Patrick Zaki è uscito dall’edificio della Direzione di polizia di Nuova Mansura dopo la grazia presidenziale. La liberazione arriva dopo la concessione della grazia da parte del presidente egiziano Abdel Fattah Al Sisi. “Ora sono libero, penso a tornare in Italia il prima possibile, speriamo che avvenga presto”, ha detto ai giornalisti dopo aver abbracciato la madre Hala, poi la fidanzata Reny Iskander, la sorella Marise e il padre George. “Sto pensando a ritornare a Bologna, ad essere con i miei colleghi all’università”, ha detto ancora il neolaureato dell’Alma Mater. “Ora torno al Cairo“, ha detto ancora incalzato dalle domande. La presidente del Consiglio Giorgia Meloni aveva detto che sarebbe arrivato in Italia già giovedì. “Sarò a Bologna solo due settimane, poi tornerò in Egitto a causa del mio matrimonio a settembre” ha detto Patrick Zaki parlando ai giornalisti al Cairo. “Devo fare alcune cose qui – ha aggiunto -, sarò a Bologna due settimane per incontrare i miei amici, i miei professori, tutte le persone che mi mancano in Italia. Dopo il matrimonio in Egitto sicuramente tornerò in Italia per riprendere i miei studi e la mia vita a Bologna”.

“Patrick sull’asfalto”, è l’espressione che rimbalza sui social con cui è stata annunciata in arabo la notizia della liberazione. Si tratta di un’espressione che gli attivisti usano di solito quando dei detenuti vengono liberati. L’ha scritta su Twitter Hossam Bahgat, direttore esecutivo dell’Egyptian Initiative for Personal Rights (Eipr), organizzazione egiziana per i diritti umani con cui Zaki ha collaborato e che lo ha rappresentato al processo, nel post in cui ha annunciato il rilascio dell’attivista e ricercatore. L’espressione “Patrick sull’asfalto” è stata usata anche dalla sorella del giovane in un post su Facebook a cui ha allegato una foto del giovane davanti ai giornalisti. Era il 7 febbraio del 2020 quando Zaki fu arrestato all’aeroporto del Cairo: era arrivato per trascorrere un periodo di vacanza dall’Italia, dove frequentava un master in Studi di genere all’università di Bologna. A dicembre del 2021, dopo quasi due anni di detenzione preventiva, era stato scarcerato, pur continuando a restare sotto processo. Ragion per cui la sua laurea al master di Bologna lo scorso 5 luglio, con 110 e lode, è avvenuta a distanza, in videocollegamento.

Martedì era giunta la condanna: la Corte d’emergenza di Mansoura l’aveva condannato a tre anni di carcere di cui, considerando i 22 mesi già trascorsi in custodia, avrebbe dovuto scontare 14 mesi. L’accusa: “diffusione di notizie false sulle condizioni interne del Paese”, per un articolo sui diritti dei cristiani copti pubblicato nel 2019. Trattandosi di un tribunale di emergenza, la sentenza in base alla legge egiziana era inappellabile, ma il gruppo Egyptian Initiative for Personal Rights (Eipr), con cui Zaki aveva collaborato e che lo ha rappresentato al processo, aveva spiegato che “una sentenza non diventa definitiva fino a quando non viene ratificata dal presidente della Repubblica, che ha il potere di approvarla, annullarla o modificarla, oltre a quello di emettere la grazia presidenziale”. La grazia da parte di Abdel Fattah Al Sisi è giunta ieri pomeriggio.

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