“La crisi in Sudan non è lontana ma ci riguarda da molto vicino”. A cento giorni dall’inizio del conflitto, la presidente di Emergency Rossella Miccio racconta a ilFattoQuotidiano.it la situazione che lo Stato africano ha vissuto in questi tre mesi. “C’è un Paese paralizzato con scontri quotidiani che hanno causato oltre due milioni di sfollati interni. Sentivamo spari e bombardamenti anche non distanti dai nostri ospedali”. Le attività di Emergency in Sudan non si sono mai fermate nonostante le difficoltà. Al momento l’ong fondata da Gino e Teresa Strada è operativa nei centri pediatrici di Port Sudan e Nyala e nel centro Salam di cardiochirurgia di Karthoum. “In quest’ultimo ospedale avevamo circa 5mila pazienti ma dall’inizio del conflitto ne abbiamo persi per strada più di un terzo a causa dei problemi di sicurezza, di spostamento e di comunicazione” spiega l’ematologa Nicoletta Erba che si trovava in Sudan quando è scoppiato il conflitto. Circa

“Abbiamo fatto di tutto per mantenere aperto quest’ospedale anche in situazione di guerra” spiega la presidente di Emergency che ha visto nascere il centro che ribadisce l’importanza di tenere alta l’attenzione su questo conflitto dimenticato. “Quello che accade in Sudan riguarda anche l’Italia per due ragioni – avverte Miccio – innanzitutto perché non esistono cittadini di serie A e di serie B e poi perché presto sentiremo gli effetti di quella crisi anche in Italia”. Il Sudan non è solo un paese di transito per i migranti ma anche di accoglienza. “E a causa del conflitto molte persone saranno costrette ad abbandonare le loro case per rischiare la vita attraversando la Libia e il Mediterraneo con la speranza di una vita dignitosa. Dunque è fondamentale occuparsi di queste persone”.

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