competenza è del Tribunale dei ministri, uno speciale organo collegiale che ha sede in ogni capoluogo di distretto di Corte d’Appello. “È stata una vendita regolare conclusa con chi aveva diritto di comprare, la compagna del vicecapo di gabinetto vantava un diritto di prelazione. Non credo sia un reato per un ministro vendere delle quote societarie, anche perché con quei soldi non ho finanziato attività politiche o elettorali”, dice Brunetta contattato da Repubblica.

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